Chapter 5.

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Lexa non chiede mai riguardo alle macchie di colore sulla sua pelle.

Gira le mani di Clarke tra le sue e traccia le sagome nere, blu e verdi con le dita, ma non fa mai domande riguardo alla loro origine. Clarke si chiede se sappia che cosa lei abbia fatto fino a quel momento – se abbia qualcuno che la segue quando lascia il palazzo di stato. In tutto il suo tormento, non si è mai curata di controllare.

Ma quando Clarke passa davanti a Lexa nella via di ritorno per la sua stanza con le mani coperte di rosso, subito sente dei passi seguirla alle spalle. Fa baluginare un guizzo di calore sotto il suo sterno e aumenta il passo così da poter aumentare la preoccupazione del comandante.

"Non è sangue," dice Clarke una volta che Lexa ha chiuso la porta della sua stanza dietro di loro.

"Lo so che non è sangue." Lexa quasi sputa fuori le parole e Clarke sussulta. "Ma ci sono alcuni che non hanno un occhio così attento, Clarke. Voci false sono iniziate anche per molto meno."

"Di che cosa stai parlando?" si acciglia Clarke, scossa dalla rabbia di Lexa. "Qualcuno che va in giro con del sangue sulle sue mani non può essere un evento raro qui, senza offesa. Inoltre, la tua gente rispetta l'essere spietati. In che modo una voce del genere potrebbe essere dannosa?"

Le mani di Lexa si stringono in due pugni e guarda il soffitto, prendendo un respiro profondo.

"Credimi, coloro che sostengono che tu sia una spia potrebbero trasformare delle dita sporche in un omicidio entro il calar della notte."

Lexa fa un passo verso di lei e Clarke indietreggia, sbattendo contro il letto. I suoi occhi vagano per il volto di Clarke e tutto ciò che trova fa ammorbidire i suoi stessi lineamenti. Lexa rilassa le dita e fa un altro passo avanti.

"Sto facendo tutto ciò che posso per convincere i miei oppositori che tu sei qui solo per riposare," dice a bassa voce, spostandosi ancora più vicina. "Ma una disattenzione come questa," afferra una delle mani di Clarke coperta di pittura tra le sue, "potrebbe essere la miccia che usano per accendere la polveriera. Una volta che accade, come sai, ho le mani legate."

Clarke incontra gli occhi di Lexa e realizza che sono stati colmi di paura, non rabbia, per tutto il tempo.

"Jus drein, jus daun," sussurra. Lexa stringe le sue dita e annuisce. "Mi dispiace – Io non stavo pensando. Sarò più attenta."

"Sarebbe meglio se tu restassi nei dintorni per qualche giorno," dice Lexa. "Così potremo essere sicuri che non vi sia alcuna minaccia."

Lexa stringe la mano di Clarke di nuovo e si volta per andarsene. Clarke la chiama a voce alta proprio quando lei raggiunge la maniglia della porta e si ferma, ma non si volta.

"La mia presenza qui... ti sto mettendo in pericolo, Lexa?"

Lexa lascia uscire una risata silenziosa. "Non più del solito, Clarke."

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Ci vogliono quattro giorni affinché Dinah strofini via tutta la pittura rossa dalla pelle di Clarke.

Lei le dice che può lavarsi le mani da sola ma la donna insiste, e ormai ha imparato a non discutere. Tre volte al giorno Dinah immerge le mani di Clarke in un lavabo fatto di legno riempito con acqua e sapone e le strofina con forza con un panno ruvido.

A volte siedono in un lieto silenzio, ma molto spesso Dinah mormora delle voci che sente in giro in un tono così basso e rassicurante che Clarke si ritrova ad ascoltare più la cadenza della sua voce che il contenuto delle storie. Le ci vogliono due giorni per realizzare che alcune delle informazioni che Dinah condivide non sono affatto pettegolezzi che ha sentito alla fonte – sono informazioni privilegiate che qualcuno al di fuori della ristretta cerchia del comandante non saprebbe.

Clarke presta maggiore attenzione dopo quello. Non vuole più essere una leader, ma quegli scorci di realtà l'aiutano a restare ancorata al terreno. Ed è bello sentire le parole di Lexa, anche se pronunciate da un'altra bocca.

Non appena la sua pelle è pulita, va al mercato e baratta un paio di calze foderate di pelliccia per una scala, un pennello e un secchio di calce. Entro il calar della notte, il suo muro delle confessioni è sparito.

Sebbene non sia sparito davvero – anche se nessuno può vederle, lei sa che esistono ancora sotto un sottile strato di pittura, come un altro tipo di crosta.

Clarke siede sulla cassa rovesciata e fissa il muro mentre l'oscurità cade attorno a lei. Poi realizza che non vuole dipingere sopra il passato, nemmeno sulle atrocità che ha commesso. Deve lasciare un segno duraturo – deve significare qualcosa, deve aver contato qualcosa.

Qualcosa di buono deve derivare da esso. Clarke si alza e calcia la cassa con frustrazione perché non ha nessuna fottuta idea di dove cominciare.

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La prima nevicata della stagione li colpisce qualche giorno dopo.

Clarke passa la mattinata avvolta nelle coperte con la faccia pressata contro la finestra accanto al suo letto, incapace di distogliere lo sguardo dai fiocchi bianchi che vorticano verso il suolo. Non è affatto come sembrava nei film.

Si chiede che sapore avrebbe la neve sulla sua lingua.

Bussano alla porta.

"Entra, Dinah," dice, mentre ancora guarda fuori dalla finestra e la porta si apre. "Non c'è bisogno di bussare, lo sai."

"Clarke, sono io."

Si volta trovando Lexa in piedi sull'uscio che regge un paio di goffi stivali ricoperti di pelliccia. Clarke solleva la mano in un vano tentativo di nascondere il sorriso che si distende sul suo viso. Lexa sorride anche, per un secondo, prima di premere le labbra insieme e fissare il pavimento.

"Sembri tutta infagottata," dice Clarke, prendendo nota del suo del suo cappotto e cappello di pelliccia. "Dove stai andando?"

"Beh," Lexa si schiarisce la gola." la neve è per lo più un fastidio per noi, ma ho sentito che coloro che non sono abituati la trovano... incantevole."

Clarke non prova nemmeno a nascondere il suo sorriso questa volta. "Mi stai invitando ad uscire nella neve?"

Lexa annuisce. "Se lo desideri."

"Assolutamente! Lasciami solo vestire molto velocemente."

Clarke sposta le coperte e scende dal letto, rabbrividendo nel momento in cui l'aria fredda colpisce la sua pelle. Ha continuato a vestirsi con ciò che Lexa le ha dato per settimane, ma non ha mai capito quali vestiti, se ce n'erano alcuni, fungessero da pigiama, così ha continuato a dormire in una maglietta oversize dell'Arca.

Mentre si china a raccogliere i pantaloni del giorno prima dal pavimento, sente cadere sui mattoni con un tonfo gli stivali che Lexa stava tenendo in mano. Clarke solleva lo sguardo fino a vedere Lexa che fissa con determinazione qualche parte a sinistra.

"Non mi sono resa conto che tu non fossi vestita," il comandante dice verso il muro. "Ti aspetto fuori."


Mentre si gira per andarsene, Clarke intravede due guance arrossate.  

Love on the Ground [Clexa]Where stories live. Discover now