Capitolo 4

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<<In ritardo>> Disse mio padre fingendo un colpo di tosse.
<<C'era traffico>> Mentii: mi ero incantata davanti alla solita boutique, vicino al Gran Palace Hotel sulla ventiquattresima. La "Chic Woman" era la mia boutique preferita, non perché ci comprassi abiti o ci entrassi spesso, anzi a dire il vero non ci avevo mai messo piede, ma aveva quel non so che di affascinante e di irraggiungibile allo stesso tempo. Ed è testato da ogni essere umano che tutto ciò che non puoi avere, è sempre ciò che desideri di più.

Corsi nello sgabuzzino a cambiarmi e trovai un post-it fluorescente attaccato al mio grembiule.
"Ho un impegno, coprimi tu con papà - Raul"
Sbuffai e uscii dallo stanzino.
In quel periodo Raul era strano, più del solito a dire il vero. Saltava spesso i turni alla Dt. Pizza, usciva sempre, ritornava tardi la sera o addirittura la mattina del giorno seguente. Nessuno sapeva con chi andasse o dove.

<<Ohi chica, come è andato il primo giorno di scuola?>> Mi domandò Ramòn mentre stendeva un velo di pomodoro sulla pasta bianca della pizza.
<<Bene: Chantal è ancora una stronzetta isterica, Clayton non sa fare due per due ed è arrivato un nuovo compagno...>>
<<Devo venire a picchiare qualcuno domani nīna?>>
<<Sta a cuccia, Ramòn, sei vecchio anche per questo...>> E gli schioccai un bacetto sulla guancia rugosa.
Cominciai il mio turno servendo al tavolo di Will e Caren, una coppia di anziani che veniva ogni mezzogiorno da quando papà aveva aperto. Tutte le volte mi davano la mancia con la scusa di comprarci qualcosa di carino per la scuola.

Non ti preoccupare bambina mia, giorni migliori arriveranno, te lo prometto

Diceva sempre l'anziana in tono materno.
Erano una coppia molto innamorata. Ho sempre immaginato che il mio matrimonio sarebbe stato come il loro un giorno: puro, genuino, duraturo.
Anche i miei erano molto innamorati. Un giorno Raul mi raccontò che papà quando non riusciva a dare il buon giorno a mia madre, le lasciava sopra il comodino un biglietto con i versi delle loro canzoni preferite. Allora sì che papà era felice: c'era lei, la donna che gli donava la voglia di vivere.

<<Dove è tuo fratello?>> Sopraggiunse alle mie spalle il mio vecchio.
<<Si sentiva poco bene, mi ha chiesto di sostituirlo. Mi ha detto di dirti che recupera sabato sera al posto mio...>>

Così impari, stronzetto fancazzista.

<<Come è andato il primo giorno di scuola?>> Mi chiese distratto.
<<Bene, è arrivato un nuovo...>>
Squillò il telefono sul bancone in entrata.
<<Scusa Ines devo rispondere, continuiamo dopo...>> E si diresse verso il cordless.
Annuì, anche se sapevo benissimo che non avremmo continuato.
Io e mio padre non parlavamo quasi mai: forse un " ciao come stai ?" o un " sei in ritardo - c'era traffico", ormai usavo sempre la stessa scusa.
Finii il turno al ristorante intorno alle sei di sera e tornai a casa a piedi.
Abito leggermente fuori dal centro, sulla Hillsdale Avenue. Abbiamo una villetta con il giardino, il prato è secco e incolto, poiché nessuno se ne prende cura, e manca anche qualche pezzo alla staccionata. L'affittammo da una vecchia signora del New Hampshire; la signora Poulin. Da giovane aveva fatto il giro della California con suo marito e si era innamorata di San Jose e di questa casa. Quando il sign. Poulin decedette 15 anni fa, l'affittò a noi a 400 dollari al mese. Un furto, considerato che l'acqua calda dura 15 minuti e la corrente va via spesso.

Decisi di preparare una pasta al pomodoro quella sera, pensando di cenare da sola; quando Raul entrò dalla veranda.
<<Dove eri?>> Chiesi senza particolare interesse.
<<Con amici>>
<<Sei arrivato tardi a scuola stamattina>>
<<Lo so>> Accondiscese Raul sfilandosi rapidamente le scarpe.
<<Sta sera vengono dei miei amici, staremo giù>> Aggiunse poi.
<<Ricordatevi di abbassare il volume...>>
<<Non guarderemo la TV>>
<<Non intendevo quello della TV...>> Lo guardai con un sorriso beffardo.
<<I porno me li guardo quando non ci sei, stai tranquilla>> Mi informò strizzando un occhiolino per poi salire le scale.
<<Ah Ines! Quasi dimenticavo...>> Riscese.
<<Dimmi>>
<<Ci sarà anche Caleb sta sera>> Sogghignò sporgendo la testa dal muro che separavano le scale dalla cucina.
<<Fottiti Raul>>
Caleb Church era il suo migliore amico. Ho sempre avuto una cotta segreta per lui, non poi così tanto segreta dato che mio fratello lo sapeva. Erano al quinto anno ed erano in classe insieme. È forse stato uno dei più bei ragazzi che io abbia mai conosciuto, ma evidentemente non ero la stessa cosa per lui: non aveva mai portato un minimo di interesse verso di me, mai. Se mi doveva parlare era solo e unicamente per sapere se conoscevo delle ragazze dell'istituto che io ovviamente non conoscevo. Erano tutte cheerleader o candidate per il ruolo di Giulietta in Romeo&Giulietta ed io non ero ne magra e slanciata come una cheerleader, ne tanto meno dolce e aggraziata quanto Giulietta.
Io e Raul quella sera mangiammo uno in camera e l'altro in cucina. Non abbiamo mai avuto un bellissimo rapporto noi due. Frequentiamo la stessa scuola e anche se abbiamo età simili, non ci riuscivamo mai a capire del tutto: ognuno andava avanti per la sua strada senza mai guardare la corsia affianco.

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