Capitolo 23

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Kathrine
Rebecca è strana oggi, mi guarda male ogni volta che ci incontriamo per i corridoi della scuola e quando cerco di parlarle scappa via.
Capisco che è  arrabbiata per ieri però così esagera.

Oltretutto in questo momento ho un serio bisogno di lei.

A ricreazione mi dirigo nel bagno delle femmine, e per la prima volta ne approfitto della mia reputazione di "cattiva ragazza" per levarmi di torno le bamboline che si stanno sistemando il trucco davanti allo specchio.

-Levatevi dal cazzo- dico facendole fuggire via terrorizzate. Sbuffo alzando gli occhi al cielo per la loro stupidità.

Quanto sono patetiche, loro con i vestitini ben stirati, i capelli sempre perfetti come se stessero andando a un concorso di bellezza. Comincio a camminare avanti e indietro, prendendomi la testa fra le mani e cercando di trattenermi dall'urlare o dal piangere.
Sobbalzo quando la porta del bagno si apre improvvisamente.

Alzo lo sguardo pronta a mandare a quel paese chiunque fosse entrato, ma rimango sorpresa di scorgere la figura minuta di Rebecca che cammina guardandomi in modo distaccato. Quando nota le lacrime scendere lungo il mio viso, abbandona la sua maschera fredda.

-Ehi Kathrine- dice sorridendomi timidamente.
-Allora ti ricordi ancora della mia esistenza! Sai non me lo aspettavo proprio- le dico ridacchiando.
-Bè, l'ultima volta che ho controllato sei tu che sei scappata via saltando su un autobus, non io- ribadisce arrabbiata.
Non posso ribattere, visto che ha ragione.
-Mi dispiace okay?- dico sospirando.
-Almeno posso sapere dove sei andata?- domanda con la sua solita curiosità.

Kathrine pensa...pensa...che cazzo mi posso inventare, cerco di inventarmi una scusa plausibile.

-A casa,non mi sentivo bene, avevo mal di testa- rispondo facendo spallucce.

Lei mi guarda in modo strano, come se stessi dicendo cretinate (cosa assolutamente vera).

-E perché stavi piangendo?- chiede scuotendo la testa in segno di disappunto.

Per fortuna la campanella mi salva dall'imbarazzante situazione.

-A dopo- la saluto fuggendo lontano dal bagno.

Mi dirigo nella classe della signora Hellman, la professoressa di biologia, ho sempre odiato questa materia...come anche la professoressa, nonostante abbia voti eccellenti.
La verità è che ogni tanto ho studiato qualcosa di quello che ci ha assegnato, ma poi non mi sono mai messa alla prova per vedere se ho davvero imparato. I miei voti sono dovuti alla voglia di farmi uscire da questa scuola il prima possibile, perché hanno già dovuto affrontare mio fratello gli altri anni e non penso che per loro sia stata una cosa piacevole.

Non ne ho mai il tempo, e soprattutto  neanche la voglia di studiare.
Sospiro quando sento la campanella suonare, alzandomi velocemente per dirigermi fuori dalla scuola.
Arrivo al parcheggio, ma improvvisamente vengo tirata da qualcosa, o meglio da qualcuno. Alzo lo sguardo rimanendo paralizzata alla vista di Justin.

Mi guardo intorno, constatando che non vi è nessuno a parte noi due, così mi può ammazzare tranquillamente senza testimoni.
Prima che possa dire qualsiasi cosa lo spingo via guardandolo disgustata.

Mi volto per andarmene via, ma lui mi blocca prendendomi per il polso e facendomi girare nella sua direzione.
Io non ho paura assolutamente di lui, solo che mi mette a disagio con il suo comportamento ed il suo sguardo.
Lo spingo lontano da me nuovamente, e per poco non mi metto ad urlare quando mi sento sollevare da terra per venire letteralmente scaricata sul sedile della macchina. Prima che possa scendere me lo ritrovo vicino al posto di guida, per non farmi scappare preme la sicura in modo da bloccare tutte le uscite.
-Fammi scendere subito!- Dico mentre cerco di prendere a pugni lo sportello.
Mi ignora completamente, concentra tutta la sua attenzione sulla strada, e ciò mi fa infuriare ancora di più, alla fine capisco che non posso fare niente, lui ha il coltello dalla parte del manico non io, così sbuffo annoiata.
La macchina improvvisamente si ferma davanti a un grande casolare circondato da un grande giardino. Rimango a guardare per capire dove mi trovo, ma alla fine realizzo che siamo a casa sua.
-Non ci sono gli altri, stai calma – si rassicura parlandomi come si fa con una bambina di tre anni.

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