Cap. 15

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Le cose non dette sono sempre le peggiori(2)


Seduta dal lato del passeggero, Lyla osservò il profilo del proprio fidanzato in religioso silenzio.

Dall'altro lato Ciel era completamente teso e rigido come una stecca di legno. Nonostante avesse accostato non poco lontano dal cinema da almeno un paio di minuti, aveva ancora entrambe le mani saldamente ben piazzate ai lati del volante e non pareva avere alcuna intenzione di spostarle da là.

In quel momento sembrava che si stesse disputando una lotta non indifferente dentro di lui.

Lyla lo vedeva, e poteva persino percepire quanto fosse combattuto.

Era... in agonia.

Lo erano entrambi.

Alla ragazza faceva male vederlo in quello stato. Da quando si conoscevano non lo aveva mai visto così in sofferenza.

- Ciel... - lo chiamò dolcemente, appoggiandogli una mano sul braccio per richiamare la sua attenzione su di sé.

Nonostante il tessuto a dividerli, la ragazza sentiva perfettamente sotto i propri polpastrelli quanto fossero tesi i suoi fasci muscolari, e quando lo chiamò le parve di sentirli irrigidirsi ancora di più.

- È molto più difficile di quello che pensavo - le parlò finalmente, non riuscendo però ad incrociare il suo sguardo - Non so nemmeno da dove iniziare, e ho... ho il terrore che... -

Aveva la voce rotta. Se dall'agitazione o dalla paura non seppe dirlo con certezza.

Le faceva davvero male vederlo così.

Tutte le stranezze che era successe giusto poco prima parvero completamente scomparire dalla mente della corvina. In quel momento riusciva a pensare solo al ragazzo al suo fianco, e a quanto volesse confortarlo in quella situazione.

- Prenditi tutto il tempo che ti serve, Ciel - cercò di rasserenarlo lei, facendo scivolare la propria mano sopra la sua, ancora stretta al volante - Io sono qui - gli disse, stringendo delicatamente la presa.

Un modo per comunicargli, silenziosamente, che sarebbe rimasta lì ad ascoltarlo. Non se ne sarebbe andata. Non lo avrebbe lasciato solo. In quel semplice contatto cercò di comunicargli tutto questo.

Ciel puntò gli occhi grigi, colmi di stupore, prima sulle loro mani e poi sul viso della propria fidanzata. In quel momento un lampo di consapevolezza parve attraversargli lo sguardo. Sembrava aver compreso cosa volesse comunicargli tacitamente la ragazza.

- È che non so davvero come cominciare - continuò a parlare il dottore - Volevo fare le cose come si deve. Pensavo di avere il tempo per prepararmi un discorso quanto meno. Di fare le cose con calma, ti prepararti a tutto questo. Non di certo di fare tutto in fretta e furia qui in macchina fuori da un cinema. Non era questo che avevo in mente -

- E cos'era che avevi in mente? -

Il ragazzo ci pensò un attimo prima di darle una risposta.

- Volevo... raccontarti con calma di me, del mio passato... del mio mondo. Volevo portartici dentro un passo alla volta, e non di certo a gamba tesa così -

- Posso fare una supposizione? Sentiti poi liberissimo di ridere, o prendermi per pazza -

Ciel annuì appena dandole il via libera di continuare.

- Da quel poco che mi hai detto adesso, e da quello che è successo prima... - l'immagine della bionda tornò alla mente di entrambi - Oserei dire che non rientri propriamente nella classificazione del "classico fidanzato umano", giusto? - mimò le virgolette.

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