Capitolo 15

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Devo andare via. Sarà meglio per tutti: papà avrà una bocca da sfamare in meno, io non sarò costretta a convivere con un ladro e lui non dovrà vivere con l'angoscia che io possa dire tutto a nostro padre. Io non lo tradirò mai, dopotutto è mio fratello, ma non voglio più averci a che fare

Vagabondai per il centro soffermandomi sempre davanti al solito negozio. Vidi che oltre il riflesso della città sulla vetrina, c'era una signora che stava provando un cappotto di velluto blu. Stavamo andando in contro alla stagione fredda, è vero, ma quel cappotto era sin troppo caldo e lussuoso per l'inverno californiano. Rimasi ad osservare la scena: c'era dello champagne sopra il tavolino in cristallo del negozio; la bella signora continuava a guardarsi allo specchio, mentre due commesse erano intente a farle i complimenti. Non li stava neanche bene, troppo peloso e appariscente. La donna era sposata, portava una grossa fede al dito, che continuava a mettere in mostra, grattandosi fintamente il naso con il medio della mano sinistra. Non era mancina, aveva preso il bicchiere delle bollicine con la destra. Capii che era solo un'ostentazione di quanto fosse ricco suo marito e di quanto ci tenesse a viziarla. Perché i soldi devono essere tutto in questa società? Perché i soldi devono definire chi sei?
Ripresi il mio cammino quando una Ferrari 410 superamerica si fermò al mio fianco.
<<Che fai scappi?>> Era la voce di Fox.
<<Che fai mi pedini?>> Gli domandai a mia volta continuando a camminare per il marciapiedi disconnesso.
<<Io non pedino nessuno, non sono te>> Mi stuzzicò con disinvoltura aspirando una boccata di fumo.
<<Mi dici che vuoi? E non ci credo che mi hai incontrato per caso>> Mi fermai incrociando le braccia all'altezza delle costole.
<<Sali in macchina>>
<<Te lo puoi scordare>>
<<Vuoi scappare giusto? Ti accompagno io>>
<<Non sono così scema>> E proseguì nella mia metà, sconosciuta, per sino a me.
<<Facciamo così: se ti riporto da Raul, mi denunci alla polizia dandomi tutta la colpa del furto di ieri sera. Ti autorizzo io>>
La posta in gioco era alta, capii che non mentiva. Salii velocemente in macchina e chiusi la portiera del Ferrari. Partimmo senza scambiarci nessuna parola. La macchina di Demon era un vero porcile: sul fondo vi erano delle lattine vuote di birra, mozziconi di sigaretta, cartacce di vario genere; i sedili posteriori erano pieni di macchie, di cui non mi sono mai chiesta la loro provenienza. L'auto, pur essendo di una marca nota, era visibilmente trasandata.
<<E così tu giri con questo catorcio?>> Spezzai l'atmosfera smorta.
<<Ehi bambolina questa è ...>>
<<Una Ferrari 410 superamerica>> Dicemmo insieme, seguito da un silenzio imbarazzante.
<<Sono cresciuta tra maschi, le auto sono l'A B C delle conversazione a tavola>> Cercai di spiegarmi balbettando qua e là.
Non ero sicura di dove mi stesse portando.
<<Se rubi per vivere, non ti puoi permettere una macchina del genere. Fregata anche questa, non è vero?>> Non so perché iniziai quel discorso, ma volevo stuzzicarlo come lui aveva fatto finora con me.
<<Era di mio padre>> Zittì la mia frecciatina acida.
<<Non è possibile>>
<<Pensa quel che vuoi, non mi interessa>> Sbuffò.
<<Tu sei ricco allora>>
<<Io non sono ricco, i miei sono ricchi>>
<<Questa è la solita frase che dicono i ricchi>> Lo ripresi con una risatina del tutto inopportuna.
<<Perché fotti i supermercati se sei ricco?>>
<<Te lo ripeto: i miei sono ricchi>> Mi ricordò calmo.
<<Non prendermi per il culo>>
<<Devi sapere che ci sono due tipi di ladri: quelli che rubano per necessità e quelli che rubano per trovare il loro posto nel mondo>> Mi spiegò mentre esaminava con attenzione la luce rossa del semaforo.
<<Bella frase, te la sei preparata?>> Lo schernii.
<<L'ho sentita in un film ed ora è diventata la mia filosofia di vita. Non mi fa sentire una merda quando lo faccio>>
<<Fai cosa?>>
<<Quando fotto i soldi a qualcuno>> E scatto la luce verde del semaforo.

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