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Vorrei essere come loro, come chi fa sempre la scelta giusta, come chi riesce a non sbagliare proprio mai. Sapevo che chiamarlo sarebbe stato un errore, avrei dovuto aspettare, appettare che si facesse avanti lui.

Ero convinto di come sarebbero dovute andare le cose eppure, questa volta, non riuscivo davvero a resistere alla tentazione, il display del mio cellulare era già pronto con il suo numero digitato, tutto quello che dovevo fare era alzarlo e portarlo all'orecchio, la telefonata sarebbe partita da sola. Ero così combattuto, avevo bisogno di sentire la sua voce ma allo stesso tempo non volevo fargli sapere che lo stavo pesando, che dall'ultima volta non avevo mai smesso. Non mi ero mai trovato in questa situazione, nella scomoda posizione di voler davvero sentire qualcuno. Non avevo la più pallida idea di cosa avrei dovuto fare, cercai allora di frenare i miei istinti e iniziai a ragionarci sopra, pensai a come mi ero sempre comportato, alla mia freddezza, al mio distacco e a come fosse sempre finita miserabilmente. Quasi senza rendermene conto sollevai il cellulare... uno squillo, due, tre, dieci e per finire la segreteria. Lo sapevo, non avrei dovuto chiamare.

Volevo solo che capisse che mi sentivo pronto, per qualsiasi cosa, io ero pronto. Ma come sempre le cose fanno un po come vogliono e quindi mi ritrovavo di nuovo da solo su un balcone con una vista orribile mentre mi accendevo una sigaretta pensando alla prossima mossa da fare.

Quello che realmente desideravo era poter definire il nostro rapporto, poter definire cosa eravamo. Ci stavamo semplicemente frequentando oppure eravamo qualcosa di più? Volevo saperlo, dovevo saperlo, arrivati a quel punto era la mia più grande priorità.

Ora la buona notizia è che non dovetti aspettare a lungo prima che venisse data una risposta alla mia domanda, la cattiva è che non mi piacque affatto.

Il giorno seguente arrivai da lui leggermente in anticipo, così trovai Francesco impegnato in una conversazione di lavoro con altri due uomini d'affari in giacca e cravatta. Stavano discutevano di qualcosa riguardante una fideiussione ma non riuscii a comprendere pienamente quale fosse il motivo di tanta animosità nel loro dibattito. Avrei voluto sotterrarmi nel momento esatto in cui i tre notarono la mia presenza nella sala, li avevo interrotti, io, che avevo ai piedi un paio di Converse rosse, avevo osato interrompere quello che sembrava essere un meeting nel quale si stava decidendo della sorte di una nazione.

Nel vedermi Francesco non poté fare a meno di presentarmi agli altri due, limitarsi ad un rapido saluto sarebbe stato scortese da parte sua nei confronti dei suoi ospiti e quelle persone non avevano esattamente l'aria di chi non ci avrebbe fatto caso. Mi avvicinai maledendo interiormente la guardia che all'entrata , riconoscendomi, mi aveva lasciato entrare seppure fossi in anticipo rispetto alla registrazione prefissata a mio nome sul libro degli accessi al castello. Il passo era sicuro, forse anche troppo per risultare credibile considerando le circostanze. Quando fui praticamente accanto a loro tendendo la mano iniziai a presentarmi ma Francesco mi interruppe.

< Signori... lui è Roberto, mio cugino. > Erano solo una manciata di parole ma tagliavano come fottutissime lame, tagliavano al punto da poter fare a brandelli qualsiasi tipo di corazza avessi deciso di mettermi addosso quella mattina. Non riuscii neanche ad aggiungere altro, mi limitai a stringere le loro mani che nascosero il tremore della mia.

Provai pena per me stesso. Volevo tanto trovare una risposta alle mie domande che, alla fine, ero stato accontentato...

A quanto pare non eravamo né frequentanti né qualcosa di più, noi, per il mondo, eravamo cugini.


Ragazzi grazie a tutti voi che seguite la storia e la commentate, alcuni dei vostri commenti mi lasciano davvero senza parole, la loro profondità e sincerità mi appagano più di qualsiasi altra cosa, vi voglio bene davvero. Un bacio a tutti... We are a family :)

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