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Questa volta non riuscii a far finta di nulla, a fingere che le cose mi andassero bene così com'erano. Aspettai che i due ospiti se ne fossero andati e poi, stroncando sul nascere ogni suo tentativo di sviare la mia attenzione, iniziai a gettargli addosso tutto il mio disappunto.

Ero determinato a non lasciar correre, questa volta mi sarei fatto valere, lo avrei fatto per la mia dignità. Concluso l'iniziale momento di inutile negazione fu tutto un susseguirsi di scuse più o meno plausibili, mi giurò di averlo fatto per tutelarci, per tutelare il suo lavoro, tutto quello che aveva a fatica costruito nella vita. Devo ammettere che in un certo senso lo capivo, riuscivo a riconoscere la validità del suo pensiero. Il suo settore, il suo lavoro, la sua notorietà non gli permettevano di commettere alcun errore ed io, in qualche folle modo, lo ero. Non è mai stato facile essere a capo di un impero, tantomeno nel XXI secolo, un solo passo falso e in un istante tutti i tuoi tirapiedi si trasformano in serpi fameliche pronte a tagliarti la testa pur di poter mettere le mani su un pezzetto della torta sulla quale, fino a poco prima, c'era scritto il tuo nome.

Malgrado comprendessi le sue ragioni non riuscivo comunque ad accettarle, non ci riuscivo e non volevo, in nome di tutto quello che meritavo e che non avevo mai avuto. Ero infatti certo che, oltre quest'orribile sensazione di inadeguatezza, la vita dovesse avere in serbo per me qualcosa di meglio, qualcosa che adesso avevo l'intenzione di prendermi.

Francesco stava ancora tentando di convincermi del suo punto di vista quando iniziò a levarsi, uno ad uno, tutti i vestiti lasciandoli cadere sul pavimento. Tentai di fermarlo, tentai di fargli capire che non sarebbe riuscito a distogliermi dal mio obiettivo, non questa volta. Malgrado il mio sforzo ogni resistenza fu vana e nel giro di pochi secondi rimase completamente nudo davanti a me vestito solo del suo desiderio di cancellare dalla mia testa quanto accaduto. Era perfetto, irresistibile, una delle cose più belle che io avessi mai visto eppure c'era qualcosa ad attrarmi di più in quella stanza, qualcosa che ai miei occhi risultava ancora più bello, era un'idea, era l'idea di poter pretendere da Francesco lo stesso rispetto che io, a mia volta, gli concedevo.

Gli girai le spalle ed iniziai a camminare in direzione della porta d'uscita dicendogli che se mai avesse avuto voglia di ritornare sull'argomento, questa volta con tutti i  vestiti addosso, mi avrebbe trovato a casa mia.

Prima di andarmene riuscii a intravedere la sua immagine riflessa sul vetro della porta scorrevole che si apriva davanti a me. Mi stava osservando incredulo con gli occhi sgranati e fissi sulla mia schiena che si faceva sempre più distante... Credo proprio che quello fu il momento esatto in cui finalmente realizzò che non mi sarei accontentato, che non mi sarei accontentato mai più.

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