capitolo 3.

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Da quando sono entrata in casa non riesco a smettere di pensare al modo in cui mi ha presa in giro.
Non ho i denti così grandi! E tante ragazze hanno l'apparecchio, ma questo non le fa sembrare castori.

Vado in bagno e mi metto a fissare il mio riflesso allo specchio finché non perdo la concentrazione e diventa sfocato.
Mi rendo conto che forse i miei denti sono un po' sporgenti. E in generale non ho un aspetto fantastico, con le occhiaie gonfie, i capelli crespi e quei brufoli che mi sono spuntati sul mento negli ultimi giorni.

Forse quel ragazzo aveva ragione.
Forse sono davvero simile a un castoro.

Mi chiudo in camera e mi accascio sul letto, giù di morale a causa di questi nuovi pensieri.

Decido di mettermi a fare i compiti per distrarmi.

Non appena mi siedo davanti alla scrivania sento un colpo secco alla finestra, e quando mi giro per vedere cosa possa essere stato vedo un'ombra sgusciare furtivamente dietro le tende.

Oddio, un ladro! E ora che faccio?

Mi accuccio dietro al letto così da poter tenere d'occhio i movimenti dell'intruso. Mi munisco della torcia di ferro che tengo sul comodino e resto in attesa, in totale silenzio.

Per qualche minuto non accade nulla, sento solo il mio cuore battere all'impazzata per il nervosismo e inizio a pensare di essermi immaginata tutto.

La risposta arriva poco dopo, quando la figura fa un passo verso il letto, accompagnato dal fruscio delle tende.

Cerco di rendermi più piccola possibile per non farmi vedere, ma lui continua ad avvicinarsi e se non agisco subito rischio di farmi cogliere di sorpresa.

Aspetto che sia abbastanza vicino e senza pensarci troppo mi alzo di scatto, gli lancio la pesante torcia sulla testa e gli mollo un calcio in mezzo alle gambe, per poi correre verso la porta.

Cerco di aprirla, ma sembra bloccata. Come è potuto succedere? La chiave sta sempre all'interno! Il ladro deve averla chiusa, ma... per quale motivo? Voleva rubare solo dalla mia camera ed evitare che entrasse qualcuno? Ma allora l'avrebbe chiusa dall'interno...

Troppe domande si susseguono nella mia testa e decido di aver ridotto quell'uomo abbastanza male da potergli parlare senza correre alcun pericolo.

Faccio un respiro profondo e mi volto verso di lui per vederlo stramazzato al suolo, mentre emette rantoli di dolore coprendosi con le mani il punto in cui l'ho colpito.

Indossa un passamontagna blu ed è tutto vestito con abiti aderenti. Più lo guardo e più mi sembra familiare.

Mi avvicino lentamente, fissandolo con sguardo duro.

«chi sei? E cosa ci fai in casa mia?»

Per tutta risposta lui emette un gemito e si contorce sul tappeto.

«se non mi rispondi ti arriva un altro calcio.»

Lui spalanca gli occhi per la paura e mi fa segno con le mani di aspettare qualche istante, mentre cerca di mettersi seduto.

Mi guarda, ansimante.

Ha gli occhi marrone scuro, e anche se non mi ricordo di averli mai visti prima, mi sembrano terribilmente familiari e mi incutono una sorta di agitazione.

«allora?» lo incito.

«s-sì, io... Io devo parlare c-con te» balbetta.

Quella voce. Io la conosco.
Però non riesco a collegarla a nessun volto.

«voglio sapere chi sei.» insisto.

«sai chi sono.»
D'un tratto mi viene un'intuizione.
Ma sì, come ho fatto a non capirlo!
Il colore dei suoi occhi mi ha confusa, ma non può che essere lui.

Gli sfilo il passamontagna e ne ricevo la conferma.

È lo stronzo di stamattina.

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