Capitolo 13

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Jane guardava sbigottita la figura dinanzi a se e fece altri passi barcollanti all'indietro, finché non cadde tramante sul pavimento

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Jane guardava sbigottita la figura dinanzi a se e fece altri passi barcollanti all'indietro, finché non cadde tramante sul pavimento. Si portò la mano tremante nella bocca cercando di soffocare i singhiozzi e pianse silenziosamente mentre lui la squadrava freddamente.

-Non proferite parola. Oh, che sciocca, siete frutto della mia folle immaginazione.- proferì, Jane, ridendo istericamente. -Oh...se sapeste...no no- disse scuotendo energicamente il capo.- Non dovete sapere e lei...lei è un piccolo angelo. Ha i vostri stessi occhi ma i capelli...i capelli sono chiari. Oh quanto devo penare! Io che sono una fragile creatura di Dio...dovrò vederla per tutta la durata della mia vita.- disse piagnucolando. Lui si avvicinò verso di lei e le tenne ambedue le mani, cercando di tranquillizzarla.

-Desidero vederla.- disse baciando le sue mani.- Desidero vedere mia figlia e non potrete per nessun motivo al mondo dissuadermi.

-Oh quanto avrei voluto dissuadervi. Arrivai troppo tardi, tuttavia non appartiene a me la colpa.

-No. Ogni giorno mi pento di avervi lasciata con quel barbaro.

-Oh tacete. Al mio bambino fanno male tutte queste cattive parole, io lo sento ogni giorno.- disse Jane accarezzandosi il ventre.- Al contempo lo maledico. E lui...anche lui lo maledice, questo bambino crescerà triste. Sarebbe stato felice se fosse stato figlio di Lady Emma.- si pulì il viso con il dorso della mano e si alzò ma Edward la bloccò e la spinse con tutta la forza verso l'unica finestra aperta.

-Vi ho sempre amata e continuerò ad amarvi per tutta la vita.- disse lui parlando freneticamente.

-Cosa proferite? E che state facendo? Se voi mi amaste non mi spedireste verso il vuoto.

-La famiglia è l'unica cosa che conta e né voi, né vostro marito riuscirete a fermarmi. E prenderò mia figlia, sia l'ultima cosa che faccia, dannazione!- e detto ciò la spinse fuori dalla finestra, verso il vuoto. Jane urlò con tutta la voce che aveva fino a sentire la gola bruciare, mentre vedeva Edward uscire di fretta, sicuramente per prendere la figlia, e con un forte tonfo cadde nel lastrico del giardino. E esalò l'ultimo respiro cercando di reprimere l'amore che provava per l'uomo che l'aveva uccisa e con un'ultima lacrima pensò ai suoi momenti felici nel suo castello natale.

***

Emma si accarezzava il ventre con un'espressione felice dipinta sul volto, mentre faceva avanti e indietro per la stanza.

-Oh vi scongiuro abbiate pietà di me. Se volete vedermi ancor più felice torniamo a Londra, nel mio bellissimo palazzo.- disse ella cercando di essere convincente e prese tra le sue mani quelle del suo sposo.

-E io vi prego di farla finita. Inoltre la vostra dimora fino a prova contraria è inesistente.- obbiettò Eric. Emma sembrò tornare in se per un momento dipingendosi sul volto un'espressione malinconica che subito fu sostituita da un'altra gioiosa.

-Allora fatela ricostruire. Mi renderebbe molto felice e inoltre non vi torturerò più con le mie lamentele.-

-Era programmato questo. Dopo la nascita di Rose ho consultato i migliori architetti inglesi e ho fatto disegnare alcune bozze.-

-Legalmente appartiene a mio fratello il palazzo.- disse Emma pensando.- Di fatto però mio fratello è ritenuto morto perciò...- non riuscì a terminare la frase che Eric la bloccò.

-Teoricamente appartiene a me legalmente. Se ricordate bene, prima che noi due ci sposassimo, mio padre prese tutti i vostri possedimenti.-

-Rammento bene, Edward mi raccontò questo piccolo particolare prima di scappare e rifugiarsi tra le mura di suo padre.- disse sprezzante Emma.

-Edward Stanford è un uomo vile.- sbuffò lui.- E io rimango ancora del parere che voi vi eravate ammattita completamente.- delle urla di una bambina si levarono ed Emma si voltò a guardare la culla ove riposava sua figlia. Andò dalla piccola Rose, così la chiamarono, e la prese in braccio cullandola piano piano.

-Dovevamo assumere una balia.- disse Eric guardandola.

-Ssh, non urlate. E preferisco prendermi cura io di mia figlia.- sussurrò Emma mentre guardava assorta la bambina. La piccola Rose nacque tre mesi prima durante una notte burrascosa. Eric non era presente nel castello e quasi tutta la servitù era addormentata. Solo la sua cameriera personale era rimasta sveglia poiché sentiva che si sarebbe verificato un suo presagio e così fu. Durante la notte la lady si svegliò per le forti contrazione e notò che il suo letto era bagnato, chiese aiuto urlando e in suo soccorso venne la sua cameriera personale che riuscì a metter fine alle pene della duchessa, quando Emma vide la bambina per la prima volta decise che Rose sarebbe stato un nome perfetto per lei e quando il marito tornò non ebbe niente da contestare.

-In questi giorni pensavo ad una cosa...potremo tornare ad Oxford per far conoscere la bambina alla vostra famiglia.- sussurrò Emma rimettendo la bambina nella culla.

-Lo faremo sicuramente, ci sono alcuni affari che devo svolgere con la presenza di mio padre.

-D'accordo, quando?- disse lei sedendosi pronta a pranzare, il marito la seguì e si sedette anche lui.

-Dipende. Volete partire oggi stesso sapendo che probabilmente non saremo ben accetti o mi darete il tempo per avvisare almeno mia sorella?

-Proprio la strega?- chiese Emma con una smorfia.- Vado ad avvisare il signor Crawley che partiremo questa sera stessa e non desidero sentire obiezioni.- lo guardò dolcemente prima di scomparire dietro la porta del soggiorno. Dopo averlo avvisato andò nella camera di Rose e con l'aiuto della sua dama di compagnia preparò i suoi bagagli.

-I suoi giochi, Mary.- e li indicò, poi andò di fretta nella sua camera, prelevò un libro che le leggeva sua madre quando era piccola e che leggeva anch'essa a Rose e lo mise tra le sue cose.- Comunica alla signorina Lucy che mi prepari anche i miei bagagli, Mary. Torno nel salone.-

-Lady Emma, verrò con voi ad Oxford?- chiese speranzosa la dama ma ricevette un "no" secco da Emma. La famiglia partì da York il giorno successivo ed arrivarono ad Oxford due, tre giorni dopo. Il castello era tenebroso e non c'era traccia di anima viva, tuttavia i cancelli all'entrata della proprietà erano aperti.

-Saremo dovuti venire dopo aver avvisato, Emma- sbuffò Eric mentre osservava la cupa proprietà. Quando il cocchiere fermò i cavalli i due scesero dalla carrozza e si diressero alla porta del castello.

-Avvisate della nostra presenza a mio cognato, per piacere.- disse Eric e prese in braccio la bambina.- Portate la carrozzina immediatamente.- ordinò mentre cullava Rose.- ci sarò quando nascerà, non sarà come con Rose.-

-Stavate concludendo degli affari, non colpevolizzatevi così tanto.- rispose Emma sorridendogli rassicurante.

-Vi ricordate quando vi stavo parlando della moglie dell' italiano? Era inglese, aveva il nostro stesso accento e per un momento mi è sembrato che la conoscessi veramente.

-Da quando studiate gli accenti della nostra lingua? Suvvia, assomiglierà a qualche nobildonna che avete conosciuto in passato.- gli rispose retorica Emma. Eric non rispose e mise la bambina nella carrozzina che avevano portato.

-Milord, lord Howard vi aspetta nel salone.- annunciò cortesemente il maggiordomo. I due entrarono nell'ala principale del castello e un servo dietro di loro spingeva la carrozzina in cui si trovava Rose, ormai appisolata.

Henry li aspettava seduto in una sedia con un bicchiere quasi pieno di brandy mentre chiacchierava freneticamente con un altro uomo girato di spalle. L'uomo si giro dalla parte di Emma e le sorrise.

-Sorella.- disse e le corse incontro.- finalmente ci rincontriamo.-

-Oh misericordia! Edward!- esclamò Emma e lo abbracciò di slancio.- L'ho sempre saputo, fratello. Sapevo che eravate vivo da qualche parte. Devo smetterla di parlare, io. Piuttosto raccontate alla vostra povera sorella cosa avete fatto in tutti questi anni.-

-E sarà meglio che io racconti a te quello che è successo in questi ultimi mesi.- dichiarò Henry facendo un cenno col capo ad Eric.- Seguimi.- disse e tutti e due si diressero in un'altra ala lontana dai fratelli ricongiunti.


Il tempo del riscatto #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora