Cap. 16

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C'era una volta, un pollo in un centro commerciale.


Robert iniziò a picchiettare con fare nervoso la punta della propria scarpa contro le piastrelle lucide della sala camerini. Con una mano andò a ricontrollare, per l'ennesima volta nell'arco di quei quindici minuti in cui era lì, l'ora sullo schermo del proprio telefonino, mentre con la schiena andava ad appoggiarsi contro il muro alle proprie spalle.

- Hai finito? Quanto ti ci vuole a provare uno stupido reggiseno? - domandò, non preoccupandosi di mascherare l'impazienza nella propria voce.

- Mamma mia, Bobbie! Se avessi saputo che saresti stato così petulante sarei venuta con mamma piuttosto - sbottò in risposta la voce della sorella minore di Robert, Arianne, dall'altro lato della tendina di stoffa.

- E per quale ragione non l'hai fatto? -

- Che gusto c'è nell'avere un fratello gay se non posso sfruttarlo nelle occasioni di shopping? Ora sii onesto. Come mi sta? -

Robert osservò prima la testa castana della sorella fare capolino dal camerino e poi il resto della sua figura. Nonostante Arianne fosse più piccola di lui di almeno un paio di anni, era praticamente alta quanto il fratello maggiore. Con i suoi inseparabili tacchi a spillo, poi, riusciva a superarlo in altezza senza problema alcuno.

Di solito il ragazzo era quasi sempre ben predisposto nell'accompagnare la ragazza a fare compere, ma quel giorno no. Il fatto poi che si trovassero in quello stupidissimo negozio di intimo da quasi più di tre quarti d'ora lo aveva reso ancora più insofferente.

- Se vuoi andare a lavorare in un locale notturno, e farti chiamare Kitty d'ora in avanti, è perfetto - sparò a bruciapelo, con una piccola smorfia sul viso.

- Bene. Allora lo compro! -

Il sorriso e il tono allegro con cui lo decretò confusero appena il castano.

- Ma hai sentito quello che ho detto? -

Stava iniziando a temere che la sorella iniziasse a soffrire di gravi problemi all'udito.

- Certo - gli rispose, inclinando da un lato la testa - Vuol dire che sono una gnocca mega fotonica, e che mi fa delle tette da urlo -

Robert si trattenne dallo schiaffeggiarsi una mano sulla faccia.

Come era riuscita ad arrivare a quella conclusione non lo sapeva nemmeno lui.

- Non ho detto questo... -

- Lo so - fece - Ho solo parafrasato un po' - minimizzò lei.

- Alla faccia della parafrasi... -

Arianne fece palesemente finta di non aver sentito la frase appena borbottata dal fratello, e con una mezza giravolta tornò ad osservare il proprio riflesso nello specchio del camerino ancora aperto.

- E poi, gay o meno, resti sempre mio fratello. Non ammetteresti di principio quanto questo reggiseno mi renda bombabile o meno -

- Sei mia sorella minore, non voglio che tu sia... Possiamo uscire di qua per cortesia? Non voglio parlare di queste cose con te -

- Va bene, va bene - acconsentì lei, tornando dentro il camerino e tirando di lato la tenda - Dammi cinque minuti e ci sono -

Mai parole suonarono più dolci all'orecchie del castano.


Quando Arianne uscì dal negozio di articoli intimi, con un bel sorriso soddisfatto sulle labbra e un sacchetto di carta appeso all'avambraccio sinistro, iniziò subito a cercare con lo sguardo la figura di suo fratello maggiore.

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