Mi dispiace
Lyla si strinse nelle spalle, tenendo lo sguardo basso fisso sulle bacchette di legno appoggiate all'angolo del piatto.
Non poteva immaginare situazione peggiore di quella. Non riusciva ad immaginarsene una peggiore nemmeno volendo.
Se c'era una cosa che odiava, con tutta se stessa, era proprio ritrovarsi con le spalle al muro, divorata dall'ansia, come in quel momento.
O affronti il problema, o lo affronti. Non hai vie di mezzo.
Non puoi scappare, far finta di niente, e pretendere che non sia mai successo niente. Lyla aveva avuto l'occasione per farlo, andarsene e far finta che nulla fosse successo; tornarsene a casa, autoconvincersi di non aver mai nemmeno conosciuto O'Konnor e andare avanti indisturbata con la propria vita. Quell'occasione gliela aveva persino data Robert, pochissimi attimi prima, ma lei aveva rifiutato.
Aveva preferito rischiare.
Rischiare uno scontro diretto con Ciel.
Perché?
Forse, inconsciamente, lei quello scontro un po' lo desiderava. Come desiderava sentirsi dire " Non è come sembra"; la classica frase che nessuno vuole sentire, ma che tutti sperano arrivi lo stesso. Perché un "Non è come sembra" è sempre meglio di un silenzio che grida "È esattamente come sembra!".
Ciel era venuto al loro tavolo, a richiamare l'omone tatuato che si era scoperto chiamarsi Alberich, lasciando stranamente sola al tavolo la ragazza castana.
Avrebbe potuto tranquillamente far finta di niente, mandare la ragazza stessa... invece no. Era venuto lui, in prima persona.
Che volesse dire qualcosa? O era semplicemente Lyla che sperava che volesse dire qualcosa, anche se alla realtà dei fatti non significava proprio niente? Non era così sicura di volerlo sapere davvero.
Forse sarebbe stato meglio per la corvina se fosse venuta la castana senza nome, al loro tavolo; di sicuro non sarebbe stata così tanto sotto pressione, e non avrebbe avuto il terrore di rialzare gli occhi con il rischio di incontrare il volto del pediatra.
Avrebbe dovuto dar retta a Robert. Andarsene, e far finta di niente. Nessuno l'avrebbe potuta giudicare, men che meno il suo migliore amico. Aveva però fatto la sua scelta, e non poteva di certo tornarne indietro.
Il dado era stato tratto, e ora era arrivato il momento di affrontare le conseguenze.
- Alberich, vedi di smetterla e torna a sederti - lo riprese ulteriormente Ciel, appoggiandogli una mano sulla spalla e lanciandogli un'occhiataccia d'ammonimento - Vi chiedo scusa, anche da parte sua. Spero che mio fratello non vi abbia importunato, ma se così fosse vi porgo le mie più sentite scuse -
- Ma io non li stavo_ -
Alberich cercò di ribattere, appena, ma un'ulteriore occhiataccia da parte del fratello riuscì a zittirlo seduta stante.
Era evidente la forte influenza che aveva il dottore su di lui; un'autorità da fratello maggiore a cui non poteva non sottostare. Anche se avrebbe tanto voluto ribattere qualcosa, l'omone rimase in silenzio, obbedendo al muto ordine di tacere.
- Fa niente. È tutto a posto - mormorò la corvina, alzando appena lo sguardo solo su Alberich, e stando ben attenta a non guardare Ciel al suo fianco.
Sperava che liquidando la faccenda il più velocemente e tranquillamente possibile, i due ragazzi sarebbero andati via con la stessa rapidità; ma aveva fatto male i suoi conti.
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Diversi
WerewolfUno sfioramento di mani, e niente sarà più come prima. Lyla ha solo ventitré anni quando incontra per la prima volta il pediatra Ciel O'Konnor, nell'ospedale della sua città. Fin da subito prova in sua presenza uno strano stato d'ansia che non riesc...