Capitolo 11

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LACEY

Mi svegliai con la testa che girava e una nausea perenne.
Madison dormiva abbracciata al cuscino e io facevo troppa fatica ad alzarmi. Sembrava che fossi incollata al letto.
Presi il telefonino dal comodino per controllare l'ora e trovai una chiamata persa da un numero non salvato in rubrica.
Non mi ricordavo praticamente niente della sera prima se non che ero andata a una stupida festa e mi ero sbronzata parecchio.
Poggiai il telefono e andai a preparare qualcosa da mangiare.
Attraversai il corridoio e sentii il cellulare squillare in camera.
Mi poggiai al muro e ci sbattei la testa un paio di volte e poi andai a rispondere.
" Pronto " dissi stropicciandomi gli occhi
" Hey. "
Ero stordita ma quella voce l'avrei riconosciuta anche in mezzo a mille.
Mi pettinai i capelli come se lui potesse vedermi.
" Ciao " dissi.
" Pensavo avessi chiuso "
" No. Sono ancora qui." sorrisi " grazie per ieri. "
" Non potevo non farlo "
" Come hai fatto ad avere il mio numero? "
" Uhm.. "
Mi girai e guardai Mad. Doveva averglielo dato lei. Scema.
Un interminabile minuto di silenzio.
" Devo andare. "
" Okay. "
Aspettai che chiudesse non credendo ancora a quello che era successo.
Andai da Madison e la svegliai. Si girò dall'altra parte e continuò a dormire con la testa schiacciata tra il cuscino e il materasso.
Mi sedetti nel letto e frugai nella valigia. Un urlo mi fece sobbalzare, mi girai e trovai Mari sommersa dai vestiti che avevo lanciato frugando nella valigia. Mi coprii la bocca con la mano e iniziai a ridere.
*****
Ci buttarono fuori dal bar in cui eravamo entrate, urlandoci qualcosa in inglese e facendo puntare gli occhi della gente su di noi. Per la prima volta non me ne fregava nulla. Ero felice. Forse la sbronza non era ancora passata.
Mi uscivano le lacrime dagli occhi dal troppo ridere e non riuscivo a respirare. Madison mi guardava e rideva e lo stesso facevo io.
Camminavo appoggiandomi o ai lampioni o ai muretti, i capelli erano disordinati, la borsa era pesante e il cellulare mi scivolava dalle mani. Non riuscivo a smettere di ridere. Mi girai e presi un respiro profondo.
Attaccato a una parete c'era un manifesto abbastanza grande da cui si poteva leggere benissimo
" Fun ". La parola chiave era quella. Fermai il primo taxi e mi trascinai Mad dietro.
" Dove cazzo stiamo andando
Lacey? "
" Lo vedrai. " l'autista mi chiese dove eravamo dirette e io, glielo dissi all'orecchio. Mari mi guardava con una faccia incazzata perché non le avevo detto dove stavamo andando. Era una sorpresa.
Dopo un'oretta e mezzo abbondante, il taxi si fermò davanti a un cancello verde smeraldo in ferro. Le macchine erano parcheggiate una affianco all'altra e non si poteva quasi passare. Madison guardò fuori dal finestrino e quasi non le uscirono gli occhi fuori dalle orbite. Mi poggiai al cancello con le braccia incrociate al petto e la guardai. Uscì come un fulmine dal taxi e mi tirò per il braccio facendomi superare il cancello. Ci saremmo divertite parecchio.
******
Quel parco giochi era immenso. Mi guardavo intorno e tutto quello che vedevo erano scivoli, montagne russe, scivoli e ancora montagne russe.
Per un momento mi sono sentita strana come se in testa avessi un paio di codette e in mano un lecca lecca alla fragola.
Erano passati tanti anni dall'ultima volta che i miei genitori mi avevano portato in un parco divertimenti e, non so per quale motivo, ma sono ritornata bambina, in quel secondo in cui varcai il cancello, mi sentii una bambina.
Pronta a correre e saltare ovunque, con i palloncini legati al polso per evitare che volassero via e mamma e papà che mi rincorrevano cercando di non perdermi in mezzo a tutto quel casino.
Io e Madison ci guardammo come se stessimo pensando la stessa e identica cosa.
Ci spuntò un sorriso da 11 anni e ci brillarono gli occhi.
" Telepatia " dissi guardandola e cercando di evitare di rovinarci la giornata con i nostri stupidi ricordi.
Rise e si asciugò una lacrima con il dorso della mano che si macchiò a causa del mascara.
" L'hai fatto apposta vero? " mi guardava con la faccia più incazzata di sempre ma sapevo che stava cercando di non ridere.
" Fatto cosa? "
" Sei una grande stronza Lacey " disse incrociando le braccia al petto. Non parlai e aspettai che ridesse. L'avrebbe fatto prima o poi.
" Non mi fissare scema "
" Sto aspettando che tu dica qualcosa " gesticolai.
" Cosa dovrei dire? "
" Ah non lo so. Magari muoviamo il culo e andiamo a divertirci come quando eravamo piccole. " mi soffermai sull'ultima parola.
" Non siamo più bambine Lacey ".
L'espressione di Madison divenne cupa e triste come se avessi toccato un tassello troppo sensibile della sua vita.
Non era facile.
Niente era facile e io mi maledii mentalmente per aver tirato su il discorso
' tenera età e parco giochi '.
La guardavo negli occhi ma non riuscivo a reggere il suo sguardo. Le faceva male ricordare il passato. Ma io avevo tirato su il discorso ed ero io che dovevo rimediare.
A Madison non piaceva pensare al suo passato e io lo sapevo bene.
Non avrei dovuto tirare su il discorso e portarla qui per provare tutte le sensazioni che provò tanti anni fa.
Però, in fondo, l'avevo fatto per lei.
Mi diressi all'uscita del parco.
Ero stata davvero tanto stronza.
" Andiamo " sentii Madison.
Mi rincorse e mi prese per un braccio.
" Io inizierei da quello. Che ne pensi? " disse con il fiatone.
" Davvero? " spalancai gli occhi.
" Certo " mi si avventò addosso, mi diede uno di quei meravigliosi abbracci che non ti aspetteresti mai e mi tirò verso lo scivolo più alto.
Si bloccò.
" Stai scherzando? "
Sbarrò gli occhi.
" No perché? ".
La guardai con un'espressione interrogativa. Me lo aveva chiesto lei no?
" Non dirmi che hai paura Mad. "
" Chi io? No ma che dici " non sapeva mentire.
" E allora perché ti sei fermata? "
" Okay forse ho un po di paura "
Come faceva ad avere paura di uno scivolo? Lei non aveva paura di nulla. Era cresciuta da sola, senza l'aiuto di nessuno, si rialzava e vincevo sempre. Niente e nessuno le faceva paura.
Madison guardò prima me e poi alzò  lo sguardo verso la sua " paura ".
Era uno scivolo alto, chiuso e, metteva una grande ansia.
Chiunque si sarebbe sentita piccola e indifesa ma anche io dovevo fargliele superare.
" Madison? Ci sei? "
" Uhm? "
" Sei mezz'ora che fissi quel maledetto scivolo. Vuoi salirci o
no? "
Senza rispondere alzò gli occhi e guardò nuovamente quel pezzo di plastica ondulato.
La sua faccia assunse un'espressione indecifrabile.
" Tu sei pazza Lacey Anderson. "
" Perché? "
" Un gommoncino? Ma davvero? "
" Si. Davvero. Non mi credevi così coraggiosa vero? " iniziai a muovere le sopracciglia.
" No. In effetti no. Però pensavo che fossi un po più intelligente sai? "
" Intelligenza? Oh smettiamola di parlare di intelligenza in un parco divertimenti per favore ".
Non era maturo parlare di intelligenza in un parco giochi pieno di clown, palloncini, scivoli e giostre con gli unicorni.
Non era maturo.
" Faby facciamo le montagne russe. Mi fanno meno paura. "
Ma che cazzo di problemi aveva?
" Va bene andiamo ".
Non sarebbe mai salita sulle montagne russe. Lo sapevo.
Feci i biglietti e andai a sedermi seguita da Madison.
" Quanto dura il giro? "
Madison tremava.
" Sono le montagne russe più lunghe del parco. Durano circa 15 minuti " il sorriso che fece il ragazzo non era del tutto rassicurante.
Il sedile era abbastanza scomodo e sembrava che l'imbragatura potesse aprirsi da un momento all'altro.
Feci il segno della croce quando sentii il motore accendersi e poi vidi due ragazzi identici precipitarsi a fare il biglietto.
Di bene in meglio.
******
Ethan e Grayson per poco non si mettevano in ginocchio per chiedere due santissimi biglietti.
Il ragazzo dei biglietti continuava a gesticolare e a gridargli contro che avevano chiuso le montagne russe e dovevano partire. Ma non aveva ancora tirato quella cazzo di leva per far muovere quel coso.
Era passata mezz'ora da quando ero seduta e, sinceramente non mi andava di far passare altro tempo.
" Sono con noi! " gridai alzando un braccio e attirando l'attenzione su di me.
Ethan si sedette vicino a me e Grayson vicino a Madison.
Finalmente si partiva.
Tutto in salita e poi una discesa interminabile davanti a noi. Automaticamente presi la mano di Ethan e la strinsi, ma mi accorsi di cosa avevo fatto e la mollai.
Girai la faccia e mi posai la mano nella coscia stringendo un po per la paura.
Mi stavo pizzicando la pelle ma non potevo di certo mordermi la mano no?
Il respiro divenne pesante e il cuore batteva forte. Mi ero dimenticata di aver paura dell'altezza.
L'aria mi rimaneva nei polmoni e non riuscivo a respirare, l'imbragatura divenne scomoda e stretta contro il mio petto. Volevo scendere.
La mia coscia era rossa ma non riuscivo a mollare la presa. Avevo una paura pazzesca. I minuti non passavano e il tempo mi sembrava un'eternità.
Stavo letteralmente impazzendo.
Ethan mi prese la mano e mi accarezzò il dorso con il pollice.
Mi rilassai sotto il suo tocco, chiusi gli occhi e affrontai, a pieni polmoni e con la mano incrociata a quella di Ethan, il quarto d'ora più lungo della mia vita.
Mollai la presa e lo guardai.
" Grazie per avermi prestato la tua mano per tutto il giro "
" Figurati. Comunque non l'ho mai prestata a nessuna ragazza la mia mano per tutte le montagne russe "
Mi girai una ciocca di capelli intorno al dito.
" Allora devo sentirmi onorata "
Sorrisi.
" Devi. Ma lo sono anche io. "
" Perché? "
" Perché hai affidato la tua insicurezza a me. "
" Cioè? Non capisco " dissi interrogativa
" Eri in preda al panico Lacey. Credevo seriamente che saresti impazzita. Io ti ho dato la mano, è vero, ma tu l'hai stretta. E io ti ho visto. Ti sei calmata. Mi sento onorato per questo. Perché ti sei fidata di me ".
********
Aprii la porta della stanza dell'hotel e mi catapultai nel divano rosso porpora.
Afferrai il telecomando e accesi la televisione, frugando nei canali alla ricerca di qualcosa di interessante da vedere.
Stiracchiandomi come un gatto nella cuccia graffiai la gamba di mari che si ritrasse come se le avessi dato la scossa.
" Ai "
" Scusa. "
" Ah scusa? Vediamo." disse Mari prendendo un cuscino e lanciandomelo puntando alla faccia.
Lo presi al volo e lo rilanciai con più forza del dovuto.
Mari girò la faccia come se avesse preso uno schiaffo e cadde a terra sbattendo la testa nel pavimento.
Rimase ferma per un po' ma non riuscii a preoccuparmi perché si alzò barcollando e girandomi la faccia e, con la guancia che le pulsava, mi mandò a fanculo nel suo modo più elegante.

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