"Sono esattamente ventuno giorni senza di te. Qui è dura, non lo nego, gli addestramenti estenuanti, le ore piccole di notte, e le mattinate sotto la pioggia e il sole, ma la cosa che mi pesa più di tutte è non poterti nominare.
Non sento pronunciare il tuo nome da ventuno giorni. E mi sento morire.
Qui non capirebbero, insomma, quale soldato parla del suo amico invece che pensare alle gambe di una bella signorina?
Sto al gioco, e ci riesco, dopo tutti questi anni, sai come sono bravo. Ma è più difficile di quanto pensi.
Non ti vedo da ventuno giorni.
Avevo già iniziato ad andare fuori di testa la prima settimana, ma più i giorni passano, e più ti ho marchiato a fuoco nella mente ogni volta che chiudo gli occhi.
Ci pensi che questo non è ancora nulla? Che della guerra, io non ho avuto nemmeno un piccolo assaggio?
Sono sicuro che tu saresti entusiasta, qui sono tutti degli spacconi, i tipi ideali con cui ameresti fronteggiarti fra cazzotti e spintoni.
Dopo ventuno giorni ho trovato qualcosa su cui scrivere. Prima stavo ore la notte a tormentarmi in mente prima di addormentarmi. Pensavo a te. Parlavo con te.
Anche adesso non ho perso il brutto vizio di sprecare le poche ore di sonno che mi sono concesse per parlarti, ma la carta è poca, e scrivere è un modo troppo lento, non riesco mai a scrivere tutte le parole che mi sfrecciano in mente pensando a te.
Il sergente di grado superiore ha deciso di premiarmi, mi ha dato l'opportunità di scegliere fra guidare i miei compagni durante la prima missione, o riprendere i miei oggetti personali.
Sai cosa ho scelto? Mi sembra abbastanza ovvio, la seconda opzione è la più sensata;
Ho portato con me un piccolo taccuino, perché sapevo che lo avrei usato per scriverti. Anche se queste parole del cazzo non verranno mai lette da nessuno, e magari strapperò queste pagine per non rischiare di essere scoperto da qualche faccia di merda che ficca il naso sempre negli affari degli altri, ma non mi importa.
Cazzo, non mi importa.
Mi manca tutto di te, da ventuno giorni.
Cristo, quel numero mi perseguita da ventiquattro ore, e pensare che diventerà sempre più alto.
Non riesco a pensare che, più le ore passano, più i giorni scorrono, più la distanza fra me e te aumenta sempre, ed è come se fossimo dalla parte opposta del mondo, ma io riesco a sentire la tua anima accanto alla mia.
Sono ufficialmente impazzito.
Qui pensano che ad un certo punto una persona può stare nel tuo cuore, ma non nella tua vita. Continuano a ripeterselo perché probabilmente sanno che questa guerra non gli restituirà mai nulla, la loro vecchia vita, la loro felicità. Ma io ho speranza.
Penso ai tuoi occhi, ed ho speranza.
Perché ti amo come si amano i tramonti, come quelli che guardavamo sulla collina delle spighe di grano; in silenzio e da lontano.
Ma poi penso a cosa pensi tu. Un fottuto casino, non è vero? Troppi poi e troppi pensieri.
Ci vuole davvero tanto coraggio ad aspettare una persona che non tornerà mai. Io voglio tornare da te, voglio convincermi che questa sia una certezza, ma la realtà è diversa. Troppo incerta.
Forse dovresti rifarti una vita. Cercare un lavoro migliore, trovarti nuovi amici, mettere un bel gruzzoletto da parte, viaggiare, realizzare i tuoi progetti, e poi chissà, magari trovare un nuovo amore.
Sono sicuro che ci siano anche altri come noi, andiamo. Non possiamo essere gli unici strani.
Ho davvero poco tempo per riflettere qui, e la stanchezza mi priva dei miei momenti di riposo, se così può chiamarsi, ma adoro scervellarmi, pensare.
Adesso so cosa aggiungere a questi ventuno giorni: i pensieri.
Credo di essere il disagio in persona!
Penso che, magari, quelli normali siamo noi, mentre tutte le altre coppiette smielate sono i veri diversi.
Quelli contro natura.
Già, è così che ci chiamano qui.
Certe volte parlano di persone come noi, usando il tuo soprannome, 'punk', oppure 'finocchio'; da quando siamo degli ortaggi?! Non credo di somigliare così tanto ad una verdura...
Io lo so che potrei non rivederti mai più. Ma ti aspetto comunque.
Non si sa mai.
Ormai è una dipendenza, la notte penso solo a te. Come le sigarette.
Mi dispiace, ti prego non arrabbiarti, ma qui hanno il tabacco, e quando ne ho l'occasione faccio un tiro una volta ogni tanto.
Dovresti aspettartelo, non biasimarmi, sei tu la mia droga preferita, senza di te sono in astinenza. Devo trovare un'alternativa in qualche modo.
Ventuno giorni.
Ho il terrore che qualcuno possa portarti via da me definitivamente. Quello che trascuri prima o poi diventa di qualcun altro, e non so se questo possa accadere davvero.
Non voglio perderti.
Non posso.
Sono i piccoli ricordi che durano per sempre. E noi ne abbiamo così tanti da poter vivere fino all'eternità.
Noi due immortali, per sempre, mentre il mondo cade a pezzi, e tutti muoiono, rimaniamo soli. Due leggende, due anime libere.
Stanotte, mente cercherò di chiudere gli occhi in pace, e ti vedrò sorridere nei miei sogni, ti urlerò di fermare tutto e restare con me.
Magari funziona.
Domani sono ventidue giorni.
E non sono nemmeno sicuro che sarà così facile. Sono quasi arrivato, oggi si inizia a combattere, soldato.
Oggi inizia la mia guerra.
Coraggio, sono consapevole di essere stato troppo sdolcinato e romantico, cercherò di ritornare il Bucky di prima:
Mirate con quelle fottute armi e fate fuoco, razza di facce di merda!
Scusa per il linguaggio punk, ma qui apprezzano il mio vocabolario."Bucky chiuse in fretta il piccolo quadernino con la fonderia in pelle, schiacciando le pagine gialle e calcate dalla sua mano pesante, infilando in fretta e furia quel rettangolo ammaccato nella tasca della sua giacca assieme alla penna, sussultante nello stringere con sicurezza la sua arma.
L'aereo atterrò, il rumore del motore finalmente si attenuò, dando tregua alle orecchie dei soldati che erano stati in silenzio per tutto il viaggio.
Lo sportello si aprì, James prese un ultimo respiro, assaporò quel silenzio un ultimo istante, e poi il rimbombo degli spari, delle urla, e delle esplosioni riempì il suo cervello.
Stava correndo.
Stava uccidendo.
Stava combattendo.
Ancora ventuno giorni.
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Brooklyn ||Stucky|| ✔
FanfictionErano giovani, erano spaventati, erano ridicoli, erano avventati, erano sbagliati, ma avevano ragione. Prima che i fantasmi di Bucky lo trasformassero nel soldato d'inverno, prima che Steve diventasse Captain America, i due ragazzini di Brooklyn nas...