Capitolo 36

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Capitolo 36

Camminavo per il corridoio principale del Teatro col braccio ancora fasciato in spalla, ormai succube del destino che ero conscia si sarebbe rivelato a me. Io, Giulia Mancini violinista ventitreenne non potevo più suonare il violino, almeno per un po', e questo non poteva che significare la mia condanna per smettere di studiare al Teatro alla Scala e magari anche al Conservatorio di Monaco di Baviera.

Ero osservata da chiunque. Sentivo gli sguardi di tutti che mi guardavano increduli del fatto che una slogatura fosse successa proprio a me.

-Signorina Mancini?- mi voltai distrattamente. L'ultima cosa che avrei voluto era fornire spiegazioni sul mio braccio, ma quando mi ritrovai Rocchetti davanti con uno sguardo quasi di delusione mi sentii affondare: mancava proprio lui a coronare quella bella giornata di merda.

-Buongiorno- sforzai un sorriso che non notò, visto che era interamente focalizzato sul mio braccio.

-Ma che diamine ha combinato?- si tirò su gli occhiali e mi scrutò con i suoi occhietti verdi con l'intenzione di non perdersi la mia spiegazione.

-Piero! Hai dimenticato la quarantasettesima pagina!- Piotrowski, il professore d'Orchestra ci stava correndo in contro sventolando un foglio che riconobbi in una frazione di secondo: era mio, parte della mia epopeica opera d'ansia che aveva lasciato impressionato addirittura Marco.

-Mancini? Mi dica che è uno scherzo quell'affare al collo!- si risparmiò i saluti. Ora avevo gli occhi delle due persone che meno reggevo in quelle quattro mura su di me.

-Piccolo incidente- commentai –ma oggi già metterò il tutore. Sono venuta a parlare col Direttore sul da farsi- cercai di essere il più coincisa possibile, perché desideravo veramente uscire da quella discussione al più presto.

-Mica avrà intenzione di lasciarci anche lei?- chiese Piotrowski. Io feci un cenno di 'no' con la testa ed entrambi sembrarono riprendere fiato.

-Io no. Bisognerà vedere cosa mi diranno, però-

Fortunatamente entrambi sembrarono volenterosi di lasciarmi andare e in qualche minuto raggiunsi la Didattica, dove un omone altro quando un armadio sembrò riconoscermi.

-La signorina Mancini, suppongo- disse riferendosi al braccio ed io annuii –ho appena chiuso una telefonata con Rocchetti dove l'unica cosa che riuscivo a sentire era il blaterare del professor Piotrowski. La prego, venga nel mio ufficio. Sembra che qualcuno la abbia a cuore- aprì una porta e io lo seguii in quello che doveva essere il suo studio. Presi posto di fronte a lui che ora mi sorrideva comprensivo.

-Sa, non capita spesso che quei due burberi spendano tante belle parole. Sinceramente, qualcosa di buono deve aver fatto per farmi sfondare il timpano al telefono- ricambiai il sorriso. Concordavo col fatto che i miei lavori li avessero impressionati, ma non immaginavo che potessero addirittura difendermi, in un certo senso.

-Io... sabato sono caduta per le scale e mi sono procurata una slogatura del polso. Mi chiedevo se potessimo risolvere la cosa in qualche maniera non drastica- tagliai corto. Non ero disposta a parlare di Rocchetti e Piotrowki che ora sembravano volermi tanto bene.

-La sua fama la precede in questo Teatro, signorina. Si è guadagnata la possibilità di frequentare uno stage da noi per le sue eccellenti qualità rinvenute a Monaco e io stesso ho saputo dei suoi scritti. Sarebbe da stupidi sospenderla per una cosa superficiale come una slogatura. Insomma, una slogatura una volta che si toglie il tutore si risolve in meno di una settimana se seguiti correttamente- cominciò a maneggiare dei fogli e a sentire quelle parole mi sentii davvero sollevata, come se una montagna si stesse togliendo dal mio stomaco permettendomi di respirare come Dio comanda.

A UN PASSO DA TE - UNO DEI TANTI SEQUEL || MARCO MENGONI FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora