CHAPTER SIXTEEN

461 36 13
                                    

LUKE'S POV

Erano passati tre giorni e avevo parlato con Calum per circa dieci minuti in una chiamata su Face Time mentre mi preparavo per l'allenamento. Alla finestra vedevo appesi tre fogli e un sorriso sincero si fece spazio sulle mie labbra.

Stava studiando ed era adorabile in pigiama e assonnato dato chenda lui era ora di cena mentre da me erano appena le dieci di mattina.

"Ti richiamo quando finisco l'allenamento, okay?"

Lui annuì e si stropicciò gli occhi in modo adorabile. Mi morsi appena il labbro e lui mi salutò con la mano.

"Ti amo, Lukey" un piccolo tuffo al cuore.

"Anch'io, Cal. Vai a nanna e se non hai mangiato ancora, prima mangia. A più tardi"

Staccai la chiamata.

Inutile dire che quella sera non lo chiamai. Nemmeno quella successiva o quella dopo ancora. Tornavo stremato dall'allenamento e non riuscivo neanche a tenere gli occhi aperti.

Quando mi svegliai il settimo giorno, il coach mi convocò nel suo ufficio, assieme a me c'erano altri due ragazzi di un'altra squadra, anche loro qui per lo stage, ma non c'era Ash.

Entrò nella stanza uno dei talent scout che ci era venuto ad osservare ogni giorno durante quella settimana. Era un uomo sulla quarantina, capelli brizzolati color nero pece e non troppe rughe. Il fisico era slanciato, sicuramente aveva praticato sport, ma ormai gli anni d'oro erano passati.

Iniziò a parlare in inglese, con una cadenza francese quasi impercettibile: sicuramente era così abituato a comunicare nella lingua anglosassone che ormai aveva quasi completamente perso la cadenza.

"Vi abbiamo convocati perchè, dopo aver parlato con i capi, siamo certi di volervi in squadra. Si beh, per un periodo stareste nella giovanele, ma se continuate a dimostrare le vostre capacità e competenze, il posto in squadra non sarà poi così lontano"

Eravamo a bocca aperta, senza parole. Era serio? Puntiamo tutti e tre lo sguardo sul coach che se ne stava dietro alla scrivania, cercando un minimo di supporto e sicurezza riguardo quella notizia così sensibile. Lui annuì con un sorriso orgoglioso sul volto, tenendo lo sguardo su di me.

Il mio primo pensiero fu Calum. Sarebbe stato così fiero di me, così orgoglioso del suo ragazzo. Poi però i miei sogni si bloccarono quando ripensai alle sue parole.

"Se giocheremo qui, in Europa, significa che non potremmo spostarci poi così liberamente..."

Lui scosse la testa e il mondo mi crollò ai piedi.

"Dovete essere disponibili e reperibili sempre, quindi alla fine di questa settimana, con la conclusione dello stage, tornerete a casa per avvisare le famiglie. Ovviamente solo se siete d'accordo con l'entrare nella nostra famiglia"

I due al mio fianco annuirono subito ed energicamente. Io ancora cercavo l'odore di Calum nell'aria. Cosa gli avrei detto? Cosa avrei dovuto fare? Con quale faccia e coraggio mi sarei presentato da lui, dicendogli che non sarei più tornato?

Non potevo lasciarlo e non potevo rinunciare a quell'occasione.

"Dormiteci su, domani abbiamo bisogno di una risposta definitiva, ragazzi" concluse il coach, congedandoci subito dopo.

Appena ci chiudemmo la porta alle spalle, i due ragazzi si lasciarono andare ed esultarono lungo il corridoio, ancora in short e maglia della loro squadra. Poi c'ero io dietro, più bianco di un lenzuolo.

Prima che arrivassi alla fine del corridoio mi sentii richiamare: era il coach che mi faceva segno di entrare nell'ufficio.

Con la stessa lentezza di prima riattraversai quel corridoio, non riuscendo quasi a tenermi in piedi. Volevo piangere e urlare e stare con Calum. Ma mi sento mentre parlo? Quanti anni ho, cinque per caso? Sembro un bambino viziato che vuole tutto a tutti i costi, ma a diciotto anni devi scegliere e non capivo perchè scegliere Calum fosse così difficile.

THE SOUND OF SILENCE || CAKE ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora