56.

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Avevamo discusso su ciò che Harry aveva detto alla festa. Era stato difficile capire il perché della sua visita. Quando si toccava l'argomento, Zayn ancora non mi parlava della persona che riempiva i suoi pensieri. Non lo avevo forzato o spinto a confidarsi con me, non mi importava, non dovevo intromettermi. 
Fu solo quando stavamo tornando da una visita a casa di sua sorella che la macchina fece una deviazione e si accostò ad un marciapiede, vicino ad un parco e lui cominciò a parlare.

"Waliyha ed io venivamo qui tutti i sabati a giocare sull'altalena. Nostra madre ci dava qualche soldo per il gelato, ma io non volevo il mio, preferivo lasciare a Waliyha tutti i soldi così da potersi prendere due palline invece che una."

Era insolitamente tranquillo; i mesi estivi più freschi si stavano mischiando dentro i colori caldi dell'autunno. Zayn prese la mia mano, tracciando sopra segni invisibili con le dita.

Zayn aprì il cancello di metallo a molle ed entrai nel parco giochi quasi deserto, seguito da lui. Sentii un gridolino felice e sorrisi, un bambino giocava a nascondino in un castello di legno con suo padre.

I pezzi di corteccia ammortizzavano i miei passi, così come quelli di Zayn che ora si dondolava sull'altalena. Aveva il giubbotto allacciato fino al collo per respingere il vento freddo. Mi infilai le mani in tasca, dandogli una leggera gomitata. Zayn mi fece cenno di avvicinarmi a lui.

"Avevamo comprato il gelato per poi venire qui. Aveva insistito per metterci la panna e delle scaglie di cioccolato sopra." Ricordando, la sua espressione si addolcì. "C'era un gruppo di ragazzi, alcuni vivevano vicino a noi. Buttarono a terra il gelato che mia sorella teneva in mano e si misero a ridere."

Mi appollaiai sull'altalena accanto a Zayn, immerso così tanto nelle sue parole, da vederli di fronte ai miei occhi. Una giovane Waliyha e il suo piccolo fratellino. Allungai le gambe, attaccandomi con le mani alle catene dell'altalena e cominciando ad oscillare avanti e indietro.

"Lo spinsi a terra, dicendogli di andare a fanculo. Un suo amico mi spinse." I suoi occhi erano fissi su un piccolo ponte di legno che univa lo scivolo alla sbarra.
"Gli ho dato un pugno in faccia." Ridacchiò. "Ne presi così tante quel giorno, ma tutto quello a cui riuscivo a pensare era Waliyha. Lei mi ha praticamente portato a casa, dicendomi quanto ero stato stupido ad iniziare a litigare. Mi ricordo che nostra madre ci gridò di pulirci e di andare in camera prima che nostro padre tornasse."

Zayn non mi guardò mentre parlava, probabilmente troppo coinvolto dai ricordi. Con i piedi ancora in aria, allungò le gambe, spingendosi indietro sul sedile per darsi lo slancio.

"Credo sia stato il giorno in cui mia madre si rese conto che non avevo più intenzione di stare a guardare...e ciò la spaventava."

***

"Questa è casa tua?"

Era una casa indipendente, con la porta d'ingresso rossa ed un bel giardino. La zona circostante era tranquilla, una donna che portava a spasso il suo cane ci augurò un buon pomeriggio, quando passammo sul viottolo.

"Era casa mia."

"Sembra carina, Zayn."

"Peccato che la vita all'interno non sia stata carina come l'esterno." Fece un piccolo sorriso forzato.

"Possiamo andare, se vuoi." Chiesi, notando l'effetto negativo che questa visita stava portando.

Non volevo fargli provare di nuovo il dolore che aveva provato in quella casa. Avevo immaginato che questa visita portasse una specie di disintossicazione, una pulita. Tuttavia, era chiaro che ci sarebbe voluto più di un giro in macchina per cancellare le emozioni che l'hanno portato alla violenza.

Dark » ZiamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora