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La sera prima...

Fuori pioveva. La pioggia batteva sulla finestra quel giusto tono per poter essere piacevole. Nessuna macchina e nessun clacson interrompevano quel meraviglioso suono. Si poteva addirittura sentire qualche fruscio delle poche foglie rimaste sugli alberi.

Un atmosfera rilassante per chi si trovava in casa. Non per Laura.

Non aveva varcato la soglia di casa da quando tornò quella sera. Era sconvolta. Pensava a cosa avrebbe fatto da lì in poi mentre si rollava la terza canna del giorno sul letto, e andava avanti così da un bel po' di tempo. Il pavimento era pieno di mozziconi ed erba. Aveva smesso di fare qualsiasi attività, tranne che ascoltare la musica. Non rispondeva al telefono e aveva cacciato Rivoli più di una volta quando si era presentato sotto casa sua.

Si sentì bussare la porta ed entrò Aurora con un vassoio di patatine e cotoletta in mano. Lei sì che conosceva i gusti della sorella, ed era l'unica che riusciva a scambiarle qualche parola.

<<Vuoi anche un po' d'acqua? Bere fa molto bene e pulisce l'intestino>> cercò di sdrammatizzare mentre si sedette sul letto.

<<No, sono a posto così. Vattene.>>

Era cupa, anche fin troppo; come se avesse perso la capacità di provare emozioni. Mandava a farsi fottere chiunque fosse presente nella casa, addirittura diede uno schiaffo a Federico perché le aveva detto di calmarsi. Nessuno in casa tentò di farla stare meglio, nessuno pensò a lei, neanche dopo quella sera.

Laura non tollerò l'indifferenza che la ridusse così. In quel'istante, nel momento in cui si presentò davanti la porta, aveva bisogno di aiuto, del loro aiuto. Invece la lasciarono andare in camera, come se fosse tornata da un'uscita comune. Sarebbe bastato un gesto, un solo gesto. E per quanto non amasse la sua famiglia (se si può definire tale), desiderò un po' di attenzione.

Niente.

<<Sei ancora qui?>>

Laura alzò il viso a fatica, notando la sorellina che la fissava. Non era uno sguardo pietoso o compassionevole, ma freddo. C'era freddezza, negli occhi di un'undicenne, che rimproverava un'adolescente come se fosse il suo genitore.

Decisamente un genitore migliore del cretino che sta scopando nella stanza a fianco. Aurora era l'unica che si preoccupasse davvero di lei in quella situazione.
Beh, almeno qualcuno che mi vuole bene.

<<Cosa non capisci della parola "Vat-te-ne"?>>

<<Hai intenzione di continuare così per il resto dei tuoi giorni?>> disse duramente, sempre con quello sguardo dorato nascosto dal caschetto castano.

Laura però sapeva che era una finzione, conosceva i suoi punti deboli, e sapeva che sarebbe crollata per lo sforzo di reggere un confronto. Era una bravissima attrice, ma non così tanto brava come credeva.

Ne approfittò:  <<Vuoi farmi la ramanzina? Risparmiatela. Pensa invece a farti i cazzi tuoi e di non venire qui a darmi fastidio.>>

Si sdraiò e completata la canna l'accese e fece un tiro profondo.

Infatti, come previsto, Aurora iniziò leggermente a tremare. La mente della ragazzina iniziò ad elaborare un discorso, un discorso che avrebbe tanto voluto dire, se solo ne avesse avuto il coraggio: Perché devi fare così, Laura? Perché ti richiudi in camera e non provi a parlarmi? I problemi si affrontano. Non ci si arrende perché non è successo quello che ci aspettavamo. Ci si rialza e si va avanti. Rialzarsi e andare avanti, è ciò che ti dovrebbe entrare in testa. Tirati fuori dalla tua maledettissima bolla e parla, diamine, parla. Io sono qua, lo sai ma ti ostini ad ignorarmi. Speri in un miracolo divino? Sei pure atea! Non puoi fare come vuoi tu, non sei giustificata.

FRIENDS IN REVERSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora