Dolorosamente gli occhi azzurri di Steve si aprirono, la testa pulsava come se un martello pneumatico la stesse colpendo, ed il ronzio alle orecchie continuava a solleticargli i timpani.
Mosse debolmente le braccia, spostando le lenzuola, morbide e calde sotto di lui. Scrollò la testa a destra e a sinistra sul guanciale, fermandosi al contatto di una delicata stretta fra le sue dita. Chinò lo sguardo verso la sua mano e vide le nocche arrossate di Bucky avvinghiate al suo palmo; confuso, puntò i suoi gonfi occhi verso il viso scuro che si trovava difronte a lui.
«Oh Dio, finalmente ti sei svegliato.» sospirò rafforzando le stretta.
«Sei svenuto quando siamo arrivati a casa, tua madre ti ha medicato, per fortuna niente di rotto.» sorrise, facendo scomparire ogni scarica di dolore dal corpo di Steve, cambiando, però, radicalmente espressione:
«Cazzo, Steve, cosa ti è passato per quella tua testaccia?!» imprecò arrabbiato.
Il biondo restò sorpreso, non prendendo alla lettera quel tono di rimprovero.
«Modera il linguaggio, Buck.» rispose sarcasticamente.
«Non fare l'idiota! Potevano ammazzarti!» continuò arrabbiato.
«Ma non l'hanno fatto.» cercò di alzare un sopracciglio biondo, tagliato.
«Per l'amor di Dio, Steve! Non hai la testa spaccata perché ti ho salvato io!» Bucky si fece avanti, alzando la voce.
«Avrei potuto cavarmela anche da solo.» sbuffò svogliato.
«Certamente! Avresti fatto compagnia al cane!»
«Cosa vorresti dire?! Che non riesco a difendermi da solo?!» Steve si mise seduto, ignorando le braccia doloranti, offeso.
«Certo che no! Ma il tuo asma! Te! Non puoi permetterti di star male! Non puoi permetterti di lasciarmi!»
Un breve silenzio di rimorso ed imbarazzo inghiottì i due.
«Quindi ti preoccupi per me?» chiese dolcemente il minore.
«Si.» annuì seriamente lui.
«Buck, ho subìto angherie per tutta la vita, sono stato vittima di qualsiasi bullo, ma adesso basta. Non posso far vincere i cattivi, devo combattere.» la tremolante mano di Steve massaggiò le nocche bianche di James.
Di colpo, il polso del biondo venne afferrato e tirato al petto del maggiore. Il forte braccio di Bucky avvolse la fragile schiena di Steve, che si trovò con il viso attaccato al petto del compagno; riusciva a sentire il veloce battito del suo cuore, il fastidioso ronzio alle orecchie era stato scacciato via da quel regolare suono. Le sue mani erano poggiate sulla camicia del moro, gli occhi sgarrati dalla sorpresa e le labbra semichiuse respirando irregolarmente.
«Potrai affrontare e mandare al tappeto tutti i bulli che vorrai, ma sappi che dietro di te ci sarò sempre io a coprirti le spalle.» le carnose labbra di Bucky erano solleticate dai ciuffi biondi dei capelli di Rogers, che riusciva a sentire il suo respiro.
«Ti amo Stevie.» sussurrò amorevolmente il più grande, che continuò a stringere al suo petto il corpo di Steve.
«Anch'io Buck.» sospirò rassegnato; «Ma sento che siamo terribilmente sbagliati.» concluse lasciandosi cullare dal movimento del petto di Bucky, fissando un punto indistinto davanti a se.
«Non è vero, non voglio più sentirtelo dire. Se c'è qualcosa che ho imparato in questa breve vita di merda è che tutto ti distrugge, la paura, il dolore, la speranza, l'amore... Ma l'amore è anche la cosa che ti riporta in vita. Noi due non potremo mai essere sbagliati, voglio che tu te lo ficchi per bene in quella testolina bionda.» disse amorevolmente, mentre allontanava Steve pochi centimetri da lui e gli massaggiava i capelli. Le dita di James che sfioravano il suo collo lo fecero rabbrividire, lasciandosi scappare uno dei sorrisi più naturali e dolci che tutta Brooklyn avesse mai visto.
«Secondo te come sta quel povero cane?» chiese Steve piegando lievemente il capo.
«Di sicuro sarà ridotto come te...che ne dici di andarlo a cercare?» propose Buck, cercando di rianimare quel ragazzino malconcio fra le sue braccia.
«Sul serio?» domandò lui sorpreso.
«Certo! Sempre che tu riesca ad alzarti.» lo provocò spiritosamente alzando un sopracciglio.
Il povero malcapitato si fiondò giù dal letto, scattando in piedi senza far passare troppo all'occhio i suoi mugugni di dolore mascherati da falsi sorrisi. Fu in quel momento che Bucky capì; capì quanto straordinariamente forte fosse la persona che amava, quanta determinazione ci fosse in quel ragazzo così diverso, così fragile, ma allo stesso tempo così ostinato. Non era lui l'eroe, non erano i personaggi dei fumetti, il vero eroe era solamente Steve, colui che anche con il mondo contro, riusciva a saltare in piedi e correre fuori come se nulla fosse.«Dovrebbe essere qui!» la voce squillante del biondo riportò al presente Bucky, distratto dai suoi pensieri e dal magro ragazzo zoppicante che camminava difronte a lui.
Barnes fece due passi avanti al compagno, sporgendosi nel vicolo umidiccio poggiando una mano alla parete. Fischiò per cercare di richiamare l'attenzione di quell'animale scomparso, dato che nessuno zampettìo o ululato strozzato li guidava nella direzione giusta.
Uno scatolone bagnato si mosse contro il bidone bronzato sporco di liquame, facendo avanzare uno scheletrico cane color miele, tozzo e sporco, con la coda fra le gambe.
Steve si inginocchiò, richiamando il cane con la mano. Intimorito, il quadrupede umidiccio si avvicinò sufficientemente a loro per farsi prendere in braccio e portare fuori da quel buco puzzolente.
Steve fece per sedersi sul marciapiede, quando la mano di Bucky gli prese il braccio: «Voglio portarti nel posto segreto di cui ti avevo parlato.» sorrise, iniziando a camminare.
Il sole del tardo pomeriggio sarebbe calato fra poche ore, lasciando spazio alla notte; «Se riesci a camminare possiamo...» la frase venne interrotta dalla voce autoritaria e gentile di Steve, che lo precedette: «Certo, andiamo!»
Camminarono per alcuni minuti, lontano dalla città, appena fuori dagli ingorghi stradali, laddove erano costruite le poche case di campagna in mezzo alla natura, non ancora contaminata dall'asfalto.
Il respiro di Steve si stava facendo corto, aveva lasciato proseguire da solo il cane già molti metri prima, era incredibile quanto potesse pesare quel sacco di pulci denutrito, che inseguiva i due ragazzi abbaiando gioiosamente.
Buck condusse Steve in alto, sopra un groviglio di pietre ed erba; finalmente il moro si fermò, lasciando ammirare al compagno il panorama: lo aveva portato in una piccola collina, ricca di spighe di grano appena cresciute, con il vento fresco e piacevole che faceva danzare quel mare dorato, da quella prospettiva si riusciva a distinguere benissimo Brooklyn ed il tramonto che si perdeva fra la vasta campagna.
I due si sedettero sul grano, che pizzicava leggermente le caviglie, con il cane che stava al centro, fra le loro gambe.
«Come lo chiamiamo?» domandò Steve accarezzando le orecchie sporche dell'animale.
«Lucky?» propose lui.
Steve rise, coprendo la punta del naso con il polso, e disse: «Troppo scontato, Buck! Qualcosa di originale, come...»
Il tono squillante di Bucky lo fece risaltare: «Come Stuar!»
Steve restò sorpreso, era davvero un bel nome per un cane; «Hai ragione! È perfetto!»
«Allora è deciso! Stuart?» chiese ridendo Buck.
«Stuart!» confermò il biondo grattando il collo di Stuart, che alitò esausto, ma apparentemente entusiasta.
Il tramonto stava calando, il sipario si era aperto lasciando entrare in scena uno spettacolo di colori fra il giallo, l'arancione, il lilla e un pizzico di azzurro, che si mescolava negli occhi smeraldo dei ragazzi.
«Sai qual è il mio colore preferito?» domandò scherzosamente Bucky.
«Certo, il blu.» la risposta di Steve venne scartata, quando il minore si accorse che James aveva scosso il capo con un sorrisetto compiaciuto.
«Mi avevi detto che era il blu! Allora qual'è?» continuò lui curioso, girando il busto verso l'amico, che continuò a guardare il sole in lontananza, con gli occhi semichiusi.
«Il giallo.»
«Il giallo?» domandò confuso lui.
«Si, perché vedo il giallo ovunque; lo vedo nel sole, nelle spighe di grano, nelle locandine dei negozi, negli impermeabili dei bambini in inverno, nelle trottole di legno... Il colore giallo lo vedo tutti i giorni quando apro gli occhi e mi trovo il tuo ciuffo chiaro accanto, e rimango lì, a fissarlo, e a sfiorarlo ogni tanto, per imitare il minuzioso gesto che fai per sistemarlo.»
Il cuore di Steve iniziò a battere forte quando gli occhi verdi di Bucky si bloccarono fissi su di lui, e le sue guance ribollirono di un colore rosso porpora.
«Sei davvero bravo con le parole, Buck.» sdrammatizzò imbarazzato lui, memorizzando senza problemi ogni meravigliosa parola che il moro gli aveva detto.
«Tu sei bravo con il disegno, io provo a cavarmela con le parole...» scrollò le spalle sarcastico.
«Ci tieni davvero a me, Bucky?» chiese Steve bisognoso.
«Darei la mia vita per te, Steve.»
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Brooklyn ||Stucky|| ✔
FanfictionErano giovani, erano spaventati, erano ridicoli, erano avventati, erano sbagliati, ma avevano ragione. Prima che i fantasmi di Bucky lo trasformassero nel soldato d'inverno, prima che Steve diventasse Captain America, i due ragazzini di Brooklyn nas...