capitolo 15.

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Suono il campanello della villa di Tom e Kate.

Ho ancora il fiatone. Sono andata a casa a nascondere i soldi e poi sono venuta qui velocemente: non mi sento tranquilla a stare da sola dopo quello che è successo.

...Sei tu quella in pericolo...

Sono talmente in suggestione che per tutta la strada mi è parso di scorgere l'ombra di una figura enorme alle mie spalle ogni volta che mi voltavo, e di tanto in tanto qualche verso animalesco.

Ma è tutto frutto della mia mente, vero?

Cerco di darmi un contegno mentre Tom apre la porta. Appena mi vede gli si illuminano gli occhi e sorride.

«Abby! Sono contento che tu sia qui! Vieni, entra»

Mi cinge le spalle in modo affettuoso e mi accompagna verso il salotto dove sono riuniti gli altri miei amici, che mi salutano calorosamente.

«bene, ora che è arrivata anche Abby possiamo andare tutti insieme in spiaggia» decide Sharon.

«era anche ora, siamo già in ritardo.» esclama Kate cinica. Comprensiva come sempre. Le rivolgo un sorriso fintissimo e lei si stringe nelle spalle. «be', dovevamo essere lì mezz'ora fa» si giustifica.

Andiamo tutti fuori e in due minuti raggiungiamo il luogo della festa. Per tutto il tragitto mi sono sentita osservata e ho notato delle ombre strane con la coda dell'occhio...

Scaccio il pensiero. È tutta suggestione. Sta sera sono qui per divertirmi!

Accetto il bicchiere di birra che Tom mi sta porgendo e poi lo seguo verso il luogo da dove proviene la musica.

Ci sono un sacco di ragazzi e ragazze in costume da bagno che bevono e ballano insieme, ridono e si divertono.

Mi unisco a loro per un po', bevendo per scacciare il senso di angoscia che mi pervade da quando ho lasciato il vicolo.

Stai calma Abby... va tutto bene, stai calma...

Mi riempio un altro bicchiere. Ormai ho perso il conto.

Sono in mezzo alla pista e mi dimeno a ritmo di musica, canzone dopo canzone, sento le voci e le risate e giro su me stessa, giro, giro, giro... gira tutto...

Barcollo lontano dalla folla e mi appoggio a un albero. C'è troppo rumore qui, mi fa male la testa.

Qualcuno mi abbraccia da dietro.

«Abby, eccoti. Ti ho cercata ovunque. Dai vieni con noi ci stiamo divertendo.» mi dice in tono affettuoso.

Mi sento soffocare. Ho bisogno di aria. Mi scosto da lui.

«Tom lasciami sola ti prego... voglio stare sola...» biascico.

Lui rimane sorpreso. «ma... Sei sicura?»

«sì, fra poco starò meglio.» sicuramente si vede molto bene che sono ubriaca persa. Per questo lui esita, prima di andarsene.

Vorrei davvero andare con lui e passare una bella serata ma non riesco a togliermi dalla testa quelle grida animalesche, disperate, cariche di odio. Mi pare quasi di sentirle di nuovo in lontananza.

Aggrappandomi agli alberi attorno a me inizio a camminare, allontanandomi dalla spiaggia, per sfuggire a tutto quel baccano che peggiora il mio malessere.

Non so per quanto tempo ho camminato: ora mi trovo in una radura dove qualche raggio di luna riesce a penetrare tra le fronde e rischiarare l'ambiente. La musica e le risate sono parecchio lontane ormai.

Mi gira la testa.

Mi siedo per terra, con la schiena appoggiata a un tronco.

Adesso mi riprendo e torno in spiaggia con gli altri. Ancora un minuto... devo solo riposare un momento gli occhi...

Un boato improvviso mi riscuote e scatto in piedi.

Ho appena il tempo di notare un'ombra enorme che si avvicina alla mia destra prima che mi si oscuri la vista, e crollo di nuovo a terra. Ma chi me l'ha fatto fare di bere così tanto?

Lo sento avvicinarsi. Sento il suo respiro lento e profondo, i suoi passi pesanti che vengono verso di me.

...Sei tu quella in pericolo, non succederà niente a nessun altro...

Devo assolutamente andarmene da qui.

Provo a muovermi ma mi sento del tutto inerte, le mie gambe non rispondono più, non posso alzarmi.

Ora che ho riacquistato la vista mi guardo intorno, cerco di concentrarmi ma ci vedo doppio, non riesco a capire chi o che cosa mi stia raggiungendo, ma ormai è la fine, sento la sua presenza adesso a pochi metri da me.

Cerco di farmi scivolare di dosso il panico che mi sta assalendo.

Mi concentro sui rumori.
Un passo.
Conto i secondi che trascorrono lenti. uno. due. tre. quattro. cinque. Un altro passo. È un'agonia. Altri cinque secondi, un altro passo ancora.

Un minuto, due minuti, poi il terzo. Ancora non mi ha raggiunta.

Raccolgo tutta la mia volontà per tentare un ultimo sforzo. Ce la sto facendo, ora riesco a muovere i muscoli delle gambe, mi tengo al tronco per tirarmi su...

È troppo tardi.

Sento il suo alito sul collo. Il suo respiro è quasi un ringhio che mi fa tremare le viscere.

Spalanco gli occhi.

Tutto quello che riesco a vedere è un ammasso di peli giallognoli, una bocca enorme piena di denti aguzzi e la bava che cola ai lati, un naso nero, umido, come quello di un grosso cane, e degli occhi... gialli, sì, un giallo intenso. Mi colpisce il modo in cui mi sembrano familiari, quasi umani, quasi tristi...

Poi il buio mi avvolge, e mi lascio cadere.

Il Lamento Del NarvaloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora