Ultimo capitolo:

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Guardai dentro di me. Dentro all'abisso.

Cosa mi sta succedendo?

La vidi. Era ancora là. Questa volta il suo aspetto era tumefatto. Oramai solo intuivo fosse ancora mia madre, non potevo esserne sicuro.

Guarda come sei messa...
Sussurrai allo sgorbio. La guardai negli occhi incavati e vermigli. Mi sentii mancare dal ribrezzo.

Da quel giorno, cominciai a sognarla ogni fottuta notte, impressa nei miei incubi come un marchio dannato. La mia esasperazione stava crescendo di ora in ora. Potevo sclerare da un momento all'altro, così decisi di scrivere su questi fogli la storia di come sono finito qui. Mi feci passare fogli e penne da uno classe '78 che pareva affidabile, della cella accanto. Mentre ero costretto a continuare a passare la droga, scrivevo e mi erodevo la mente sognando mia madre.

Basta, vattene! Ti prego, lasciami in pace.

Ormai spuntava in ogni dove. Ogni cazzo di oggetto mi alludeva al suo volto sfigurato. La sua voce diveniva come il ferro stridente; la sua pelle, come i fogli immersi in acqua.

Mamma, io non ce la faccio più.

Decisi che c'era un solo modo per non vederla più. Giuseppe aveva detto che bastavano 50 millilitri.

50 millilitri. 50...

Sembrava la risposta. Gli angoli più occulti del mio ego navigavano per questi pensieri. Le giornate si figuravano infinite lotte per combattere il mio vivere. Giuseppe mi sfruttava il più possibile, senza curarsi dei miei stati d'animo, dei turbamenti nelle mie notti, di come il mio fisico stava cedendo con la mente. Il talamo della solitidine mi stava ricullando e lo spettro degli anni passati mi si parava dinnanzi, che neanche posando le palpebre potevo far sparire. La solita macabra melodia picchiava i miei timpani. Sempre.

Che mi costa finirla? Che mi costa?!

E ora le ali dei miei pensieri erano unte di catrame e precipitavano nel baratro. Nel bararatro con mia madre.

Mamma, perché fai così schifo? Cosa vuoi dirmi?

Le sue parole erano gelidi lamenti, senza alcun senso; o meglio, il significato mi era lontano.

Dio, mi hai ridotto così per mio padre?!

E mentre urlavo fra le tempie, giunsi alla più amara deduzione:

Non è stato Dio, non è stato mio padre, ma neanche mia madre. La merda che ora devo sopportare me la sono cercata io.

Quindi, perché non concluderla con classe?


Io volevo andarmene laddove non vi fosse più un lamento di quella.

50...

Riuscii ad avere una parte di me per uccidere e una per soffrire. Io solo sono il ragazzo con un occhio per le lacrime, con cui piansi mia madre, e l'altro per il sangue, con cui dissetai il mio spirito. Io solo posso scrivere col sorriso amaro di chi si arrende alla vita: Addio.

- Ehi, Andrea, lo sai che fine ha fatto lo stronzo che trovammo qualche anno fa? -.

- Quello che uccise suo padre?

- Esatto -.

- Carcere? -.

- Sì, bè... L'hanno trovato morto per overdose di eroina -.

- La coscienza ha avuto la meglio. Ho vinto la scommessa, Zambonin. A quando la pizza? -.

- Zitto va', che tanto pago comunque sempre io -.

Fine.


Jack

De dissolutione conscientiæDove le storie prendono vita. Scoprilo ora