Capitolo 14

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Al mio risveglio, mi trovai nel mio letto. Strofinando le palpebre con il palmo delle mani, mi stiracchiai. Le coperte erano ben rimboccate e le tapparelle erano state tirate giù. Allungai il braccio per raggiungere la sveglia; lessi l'ora: erano le 19.30.

Devo andare a scuola? No. Troppo tardi e poi siamo nel weekand. Quindi ieri era sabato, oggi domenica... Merda il turno!

Mi alzai di scatto imprecando la vita; corsi in bagno a piedi scalzi e mi sciacquai la faccia con dell'acqua gelata. Tamponandomi il viso con l'asciugamano, guardai allo specchio il grosso zigomo violaceo che ergeva dal mio viso e premendo l'indice sulla macchia, scoprii che faceva ancora male. Mentre cercavo disperatamente di coprirlo con i capelli, mi cadde l'occhio sulla mensola sopra il lavandino e scorsi un tubetto di correttore per il trucco. Lo presi e ne lessi la marca: Garnier. Dietro alla confezione c'era un posti-it verde.

"Mettilo sullo zigomo"

C'era scritto.
Ne applicai una grossa quantità sulla guancia ammaccata e massaggiai fino a farla assorbire. Funzionò abbastanza, a parte per il fatto che non rispecchiava per niente il colore del mio incarnato, per cui sembrava che mi fossi fatta la lampada solo da una parte.
Misi l'uniforme, il cappello rosso e uscii di casa.
Ricordo che ogni furgone bianco che incontravo in strada cercavo di evitarlo, cambiando addirittura direzione. Ne ero ormai terrorizzata.

Tranquilla Ines, è tutto passato. La tua vita va avanti lo stesso.

Continuavo a ripetermi.
Arrivai finalmente al locale e parcheggiai il mio veicolo sul retro. Mentre sganciavo il laccio mal funzionante del casco, vidi Raul che stava scaricando dal camion delle consegne, alcuni scatoloni imballati di passata di pomodoro. Ci guardammo per una serie di secondi, senza sapere cosa dire: senza sapere se scusarci o scannarci. Lui venne verso di me e io cercai di evitarlo.
<<Ines fermati>> Mi afferrò il polso.
<<Che vuoi?>>Cercai di sganciarmi dalla sua presa.
<<Lo faccio per il bene di questa famiglia>> Cercò di spiegarmi.
<<Le belle parole non giustificano le tue azioni. Tu fotti i soldi a un'altra famiglia>>
<<Per una buona causa>> Puntualizzò di nuovo.
<<Quindi, se uccidi per una buona causa, hai ragione tu?>>
<<Non sono la stessa cosa Ines>>
<<È questione di principio>>
<<Senti>> Inizio la frase deciso.
<<A me non interessa che tu capisca, mi serve solo che tu non ...>>
<<¿Qué están haciendo chico?>> Irruppe Ramòn nervoso dall'uscio della porta della cucina.
<<Venimos, un momento Ramòn>> Rispondemmo all'unisono. 
<<È importante che tu non dica niente a nessuno, d'accordo?>> Mi bisbigliò, quando fu sicuro che nessuno lo potesse sentire.
<<Non posso promettertelo>>
<<Tu non capisci Ines>> Scosse la testa.
<<Capisco che sei solo assetato di soldi facili. Mi fai schifo!>> Lo strattonai lasciandolo da solo.
Come poteva credere che io potessi assecondarlo?
<<Sei in ritardo>> Mi riprese puntuale mio padre quando entrai in cucina.
<<C'era traffico>> Mi giustificai senza nemmeno guardarlo in faccia.
<<Cosa hai fatto in faccia?>> Mi chiese mentre mi scostava dal volto, il ciuffo di capelli che copriva volontariamente la pelle scurita dal correttore.
<<Non sono affari tuoi>> Risposi acida.
<<Ines!>>
<<Che vuoi?>>
<<Non mi rispondere così, hai capito?>>
<<A te interessa solo che io arrivi al lavoro in orario, giusto?>>
<<Ti sbagli>>
<<Vedi che sbaglio sempre! Lo so che non sono la tua  preferita, ma almeno abbi la decenza di farmi credere che io lo sia!>> Alzai la voce un po' troppo e la gente seduta ai tavoli cominciò a fare, gradualmente, silenzio.
<<Ines ascoltami... >>
<<No ascoltami tu! Ok, non farò due lavori come fa Raul, non sarò brava come Raul! E sai perchè? Perchè non sono Raul!>> Le mie parole erano ormai il teatrino di tutti e io ero sull'orlo di una crisi nervosa.
<<Ma sai cosa fa il tuo adorato figlio?>> Mi guardai attorno e non ci fu nessuno che non stesse osservando la mia scenetta: vecchi, bambini, adulti, tutti mi guardavano con gli occhi sgranati, ansiosi di scoprire cosa avrei detto dopo.
<<Tuo figlio...>> Iniziai la frase sicura.

Vai Ines, dillo ti liberai di un grosso peso. Parla, tu sei brava, Raul no.

<<Tuo figlio è...>> Ma ci fu qualcosa che non mi fece andare avanti nel mio discorso.

"siate sempre complici e mai nemici"

<<Tuo figlio è meglio di me>> Finii la frase guardando per terra, non ebbi il coraggio di guardare in faccia nessuno.
Ero schiava del segreto di qualcun altro. Lasciai il locale imbarazzata.

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