Peggy si era in qualche modo convinta di aiutare Steve nella sua missione di salvataggio.
Lo aveva chiesto ad Howard Stark, che era riuscito a raggiungerli con un aereo, quale la destinazione era il campo nemico in cui i dispersi erano tenuti prigionieri.
Il cuore di Steve non smetteva di sussultare, le mani sudate sotto i guanti, e l'elmetto lo soffocava. Non aveva paura di affrontare il nemico, di poter rimanere ferito o peggio, aveva il terrore di ciò che lo aspettava.
Bucky era ancora vivo? Cosa gli avevano fatto? Stava bene? Più si tormentava con certe domande, più l'ansia saliva, e gli urlava di fare in fretta, di non perdere altro tempo.
Come avrebbe fatto senza di lui? Anche quando non aveva niente aveva Bucky, perderlo sarebbe stato il dolore più grande della sua vita, qualcosa che non sarebbe riuscito mai a sopportare.
Lasciò gli altri, dirigendosi a passo sicuro verso la base nemica.
Con audacia e forza, che solamente un ottimo soldato avrebbe potuto possedere, il capitano Rogers riuscì ad infiltrarsi all'interno della struttura, liberando tutti i dispersi del centosettesimo, accorgendosi senza problemi, che il suo Bucky non era con loro.
Il terrore si risvegliò, per un attimo l'entusiasmo e la speranza avevano illuso il biondo.
Abbandonò gli altri, non aveva bisogno di aiuto per ritrovarlo, doveva agire in fretta, niente zavorre fra i piedi. Solamente lui.
Entrò in una stanza, un piccolo tavolo operatorio al centro, ed un uomo legato su di esso, apparentemente privo di sensi.
Lo avrebbe riconosciuto ovunque.
Si avvicinò di fretta verso di lui, toccandolo, scoprendo con sollievo che Bucky reagiva, si stava come svegliando da un sonno pesante.
Lo liberò da quelle corde di cuoio, facendosi squadrare dalla testa ai piedi dal maggiore sul tavolo, che aggrottò la fronte confuso ed ancora scosso, affermando con un filo di voce:
«Tu sei...» bisbigliò il moro; riconobbe quei lineamenti, quegli occhi, quei capelli chiari che scappavano dall'elmetto. Ma non riusciva a collegare quel corpo alto e massiccio al suo Steve.
Possibile che gli esperimenti fatti su di lui gli facessero avere delle allucinazioni?
«Sono io. Sono Steve.» gli disse Rogers, mettendosi difronte a lui, rispondendogli affannosamente e terrorizzato, con un lieve sorriso.
«Steve.» la voce di Bucky era infinitamente dolce, forse trattenere per così tanto tempo quel nome nella sua mente gli aveva fatto perdere la lucidità.
Era come un sogno, lo aveva desiderato così tanto. Era vivo, era insieme a lui. Era Steve.
Cap continuò a scrollarlo con dolcezza, per assicurarsi che restasse sveglio, per non avere timore di poterlo perdere, di toccarlo con mano per non rischiare di farlo svanire come nei suoi sogni.
Lo mise seduto, d'istinto, accarezzandogli il viso ruvido da una barba incolta, massaggiando con il pollice la morbida guancia di Buck.
Gli era mancato così tanto, toccarlo, sentirlo respirare. Gli era mancato davvero troppo.
«Steve.» Bucky continuò a ripetere il suo nome con il tono infantile, come se fosse sotto l'effetto di qualche droga, con gli occhi incollati sul sorriso dolce del biondo.
«Credevo fossi morto.» gli disse Steve. Sentì il nodo alla gola scendere giù, finalmente il capitano riuscì a respirare, lo aveva trovato, lo aveva finalmente fra le sue braccia.
«Credevo fossi più piccolo.» rispose il moro, più confuso di quanto non potesse già esserlo, guardano il petto ampio dell'uomo difronte a se, preoccupato dalla fine tremenda che avesse fatto il suo soldatino.
Steve lo prese sotto braccio, riuscendo a metterlo in piedi. James era ancora debole, ma sentire quel calore introno al suo corpo, quel calore così forte, a cui non era per niente abituato, gli diede la forza di trascinare i piedi sul pavimento, e scappare da quell'inferno.
«Cosa ti è successo?» domandò James cercando di essere serio e autoritario, sinceramente infuriato con Steve, che stringeva forte le costole del povero malcapitato che continuava a trascinarsi, aggrappato con forza alla sua spalla.
Il forte petto di Bucky, che in confronto a quello di Steve sembrava quello di un ragazzino, era dolcemente premuto dalla mano del biondo, che ricordò il punto esatto in cui le costole del ragazzaccio si ammaccarono nella vertiginosa caduta dalla collina.
Tenerezza e calore. Entrambi provarono quelle sensazioni, come se fossero collegati da un filo invisibile.
«Mi sono arruolato.» rispose Steve.
«Ti ha fatto male?» fra tutte le domande che gli avrebbe potuto fare, quella fu la prima che aveva stuzzicato la mente del serpente. Il corridoio buio e polveroso sembrava essere finito, ma il concetto di distanza di Bucky non era ancora molto attivo, una parte di lui gli implorava di stendersi in terra e dormire.
«Un pochino.» continuò Rogers.
«Ed è permanente?» chiese ancora Barnes. Si domandò come avrebbero fatto a vivere in quel modo. O meglio, Bucky avrebbe trovato difficoltà ad abituarsi a quell'armadio che in verità era Steve. Lui si era innamorato del bambino perso a Brooklyn, vedere quel radicale cambiamento lo terrorizzava.
«Sembra.» sbottò il biondo.
Di scatto il moro si fermò, anche se tutto il lavoro era fatto da Steve, il minore percepì la sua rigidità e gli diede tregua.
Bucky si reggeva in piedi, per qualche aiuto divino, ce la faceva, con la schiena curva e le ginocchia flesse.
«Stai bene?» domandò preoccupato accarezzandogli le spalle.
Gli occhi di James erano fissi verso di lui, carichi di rabbia e ostinazione.
«Dobbiamo muoverci Buck, coraggio.» disse ancora Rogers, voltando la testa verso un rumore proveniente da fuori.
Bucky lo strattonò verso di se per il colletto della giacca, con l'ultimo cumulo aggrovigliato di forze che gli erano rimaste, premendo il viso di Steve sul suo, in un bacio stanco.
Strizzarono gli occhi entrambi, quel contatto gli era mancato davvero troppo, era quasi strano.
Steve si poggiò la fronte su quella del moro, che tenne le dita strette sulla pelle della sua giacca. Gli occhi chiari del capitano erano bassi, e guadavano le labbra semichiuse ed ansimanti di Bucky.
«Brutto coglione, non avresti dovuto farlo.» sussurrò il sergente, arrabbiato.
«L'ho fatto per te. Mi sei mancato da morire.» disse il biondo, allungando le mani sul viso del maggiore.
«Dio, sapessi quanto mi sei mancato tu.» James sorrise, facendo fare lo stesso a Steve, che lo riprese sotto braccio, e lo portò fuori.Sotto di loro un'esplosione aveva distrutto quasi tutto il cantiere. Steve fece andare avanti Bucky, che a fatica, mantenne l'equilibrio su una lastra di metallo, che cadde giù non appena arrivò nella parte opposta.
Si aggrappò alla ringhiera, guardando l'inferno sotto di lui, terrorizzato, scrollando la testa e dicendo a Steve dall'altra parte: «Ci sarà un modo per...»
Steve non gli fece finire nemmeno la frase, gesticolando e urlando: «Forza, va! Va via!»
«NO! NON TI LASCIO SOLO!» sbraitò James in risposta.
perderlo ancora? Quel pensiero non era nemmeno concepibile nella mente di Bucky, che sbattè le mani contro il corrimano, non muovendosi di un millimetro dalla sua posizione.
Steve si rese conto di avere torto, in fondo, neanche lui non avrebbe sopportato l'idea di perderlo ancora, di lasciarlo.
«Dannazione...» imprecò a bassa voce Steve, prendendo una breve rincorsa, con lo sguardo ostinato di Bucky addosso, come per rassicurarlo, e con quegli occhi di smeraldo addosso Steve fu certo che ce l'avrebbe fatta; saltò fra le fiamme, raggiungendolo.
Peggy avrebbe dovuto vederlo, aveva davvero camminato fra le fiamme, tecnicamente.Erano ritornati al campo, tutti i dispersi. Valorosi soldati guidati da Captain America che li aveva salvati dalla morte.
Steve guidava il gruppo, un sogno, finalmente realtà. Affiancato da Bucky, serio e impassibile.
Due eroi che si completavano. Alcuni iniziarono ad applaudire, e fu in quel momento che gli occhi del capitano si posarono sul sergente, ancora scosso, ma soprattutto stanco.
I loro sguardi si incrociarono per una frazione di secondo, ed un sorriso marchiò il viso di entrambi. Steve lo spinse piano con una mano, come per proteggerlo.
Bucky lo aveva fatto con lui per tutta la vita, adesso era arrivato il turno di Steve.
Presto vennero fermati dal gruppo di soldati, che li circondò per congratularsi con loro.
Steve Rogers era diventato un eroe.
Bucky, sembrò imbronciato, ma pur sempre fiero del suo ragazzo, felice in fondo per la felicità dell'altro, alzò la voce e disse:
«Hey! Un applauso per Captain America!»
Un telo di confusione e festeggiamenti li avvolse, Peggy era difronte al biondo, lo guardava con una particolare luce negli occhi.
Steve non fece per niente caso a lei, piuttosto, fissò Bucky con un sorriso compiaciuto e fiero.
In risposta lui, alzò le sopracciglia spiritosamente, rasserenando il minore che lo aveva visto pensieroso per tutto il tempo.
Ma quando gli occhi di Steve lo lasciarono libero, Bucky calò lo sguardo, stanco, arrabbiato, e deluso.
Sentiva di aver perso il suo Stevie.
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Brooklyn ||Stucky|| ✔
FanfictionErano giovani, erano spaventati, erano ridicoli, erano avventati, erano sbagliati, ma avevano ragione. Prima che i fantasmi di Bucky lo trasformassero nel soldato d'inverno, prima che Steve diventasse Captain America, i due ragazzini di Brooklyn nas...