6

122 27 9
                                    

La camera di Sean era piccola e piena di cianfrusaglie, ma era abbastanza ordinata.

In fondo, accanto a una finestra con le tende scure, c'era il suo letto affiancato da un comò con sopra gli appunti dell'università. Sull'altro lato della stanza si trovavano pile di libri, quaderni e cd disposte su varie mensole, una sopra l'altra. Sean le oltrepassò per aprire un vecchio e semplice armadio che completava l'arredamento.

«Mettiti pure sul letto» mi disse «io preferisco mettermi qualcosa di più comodo di questa camicia prima di sdraiarmi».

«Cosa?!» esclamai, inorridita. Forse mi stava passando l'effetto del vino, ma in quel momento non avevo intenzione di avvicinarmi al suo letto.

Lui mi fissò con aria seria per un istante.

«Preferisci stare lì in piedi? Non ho nessuna sedia da darti, quindi puoi solo sederti sul mio letto».

«E tu che stai facendo?» chiesi mentre si svestiva.

Lui ridacchiò. «Sei preoccupata, eh?».

Mi sedetti nell'angolo in fondo al suo letto per dimostrargli che si sbagliava. Anche se un po' aveva ragione, perché io non volevo affrettare le cose tra noi due.

«Tranquilla, io mi sto solo cambiando» così dicendo mi diede le spalle per chinarsi a prendere una t-shirt ed io fui libera di ammirare la sua schiena muscolosa.

«Oh, cielo!» gridai all'improvviso.

«Che è successo?» chiese lui, visibilmente allarmato, giratosi di nuovo e guardando a destra e a sinistra per capire cosa mi avesse spaventata.

«Hai un tatuaggio!» continuai.

Lo avevo visto: alla base del collo, in mezzo alle spalle. Era nero e sembrava un cerchio.

«Ma che...» fece lui prima di scoppiare a ridere.

Poi fece due passi verso di me e mi si sedette accanto.

«Sei proprio buffa» commentò «La prima volta che ti ho vista ho pensato che fossi una ballerina per via della tua pettinatura e del tuo portamento. Ti ho trovata sexy, perciò ho chiesto a Jocelyn di distrarti mentre ti prendevo la borsa... cioè, non volevo rubartela, volevo solo avere modo di attaccare bottone».

«Tu... la borsetta? Jocelyn?» ripetei in modo sconnesso.

«Sì, lei lavora in quel ristorante quando non ha lezione. Io ero venuto lì, perché mi aveva chiesto di portarle una cosa che aveva dimenticato... fatto sta che, quando ti ho rivolto la parola, mi sei sembrata così buffa».

"Grazie" pensai con sarcasmo.

«Lo dico in senso positivo» precisò lui «ma adesso dimmi, cosa c'è che non va con il mio tatuaggio?».

Lo guardai come se fosse impossibile che non lo avesse capito.

«È nero... sulla tua pelle!».

«Lo so» rispose lui alzando un sopracciglio.

«Perché te lo sei fatto?».

Lui esitò un momento e chiuse gli occhi prima di iniziare a parlare.

«Da ragazzino, quando vivevo a Rockland, facevo parte di una banda di strada. Eravamo sei teste calde, stavamo sempre assieme e facevamo, be', i duri. Con loro ho fumato la prima sigaretta, avuto la prima sbronza... e anche fatto il primo tatuaggio».

«Ne hai altri?».

«No, ma può darsi che un giorno ne farò un altro».

«Me lo fai vedere meglio?» gli chiesi.

PerlaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora