Mel si rigirò ancora una volta tra le coperte, ormai doveva mancare poco più di un'ora all'alba. Da lì a poco sarebbe passato Lorcan per portarla all'addestramento, e sapeva benissimo che non sarebbe riuscita a prendere sonno in ogni caso, quindi decise di alzarsi. Sbuffando si mise a sedere, posando i piedi sul pavimento di legno tiepido. Doveva esserci un sistema di riscaldamento molto efficace: nonostante le pareti fossero sottili pannelli di legno, infatti, all'interno dell'appartamento la temperatura era stabile e gradevole. Si lavò nel catino che trovò nell'angolo della stanza, cercando di rilassarsi nell'acqua tiepida. Poi, frugando nei pochi cassetti, trovò degli abiti come quelli che indossavano gli altri elfi. Passò le dita sul tessuto morbido, doveva ancora abituarsi all'idea di non essere più la Melody Hilderstone che era stata fino ad un paio di giorni prima. Indossò una blusa verde scuro, infilandola in un paio di pantaloni marroni stretti al polpaccio. Prima di uscire si mise un paio di stivali di pelle che le arrivavano al ginocchio, prese la sua sciabola e assicurò il fodero alla sua cintura.
L'aria fredda le sferzò il viso, svegliandola completamente; decise di fare una passeggiata intorno ai dormitori delle reclute. Gli alloggi degli allievi costeggiavano un enorme spiazzo recintato con una staccionata, attrezzato per l'addestramento in diverse arti di combattimento: Mel riconobbe dei bersagli per il tiro con l'arco, un ring che doveva essere riservato al combattimento corpo a corpo e una rastrelliera con una vastissima scelta di armi da taglio, molte delle quali a lei sconosciute. Alcuni giovani si stavano riscaldando compiendo esercizi complessi che non aveva mai visto fare, sembravano quasi coreografie ben studiate. Un nodo le strinse lo stomaco quando si rese conto che ognuno di quei cadetti era decisamente più coordinato e preciso di lei. Riuscivano a compiere esercizi che richiedevano un equilibrio ed un'elasticità disumane, il tutto senza battere ciglio. Se gli altri eletti fossero stati come quei giovani lei non poteva certo ritenersi alla loro altezza. Sentì l'ansia stringerle il petto, così chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, concentrandosi sull'aria del mattino che le scivolava sul viso e tra i capelli ancora umidi. Non poteva permettersi di spaventarsi per così poco, da ciò che le aveva raccontato il vecchio elfo, quella che stava per affrontare era una guerra che andava avanti da anni, e aveva causato sofferenze indicibili. Quella era la sua vera patria, o almeno lo era stata per i suoi genitori, e lei riusciva ancora a scorgere l'antico splendore di quella terra: lo vedeva negli sguardi fieri dei suoi abitanti, nell'orgoglio di Lorcan quando ne narrava le gesta, nella bellezza degli edifici e nei paesaggi mozzafiato. Non avrebbe voltato le spalle a Damara, soprattutto perché per lei rappresentava una nuova possibilità di essere felice, sentiva un profondo legame con quel mondo. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla, e voltandosi riconobbe il vecchio Lorcan. "E' ora di andare" disse l'elfo, per poi voltarsi per farle da guida attraverso il campo.
Mel non si era mai sentita più a disagio. Si trovava al centro del campo di addestramento, dove Lorcan l'aveva lasciata poco prima, e quattro paia di occhi la fissavano. In realtà c'erano cinque persone di fronte a lei, ma la ragazzina, la stessa che aveva visto il giorno prima all'assemblea, aveva gli occhi chiari rivolti verso un punto imprecisato sopra la sua testa ed era l'unica a sorriderle. Era molto carina: doveva essere più bassa di lei di circa una spanna, la carnagione color caramello contrastava nettamente con gli occhi di un celeste quasi innaturale e le labbra rosse, portava i capelli scuri legati in due trecce che le scendevano oltre le spalle. Avrebbe avuto un aspetto decisamente dolce, se solo non avesse portato in vita una cintura di cuoio con appesi una ventina di coltelli e pugnali dall'aria molto affilata. Accanto alla ragazzina inquietante c'era invece un ragazzo alto e slanciato, al contrario della sua vicina aveva la pelle diafana e i capelli rossi intrecciati in modo disordinato posati sulla spalla destra. Sul suo viso spiccavano due occhi verdi e curiosi, che la squadravano con attenzione, e forse con una punta di malizia, mentre le sue mani circondavano con disinvoltura il pomolo di un'enorme ascia bipenne che mandava bagliori poco rassicuranti. Mel portò la mano all'impugnatura della sua sciabola, chiedendosi se in quel posto avessero tutti l'aspetto di sicari esperti o se fosse solo una sua impressione. Lo sguardo della ragazza si posò poi sulla terza figura: un giovane pallido e dal fisico asciutto. La postura e le mani infilate in tasca lo facevano apparire distaccato, e i suoi occhi scuri, nascosti in parte dalle ciocche nere che gli coprivano la fronte, erano decisamente annoiati. Anche lui era armato, come si poteva notare dal fodero nero che portava insolitamente sul fianco destro: doveva essere mancino. La giovane era abbastanza esperta nell'analizzare gli avversari: aveva imparato a farlo rapidamente durante le gare di scherma, in cui era necessario individuare i punti deboli dell'avversario, e ora era diventato quasi un riflesso involontario. Con la quarta figura però non sarebbe riuscita a farlo: era interamente coperta da un pesante mantello nero, persino gli occhi erano tenuti in ombra dall'ampio cappuccio, che le permetteva di scorgere solo la parte inferiore del volto. La mano guantata che sporgeva dalla stoffa scura impugnava un'arma che Mel non aveva mai visto: un lungo bastone di legno che alle due estremità culminava con delle lame cuneate a doppio taglio. Nessuno aveva fiatato fino a quel momento, quando all'improvviso la quinta persona si schiarì la gola rumorosamente, facendo un passo avanti. Era un'elfa dalla statura imponente, interamente coperta da un'armatura bronzea riccamente decorata, ma non eccessiva. Doveva essere molto forte per riuscire a portare addosso tutto quel metallo senza soffrirne in agilità e resistenza. Il volto della donna era fiero e duro, circondato da una chioma nera raccolta in una stretta treccia che le circondava il capo, la mascella era serrata in un'espressione severa e gli occhi grigi la squadravano dall'alto in basso. Era convinta di aver già visto occhi simili, ma non riusciva a ricordare dove. "Dunque, il mio nome è Moira. Sarò la vostra istruttrice per tutte le arti di combattimento, mentre di certo non mi occuperò delle lezioni su piante e animaletti, a quello ci penserà qualcun altro. Durante i miei corsi si fatica, mettetevelo in testa fin da subito, non importa quali siano le vostre condizioni o la vostra storia: all'interno di questo recinto siete tutti allievi, soltanto reclute, niente di più. Chiaro?" Nessuno osò risponderle. "Bene. Ora, prima di tutto dobbiamo testare le vostre capacità" a quelle parole le sue labbra si tesero in un ghigno sprezzante. Alle sue spalle arrivarono due reclute in divisa, uno dei due era poco più alto di Mel, mentre l'altro era un vero e proprio gigante. "Dovrete lottare contro di loro. Tutti. Quindi... chi vuole andare per primo?" La figura incappucciata fece un passo avanti, portandosi una mano al petto si slacciò il mantello, che scivolò a terra con un fruscìo. Il quinto eletto si rivelò essere una ragazza poco più grande di lei: Il fisico era asciutto ma anche femminile, il completo di cuoio che indossava lasciava scoperte le braccia e il collo, coperti da neri tatuaggi spiraleggianti, come tentacoli scuri che le avvolgevano il corpo. Il capo era rasato, fasciato stretto con bende rosse come il fuoco. Nonostante le curve esposte dal tessuto piuttosto aderente, quella ragazza aveva l'aria di essere cresciuta apposta per diventare una guerriera, e la freddezza dei suoi occhi nocciola confermava il suo sospetto. La ragazza scavalcò con noncuranza le stoffe ai suoi piedi e si diresse verso i due cadetti. "Scegli il tuo avversario" disse allora Moira. La giovane indicò con un cenno del mento la recluta più alta che subito si scagliò contro la giovane, estraendo una spada a due mani dall'aria decisamente mortale e rivolgendole un ghigno sprezzante.
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Rebirth
FantasySi dice che la vita di una persona possa cambiare in un istante. La vita di Mel prima di poter cambiare dovette finire. Ma Mel Hilderstone non è una ragazza debole, non si fermerà finchè non avrà raggiunto il suo obbiettivo: non si fermerà finchè no...