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Non fece neanche in tempo a chiudersi alle spalle la porta-finestra che dava sull'imponente balcone in marmo bianco che gli fui subito addosso.

< Stammi bene a sentire Diego, non farmi perdere tempo, non sono arrivato fino a qui per farmi prendere in giro dal primo idiota che incontro. > Gli dissi mentre, con tutta la mia forza, premevo la sua faccia contro il muro ruvido.

Ero più alto di lui, più muscoloso e decisamente più incazzato di lui. Non avevo nulla da perdere.

< Ti do un secondo per dirmi chi sei veramente e cosa c'entri con Francesco. Dimmi un'altra cazzata e pulirò tutto il perimetro di questo fottuto castello con la tua faccia. > Non mi riconoscevo, mi ero trasformato in un animale, non avevo mai provato una rabbia simile, non mi ero mai sentito così minacciato. Volevo disperatamente difendere qualcosa che, forse, neanche esisteva.

Lessi il terrore nello sguardo di Diego sebbene potesse guardarmi solo con la coda dell'occhio, era completamente sotto shock e sarebbe voluto scappare, lo percepivo distintamente dalla tensione dei suoi muscoli. Improvvisamente la cravatta mi sembrò insopportabilmente stretta attorno al mio collo come un orrendo cappio che mi strozzava facendomi respirare a fatica. La mia immagine riflessa nel vetro della finestra mi scosse nel profondo, il mio volto era completamente rosso per lo sforzo come quello di chi stava combattendo per qualcosa di davvero importante. Non so per certo perché ebbi quella reazione così esasperata, forse perché odiavo i bugiardi o forse perché ne avevo proprio abbastanza di rimanere fregato.

Continuai a spingerlo contro il muro.

< Va bene, ora conterò fino a tre e se alla fine ancora non mi avrai detto quello che voglio sapere tu muori. Non scherzo, grida e io ti ammazzo, prova a scappare e io ti ammazzo, fai qualsiasi cosa per fregarmi e io ti ammazzo. Ci siamo capiti? > Iniziai a contare senza neanche aspettare una sua risposta che comunque arrivò già dal primo secondo.

< Va bene, va bene ti dirò tutto ma ti prego lasciami andare. Mi stai facendo male. > Mi supplicò con un filo di voce.

Più lui parlava e più sentivo le mie forze abbandonarmi. Adesso a malapena riuscivo a tenerlo stretto.

< Quello che hai detto è vero, mi dispiace Roberto, mi dispiace davvero. Ti prego credimi quando ti dico che sono mortificato. Non sono un avvocato e non lavoro per Francesco. Sono un attore, ho perso un importante incarico l'altro giorno e avevo bisogno di soldi... Ti giuro che... >

< Vattene! > Fu tutto quello che riuscii a dirgli con un filo di voce mentre anche le ultime forze mi stavano abbandonando.

Caddi in ginocchio sul pavimento bagnato dalla pioggia del pomeriggio. Lo sguardo di Diego cambiò da intimorito a pietoso... non riuscivo a credere che provasse pietà per me, quel bastardo senza un soldo si sentiva in diritto di guardarmi dall'alto verso il basso. Non mi sentii mai più miserabile di così.

Lo vidi allontanarsi da me fino quasi a scomparire all'interno del castello ma poi qualcosa lo spinse a voltarsi e a ricominciare a camminare verso il balcone.

< Roberto non dovresti permettergli di farti questo, non ti conosco che da poche ore ma penso tu meriti di meglio, meriti di più. So che probabilmente a questo punto per te non farà alcuna differenza ma sono realemnte dispiaciuto, non avrei dovuto accettare, non avrei mai dovuto permettergli di ferire i tuoi sentimenti in questo modo. Per quel che può valere questi non li voglio, non a queste condizioni. > Mi disse appoggiando due banconote da cinquecento euro sul marmo accanto a me.

Non avevo la forza necessaria per rialzarmi e quindi me ne rimasi lì, maledicendo la mia vita e tutto quello che ne faceva parte. Mi faceva male tutto, mi faceva male il cuore. Un urlo disumano ruppe il silenzio che regnava tra le colline che circondavano il palazzo per poi andare a morire da solo nel buio della notte.

Che schifo, che insostenibile schifo. Mille euro era il valore di un inganno, mille euro era il valore della mia felicità.

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