Il tacco degli anfibi ciocca sulle piastrelle turchine. Dietro di me, il varco che mi sono aperta pare una bocca, con denti affilati e discordi. Alcuni più lunghi, altri squadrati e sfregiati. Le crepe si diramano verso l'esterno.
Un altro, esitante passo.
E basta.
Non posso più muovermi; la suola è appiccicata alla ceramica, vedo una melma verde, un collante filamentoso sotto gli stivali. Mi aggrappo a una pianta enorme, cerco di afferrare le sue braccia, un barlume di speranza. Rami sottili, dita che non daranno aiuto.
La melma divora i miei tessuti.
Sento le calze squagliarsi, le mie gambe sciolte come cera da mille viscidi tentacoli.
Sputo, urlo, scalcio, graffio, mi dimeno.***
I muscoli bruciano, le mie ossa stridono. Mi lascio inghiottire dalla bocca di vetro.
Strappo rampicanti melmosi da una statua di foglie.
Ma non c'è niente.
Solo una donna, i cui rossi capelli serpeggiano nel buio, che piange.
Avvinghiata a una gamba di Harley, Poison Ivy urla, mentre le lacrime bagnano il pavimento.***
Prendo il suo volto tra le mani, le afferro i capelli, quella forma indistinta che so essere i codini, percorro la forma del suo corpo con le dita. La abbraccio.
Le lascio un bacio, sulle labbra.
Ti ho sempre amata.
