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Il giorno dopo io e Sean passeggiavamo mano nella mano a Deering Oaks Park.

Me lo aveva proposto quando, quel mattino, gli avevo detto che preferivo non fermarmi a colazione e tornare subito a casa mia.

La verità era che mi ero svegliata pensando al disegno con il serpente che si mordeva la coda e avevo bisogno di un bagno caldo, in tranquillità, per riflettere su cosa potesse significare. Mi sembrava ovvio che non potesse essere una coincidenza il fatto che Sean aveva lo stesso serpente tatuato sulla schiena e trovavo la cosa molto inquietante.

Mi chiedevo chi avesse lanciato il sasso in soggiorno, quale fosse il vero messaggio che lo accompagnava e se Sean lo sapesse. In tal caso mi nascondeva qualcosa e, allora, volevo sapere perché, dato che stavamo diventando piuttosto intimi.

Se era per paura, se si era cacciato nei guai o qualcuno lo minacciava, volevo saperlo. E quello che iniziavo a provare per lui, non faceva che aumentare la mia preoccupazione.

Alle mie sorelle non accennai niente di tutto ciò.

Si svegliarono entrambe quando io ero già rientrata ed omisi accuratamente di raccontare loro a che ora ero tornata e cosa avevo fatto la sera prima. Non dissi ad Elisabetta che avevo rivisto Sean, perché, prima di raccontare a lei e Gemma che lo stavo frequentando, volevo conoscerlo meglio anch'io.

«Toglimi una curiosità» gli dissi a un certo punto «come sei passato da bulletto a coscienzioso studente di legge?».

«E chi dice che sono coscienzioso?» mi chiese di rimando.

«Ho visto tutti quei libri e quegli appunti nella tua camera...».

«C'è un sacco di roba da studiare se voglio diventare avvocato» spiegò «Finite alle superiori ho dovuto mettere la testa a posto, in un certo senso, però alle feste ci vado comunque con Emmett. Non studio tutto il tempo».

«E quando eri a Rockland cosa facevi, invece?».

«Niente di importante» tagliò corto.

La strada che avevo in mente di percorrere per arrivare a scoprire qualcosa sul suo passato mi era stata sbarrata davanti. Pensai che dovevo fargli più domande se il mio obiettivo era indagare sull'identità di chi aveva lasciato il messaggio per lui, ma non volevo nemmeno insistere troppo.

Mentre guardavo una panchina ancora ricoperta dalle gocce di pioggia cadute la notte prima e pensavo a come uno studente del college poteva essersi fatto dei nemici, fu Sean a farmi una domanda.

«Perché volevi andartene ieri sera? Dominic mi ha detto che ti ha incontrata sul punto di uscire».

Colta alla sprovvista, il mio primo pensiero fu che doveva esserci rimasto male a sapere che me ne sarei andata di nascosto se non avessi incontrato Dominic. Poi cercai di spiegare sinceramente il mio punto di vista.

«Ci conosciamo da poco più di ventiquattro ore, mi sembrava steano rimanere a casa tua tutta la notte».

«È stato strano?».

«No...» ammisi. Mi era piaciuto molto e, se non fosse stato per il senso di pericolo che provavo pensando a Sean, avrei detto che era stato tutto perfetto.

«Bene, perché ieri ero sincero. Mi piace quello che c'è tra noi e non voglio perderti».

«Sono qui, Sean, anch'io voglio stare con te».

Lui si fece serio, smise di camminare e mi cinse in vita per tirarmi a sé. A quel punto mi diede un bacio intenso ed io dimenticai tutte le cose che mi angosciavano. Gli misi le braccia attorno al collo e mi premetti contro di lui, trasportata dal suo desiderio.

Per fortuna, quel giorno al parco non c'era molta gente. I grossi nuvoloni grigi che ancora coprivano il cielo erano un gran deterrente, così noi due non rischiavamo di dare spettacolo.

Quando le nostre labbra si staccarono sentii come un vuoto nel petto e mi affrettai a riprendere Sean per mano mentre continuavamo la passeggiata.

«E non pensi mai a tornare in Europa?» mi chiese riprendendo il discorso da dove eravamo rimasti.

«No, qui ormai ho tutta la mia vita... tu, invece, te ne andrai dopo la laurea?».

«Per andare dove?».

«A Rockland, immagino».

«No, non c'è niente là da cui vorrei tornare».

«Che vuoi dire?» insistetti.

«Ho dei brutti ricordi dell'ultimo periodo in cui ho vissuto lì e con gli amici che avevo ho chiuso».

«Perché? Avete litigato?».

«Sì».

Ancora una volta tacque. Ma quello che aveva detto mi suggeriva che probabilmente l'autore del disegno era davvero qualcuno del suo passato. Uno di quei teppisti di strada che era con lui quando si era fatto il tatuaggio poteva essere diventato un vero criminale e perseguitare Sean per chissà quale conto in sospeso.

«Sei silenziosa questo pomeriggio» commentò, distogliendomi dai miei ragionamenti «Hai l'aria distratta».

«È solo che ho ripensato a quel sasso che ha rotto la finestra... tu non hai idea di chi potrebbe essere stato?».

«Ti ho detto di non pensarci, lo vedi che ti fa agitare? Scommetto che è stato uno stupido scherzo».

«Se lo dici tu...» sospirai e cambiai argomento «Hai visto Emmett oggi? Ti ha raccontato se si è divertito alla festa?».

«Sì, è tornato che puzzava ancora di alcol e di fumo. Era una festa come le altre, quindi non gli ho fatto domande».

«Spero che non si riduca così tutte le volte».

«No, di solito guida, quindi non beve».

«Sei tu quello che è libero di ubriacarsi, allora?» chiesi, sorpresa.

«Sì, ma non bevo così tanto» e mi fece l'occhiolino.

Mi misi a ridere.

«Domani ti va di venire a casa mia?» propose.

«Agli altri non darà fastidio? Ero da voi anche ieri sera» e il pomeriggio.

«Ma loro non ti hanno neanche vista! E poi, Emmett non ha nulla in contrario se porto la mia ragazza, a Dominic piaci abbastanza e Jocelyn sarà contenta di non avere sempre e solo maschi in casa».

«A Jocelyn devo anche restituire i pantaloni...».

«Ecco, direi che è deciso».

Sorrisi e lo baciai, facendogli capire che accettavo l'invito.

Quando ci salutammo, rimanemmo d'accordo che sarei andata a pranzo da lui. Dopodiché lui tornò a casa a piedi ed io andai alla fermata dell'autobus più vicina.

Mentre aspettavo, ricevetti una telefonata.

Sapevo che non era Sean, perché ci eravamo scambiati i numeri e lo avevo salvato in memoria. Quello sul display, invece, non lo conoscevo.

Risposi, con il risultato che, come il giorno prima, dall'altra parte proveniva solo un rumore fastidioso e prolungato. Dopo qualche "pronto?" mi arresi e riattaccai.

Fino a quel momento avevo pensato che la telefonata del giorno prima fosse disturbata a causa del temporale, ma iniziavo a pensare che si trattasse di un problema sulla linea telefonica o di qualche malfunzionamento del cellulare. Se fosse successo ancora avrei dovuto trovare una soluzione o non sarei più stata in grado di ricevere telefonate.

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