Twelve

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Tiffany's pov.

Trevor si avvicinò a me. Dietro di lui c'erano i suoi amici: Ethan, Brian e Kyle. Ormai avevo imparato i loro nomi.

«Buongiorno sfigata! Finalmente sei tornata» disse Trevor.

«Ci sei mancata» disse Ethan prendendomi in giro.

«Che hai all'occhio? Un livido? Forse qualcuno ti ha picchiata?» disse Brian. Gli altri risero.

Ethan mi prese per una spalla e mi trascinò vicino al muro. Le mie spalle toccarono la parete fredda dietro di me. Non potevo scappare.

«Tranquilla, oggi andremo piano con te» disse Trevor.

Mi tirò un pugno sotto l'occhio, esattamente sopra al mio livido. Il viso mi bruciava, il dolore era insopportabile.

Mi tirarono altri pugni nel mento e mi diedero dei calci sui fianchi. Io incassavo i colpi, a denti stretti.

Mi faceva male ogni centimetro del mio corpo. Volevo solo che quella tortura finisse, volevo tornarmene a casa, a piangere nel mio letto.

Dopo quelle che mi sembrarono ore, Trevor e i suoi amici si stancarono e mi lasciarono andare. Io corsi il più veloce che potevo, contando che avevo male dappertutto. Mi ritrovai davanti alla casa-famiglia e feci un profondo respiro prima di bussare.

Mi sentivo osservata. Mi guardai intorno, ma non c'era nessuno. Forse ero solo stanca e mi stava venendo un po' mal di testa.

Bussai, Susan mi aprì la porta e si mise ad insultarmi, la ignorai, salii le scale, sbattei la porta e mi buttai nel letto. Tutto come al solito, tutto normale. Ormai contavo i giorni che mi separavano dal mio compleanno. Non mi restava moltissimo tempo, dovevo trovare un posto dove stare.

Mi addormentai pensando a quanto mi mancavano i miei genitori e la mia casa. Quanto mi mancava una vera famiglia...

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La mattina dopo mi sveglia presto. Mi feci un bagno e coprii i lividi con del trucco. Indossai i miei soliti jeans neri e una felpa enorme nera.

Quando uscii di casa mi ritrovai davanti una persona che, purtroppo, conoscevo bene. L'ultima persona che avrei mai voluto incontrare appena uscita dalla casa-famiglia.

Trevor.

«Buongiorno sfigata!» disse.

«Lasciami stare, Trevor» risposi.

«No, no, voglio solo fare due chiacchiere con te. Allora, è qui che vivi? Che bella casetta!» si avvicinò e lesse la targhetta di fianco alla porta.

«Aspetta, questa è una casa-famiglia. Tu... tu non hai i genitori, tu sei orfana!» esclamò lui.

«Trevor, t-ti prego...» balbettai. Ero sul punto di piangere. Lui sapeva il mio segreto più grande e avrebbe potuto ricattarmi in qualunque modo.

«Non sarebbe davvero un peccato se Dylan lo scoprisse? Non ti considererebbe più come ti considera ora. Credo che non ti parlerebbe più. Mai più. E credo che non ti si avvicinerebbe più. Insomma, chi vuole farsi vedere vicino a una povera orfanella?» disse ridendo.

«N-no Trevor, per favore...» lo implorai.

«Troppo tardi orfanella» disse lui e si diresse verso la scuola.

No, non potevo permettere che Dylan lo scoprisse. Non potevo assolutamente permetterlo.

Cercai di raggiungere Trevor e impedire che parlasse con Dylan.

Appena arrivai a scuola vidi Dylan. E Trevor che si stava dirigendo verso di lui. Merda.

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AHS

Spazio autrice

Questo capitolo è più lungo del solito. Spero vi sia piaciuto.

Aggiorno entro la fine della prossima settimana.

TiffanyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora