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La vibrazione del telefono mi costrinse ad aprire gli occhi.

Il sole filtrava a fatica dalle periziane ancora abbassate, guardai il display del cellulare sforzando la vista ancora sfocata, era Francesco. Cercai di schiarirmi la voce, non volevo che capisse che stavo ancora dormendo, probabilmente lui doveva essere sveglio da almeno cinque ore per via di quell'importante conferenza di cui mi aveva parlato. Facendo del mio meglio per fingermi perfettamente reattivo risposi. Sembrava di buon umore, con soddisfazione mi disse che la conferenza era andata nel migliore dei modi. Quando mi chiese se avessi voglia di pranzare con lui realizzai che probabilmente era già più tardi di quanto pensassi, accettai la sua offerta e lui mi disse, in uno strano tono sarcastico, che sarebbe passato a prendermi al più presto. La realtà dei fatti è che non ebbi neanche il tempo di posare il cellulare sul comodino che sentii squillare il citofono.

< Chi è? > Chiesi temendo la risposta.

< Sono io. Scendi? > Non potevo crederci, quel maledetto mi aveva chiamato praticamente da sotto casa.

< Però... quando mi hai detto che saresti passato al più presto non pensavo intendessi nel giro di qualche secondo. Ho ancora delle cose da fare, che ne dici di salire un attimo? > Tentai di prendere tempo io mentre pensavo a come potermi salvare da quella figuraccia.

Gli aprii il portone e immediatamente scappai in bagno iniziando a lavarmi i denti. Dannazione! Con un tipo come lui uno non può neanche far finta di essere sveglio senza rischiare di essere sbugiardato, che bastardo di un Karma.

Quando suonò al campanello avevo appena finito di sciacquarmi la faccia, non c'era più tempo, il dannatissimo ascensore  di quel palazzo non mi era mai sembrato così veloce.

Stavo per aprire la porta quado la mia immagine riflessa nello specchio dell'ingresso mi fece inorridire, ero in pigiama, o meglio in canottiera, in quell'orrenda canottiera che usavo per dormire, un capo di vestiario tanto comodo quanto brutto. Era inammissibile, davvero troppo umiliante, con una mano già stretta intorno alla maniglia della porta me la sfilai alla svelta e la gettai in un angolo della stanza nella speranza che, una volta entrato, non se ne accorgesse.

Quando aprii mi venne voglia di sotterrarmi, Francesco non si era cambiato dopo la sua conferenza, indossava ancora uno dei suoi completi giacca e cravatta, la ventiquattrore stretta nel pugno gli conferiva un'aria irresistibile. Era davvero da togliere il fiato mentre io, nei miei pantaloncini scoloriti della tuta, potevo ancora sentire il sapore del dentifricio sulla lingua.

Mi guardò incuriosito e allo stesso tempo sorpreso, mentre si lasciava sbattere la porta alla spalle uno strano sorrisetto gli comparve sul viso. Probabilmente stava pensando che fossi mezzo nudo per tentarlo, che fosse tutto un mio disperato tentativo per stuzzicarlo... Quanto si sbagliava, santo cielo non avrei mai voluto essere vestito come in quel momento, mi sarebbe bastato essere almeno presentabile.

Lo feci accomodare chiedendo se potevo offrirgli qualcosa da bere, educatamente rifiutò ricordandomi che una macchina ci stava aspettando in strada per portarci al ristorante. Provai vergogna, dovevo davvero sembrargli un perfetto idiota ancora mezzo addormentato all'ora di pranzo quando lui aveva già stretto chissà quali partnership strategiche e rescisso chissà quanti contratti. In mia discolpa posso dire che non ero sempre stato così dissoluto e inconcludente ma da qualche tempo, per l'esattezza da quando lo avevo rincontrato, avevo deciso di prendermi una pausa dalla mia solita frenesia, dalle miei solite corse contro il tempo. Senza neanche accorgermene mi ero nuovamente perso nei miei pensieri costringendolo a ricordarmi, per la seconda volta, che ci stavano aspettando. Trasalii incredulo e mi precipitai in camera per vestirmi, stavo cercando una camicia ma continuavo a pensare a quel sorrisetto, avrei voluto sapere cosa gli stesse passando per la testa in quel moneto, se fossi realmente io la ragione del suo turbamento.

Mi stavo infilando un paio di jeans blu scuro quando avvertii un rapido spostamento d'aria alle mie spalle, tentai di girarmi per vedere cosa fosse stato ma non fu necessario, le mani di Francesco delicatamente mi scivolarono lungo tutti i fianchi fino ad arrivare all'elastico degli slip con il quale iniziarono a giocare. Finalmente. Prima solo una, poi due dita e in fine tutte si infilarono sotto il cotone nero della mia biancheria. Beh... almeno ora sapevo con certezza il motivo dietro a quel sorriso.

< Ma non ci stavano aspettando? > Chiesi io per correttezza ma con la forte speranza che non si fermasse.

< Si è così ma sono più che sicuro che non faranno problemi ad aspettare per qualcosa di così importante, per qualcosa che ne valga la pena. > Mi sussurrò lui all'orecchio prima di prendere il mio lobo tra le labbra e morsicarlo delicatamente.

All'improvviso l'essere mezzo nudo in quella stanza non mi sembrava più un impedimento, non mi sembrava più così male...

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