Capitolo 15

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Capitolo 15

Il pranzo non fu l'unica cosa di cui dovetti preoccuparmi quel martedì.

Terminato il dolce, che mi era praticamente stato imposto, pensavo mi sarei potuta considerare salva, ma vedendo che Marco aveva cominciato a parlare ai suoi genitori di un evento in centro mi resi conto che quella giornata sarebbe stata molto più lunga.

Aveva fatto capolino nella mia testa l'idea di inventarmi una frottola per potermi allontanare, ma sapevo bene che Marco fosse a conoscenza del fatto che non avessi niente in programma da fare, perché io per prima glielo avevo specificato.

-Dove stiamo andando?- gli domandai infilando la testa in auto. Dire che mi sentivo moscissima e col morale sotto terra era dir poco, perché sentivo che ogni qualvolta aprivo la bocca per dire qualcosa, facevo la figura della cerebrolesa con i suoi genitori. Ed ora, mentre l'auto metteva in moto diretta chissà dove, mi domandavo se davvero potessi piacere a quei due, che forse più di ogni altro desideravano il bene di loro figlio; ed io non ero sicura di essere il meglio che lui potesse avere.

Osservavo le vie di Milano che scorrevano fuori dal finestrino senza dire una parola, anche perché i suoi genitori erano nella stessa nostra vettura, quindi se fossi rimasta in silenzio nessuno mi avrebbe interpellata. Così assopita nei miei pensieri, non sentivo e non seguivo una sola parola di quello che stavano dicendo all'interno dell'abitacolo, sentendomi ancora una volta fuori luogo.

-Juls...?- Marco mi scosse ed io aprii gli occhi: mi dovevo essere addormentata pochi minuti dopo che l'auto era partita perché mi sentivo veramente intorpidita. Avevo male al collo vista la pessima posizione in cui avevo apparentemente sonnecchiato ed ora sentivo lo stomaco davvero pesante. Sarebbe stato un miracolo se non avessi rimesso addosso a Marco che mi stava continuando a fissare con dolcezza.

-Mi sono addormentata- confermai ciò che doveva per forza aver capito da sé, perché mi sorrise apprensivo.

-Scendiamo, dai- mi disse tenendomi la portiera aperta. Io non mi sentivo davvero bene e sapevo benissimo che quel malessere era dovuto all'ansia di quell'incontro inaspettato.

-Eccomi- scesi per metà barcollante, sentendomi invasa dal freddo di quel pomeriggio sperando che nessuno volesse parlarmi.

Eravamo davanti all'ingresso di un hotel che apparentemente stava ospitando una mostra d'arte, una cosa che non mi era mai piaciuta. Per carità, Marco adorava quel genere di cose, mentre io preferivo decisamente affondare sotto ad un piumone per non uscirne più.

-Ti senti bene?- mi chiese Marco prendendomi per mano e portandomi dietro sé mentre entravamo nell'edificio. Io annuii, ma lui capì al volo che non ero al massimo delle mie forze, perché ero forse più taciturna del solito, e per questo motivo mi strinse a sé mentre aspettavamo di poter entrare alla mostra.

Mi diede un bacio sulla fronte, poi storse il naso.

-Credo tu abbia la febbre, sai?- posò una mano dove poco prima c'erano le sue labbra e mi guardò negli occhi per qualche istante poco convinto.

-Non preoccuparti, davvero- dissi. Non volevo che per colpa di qualcosa di così stupido come una febbre i piani suoi e della sua famiglia saltassero –io questa mostra la vorrei vedere- gli feci un sorriso anche se la cosa non mi entusiasmava per niente.

-Va bene, ma se ti senti peggio andiamo via- mi sussurrò mentre finalmente oltrepassavamo la reception.

Era una mostra d'arte contemporanea, quindi mi misi l'anima in pace capendo immediatamente che non avrei colto niente di ciò che avrei visto dal momento che metà delle cose erano pallini e righe casuali su tele.

Restai al fianco di Marco e dei suoi genitori per gran parte del tempo, ma poi nella parte finale li persi di vista perdendomi nel mucchio di persone che come noi erano lì presenti.

Voltai incerta in un corridoio e mi ritrovai in un ascensore. Avevamo fatto delle scale nel corso del pomeriggio, ma avevo perso l'orientamento, quindi una volta al piano terra non seppi dove andare. Sembrava un posto immenso, perché ovunque mi rigiravo trovavo corridoi su corridoi. Di certo il mio pessimo stato d'animo febbrile non mi aiutava e di sicuro avevo preso l'ascensore del personale che portava nelle retrovie, ma era troppo anche per me. Mi ero persa in un posto chiuso.

Aprii una porta e mi ritrovai in una cucina.

La struttura era un hotel lussuoso adibito a mostra nei suoi numerosi corridoi, ma la cucina era forse il luogo più chiassoso in cui mi fossi mai avventurata per errore.

-Signorina..?- una voce alle mie spalle. Quando mi voltai incontrai due anziani occhioni azzurri che mi scrutavano con curiosità.

-Oh, mi scusi... io mi sono persa, non so come tornare alla reception- mi spiegai e lui mi sorrise, mentre su di me attiravo l'attenzione di cuochi e camerieri.

-Niente che non si possa rimediare con un caffè. È offerto dall'hotel- mi strizzò l'occhio mentre i cuochi mi sorridevano.

-Ehm... io...beh, grazie- commentai. Per lo meno non mi stavo perdendo niente. Anzi, sicuramente Marco nemmeno si era accorto che ero scomparsa dal momento che aveva smesso di parlarmi al terzo quadro presissimo da quella 'rappresentazione' così intensa per lui.

-Anzi, potrei avere un thé caldo?- chiesi. Forse mi sarei un po' ripresa se avessi assunto qualcosa di bollente. Lui mi fece un cenno positivo col capo e tornò qualche minuto dopo con una tazza fumante.

-Ecco a lei, signorina...?- mi stava chiedendo il mio nome. Impiegai qualche istante a collegare il cervello alla bocca, ma alla fine ci riuscii.

-Giulia, piacere- gli sorrisi stringendogli la mano.

-Io sono Alberto, sono il proprietario dell'albergo, lasci che le dia il benvenuto nelle nostre cucine- mi disse ed io alzai le sopracciglia. Pensavo fosse un cameriere anziano o un supervisore, ma non il proprietario di quel posto così megalodontico. In ogni caso si stava dimostrando davvero gentile e per lo meno avrebbe potuta aiutarmi a tornare in reception.

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A UN PASSO DA TE - UNO DEI TANTI SEQUEL || MARCO MENGONI FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora