Il coraggio di credere

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Clare guardò l'orologio: le tre. Erano passate due ore dall'incontro nel covo e mezz'ora da quando Axel era entrato nella camera. Clare aveva passato quell'arco di tempo nella sala d'attesa camminando avanti ed indietro davanti alla porta di Axel.

Lenny aveva lavato il pavimento e la scia di sangue era quasi scomparsa, tranne davanti all'entrata dove ancora la striscia cremisi marcava il pavimento. Nel frattempo Clare gli aveva raccontato tutto quello che era accaduto sin da quando era partita dall'albergo, ma non aveva mai smesso di stare all'erta davanti alla porta del ragazzo. Aveva udito molti spasmi di dolore da parte di Axel e più di una volta la voce di Frederick che lo confortava e lo sosteneva, ma la cosa strana era il fatto che aveva sentito una voce diversa, quasi estranea. Aveva ammonito Axel intimandogli di non muoversi, ma subito Frederick l'aveva smorzata: da quel momento Clare non aveva mai smesso di chiedersi a chi appartenesse quella voce. Sarebbe voluta entrare nella stanza per scoprirlo, ma in quel modo avrebbe infastidito Frederick e soprattutto avrebbe messo Axel a conoscenza della sua attesa. Non era entrata ed aveva tenuto a freno la sua volontà e ciò che l'istinto la spingeva a compiere; aveva dato ascolto alla ragione, per una volta, tralasciando ciò che il cuore le consigliava di fare, ma forse era stata proprio la scelta giusta dato che a volte il cuore stesso incarna la ragione e non sempre si riesce a reprimere qualcosa che sembra giusto e che in realtà, sebbene provenga dal vero io dell'essere stesso, a volte risulta errato.

«Clare tranquillizzati» le disse Lenny facendola emergere dalla sua riflessione e lo guardò turbata.

«Mi spieghi come posso fare Lenny?» chiese lei rivolgendo la sua domanda al cuoco, benché sapesse che non avrebbe ottenuto risposte. «La colpa è la mia. Non sono riuscita ad impedirgli di bere e ha perduto tutto! Per colpa mia per giunta!» Si appoggiò al muro con la fronte e serrando un ghigno batté un pugno sulla parete. Lo ribatté una seconda volta e poi una terza ed una quarta. Stava martellando il muro seguitando a ripetersi di essere in torto e che tutto ciò che era accaduto era a causa sua. Continuò a battere pugni sul muro sfogando la sua ira, poi alzò improvvisamente la testa e riprese il suo consueto aspetto con un sospiro.

Lenny mise lo straccio dentro al secchio e con una calma innaturale le chiese: «Hai finito?»

Lei lo guardò e sospirò: si era sfogata ed ora si sentiva meglio, ma ancora riteneva che la colpa fosse sue. Lenny strizzò lo straccio facendo cadere mille gocce d'acqua che andarono ad amalgamarsi con il liquido presente nel secchio; alzò la scopa bagnata e la poggiò a terra strofinando sopra una macchia cremisi.

«Il fatto che sia andata in questa maniera non vuol dire che sia tua la responsabilità» spiegò lui rivolgendosi a Clare. «Sei stata tu a costringerlo a bere, oppure è stato lui e quella sua maledetta testardaggine a condurlo verso la sconfitta?»

Lei abbassò lo sguardo: Lenny aveva ragione, ma lei si sentiva comunque responsabile.

«Tu hai fatto tutto il possibile» continuò lui. «E non puoi accusarti di una colpa che non ti sfiora neanche»

Lei alzò gli occhi sorpresa.

«Non devi preoccuparti per così poco» terminò il cuoco.

Clare s'irritò moltissimo e non seppe più trattenersi: «Così poco?!» tuonò. «Come puoi definirlo "così poco"! Axel è drogato, è ferito gravemente ed ha perduto gli Wolfy e questo tu lo definisci "poco"?!»

«Clare, calmati! Hai intenzione di svegliare tutto l'albergo?»

«Scusami» disse lei abbassando il tono di voce. «Ma non puoi restare indifferente di fronte a tutto questo. Ti rendi contò che Axel non ha più nulla e non so neanche se rischia o no la vita!» E si mise seduta su una poltrona sigillandosi il volto con le mani.

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