Capitolo quattro

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La mattina quando mi svegliai avevo un aspetto un po' malconcio. Erano le sei. I miei vestiti erano tutti spiegazzati e mi faceva male il collo.

Andai in bagno e mi feci una doccia mentre riflettevo su ciò che avrei detto a Francesca.

Quando mi vestii per scendere a fare colazione erano le sette e un quarto.

"Buongiorno tesoro" disse mia madre con tono gentile ma teso.

"Uhm" grugnii io che ero arrabbiata e forse lo sarei stata per il resto della vita.

Lei mi guardò dispiaciuta poi mi mise davanti una tazza di tè caldo e dei biscotti fumanti. Erano tondi e profumavano di vaniglia, li adoravo.

"Li ho preparati stamattina, sono i tuoi preferiti..." disse quasi a mo' di scusa.

"Uhm" risposi con un altro grugnito poi bevvi il tè in fretta e presi lo zaino colmo di libri.

"Se vuoi ti vengo a prendere in macchina tesoro!" esclamò mia madre mentre mi mettevo le scarpe.

"Non ce n'è bisogno, pranzo da Francesca" dissi in tono risentito e uscii di casa sbattendo la porta. 

In realtà Francesca non lo sapeva che pranzavo da lei, ma sua madre era sempre contenta di vedermi quindi non avrebbe detto nulla se mi fossi presentata lì dopo scuola.

Mentre camminavo verso la fermata dell'autobus mi misi gli auricolari in tasca e ascoltai "canzoni tristi"  di Gemitaiz cercando di non piangere nuovamente.

L'autobus si fermò all'iniziò del vicolo che portava verso la mia scuola, io scesi ed aspetta Francesca. Dopo qualche minuto sentii la sua voce

"Amore mio!" e mi abbracciò. Subito notò la mia espressione triste e mi guardò seria "Cos'è successo?" chiese allarmata.

Un sorriso triste si dipinse sul mio volto.

"Devo tornare in Germania" dissi con voce strozzata ricacciando indietro le lacrime.

"Eh?" mi chiese con la sua solita espressione quando le si raccontava qualcosa a cui non voleva credere "Stai scherzando spero!"

"Vorrei poterlo fare" dissi rassegnata "Muoviamoci o arriveremo tardi" aggiunsi.

Iniziammo a camminare mute guardandoci i piedi, poi Francesca iniziò a pensare a voce alta

"Potresti vive da me... o da tua nonna... o da tua zia.. insomma, non c'entri niente col lavoro de tuo padre... poi stai bene qui... al massimo te potremmo nascondere... potremmo scappa e vivere in clandestinità... tra qualche anno comprarci un appartamento... ci sono tante possibilità..."

Sbuffai a tutte quelle idee assurde.

"Ah," dissi ricordandomi del pranzo "te ricordi che pranzo da te?"

"Ma se non me l'hai mai detto!"

"Davvero?" feci son aria disinvolta "Beh, te lo sto dicendo ora."

"Ve bien" mi disse mentre stavamo varcando i cancelli del cortile della scuola.

Subito vidi Samuel con il suo solito gruppetto di amici, ma non appena i nostri sguardi s'incrociarono lui venne verso di me e mi baciò.

"Io non ti lascerò andare..." mi sussurrò nell'orecchio mentre mi stringeva forte. Piansi nuovamente.

Tutta la prima ora la passai a guardare fuori dalla finestra con gli occhi gonfi di pianto senza seguire minimamente la lezione finchè la professoressa di spagnolo non mi rimproverò.

"Swinzebert!" sussultai "Per l'amor del cielo, vuoi stare attenta oggi?"

"Si, certo, mi scusi..." farfugliai io ma continuai a non seguire.


Sentire la campanella della ricreazione in qualche modo mi rincuorò perché avrei rivisto Samuel che stava in 3N e quindi sul nostro stesso piano. Infatti non appena misi piede fuori dall'aula me lo ritrovai davanti.

"Come va?" mi chiese mentre mi abbracciava.

"Meglio" dissi stringendolo più forte.

Restammo così per un po' di tempo, che a me parve un'eternità, mi sembrò che il tempo si fosse fermato, che tutto ciò era uno stupido sogno o uno scherzo e che tornata a casa i miei avrebbero urlato "Scherzetto!!!" spiaccicandomi una torta in faccia.

Sarebbe stato davvero bello, ma non era così.

"Quindi cosa progetti di fare?" mi domandò Samuel all'improvviso.

"Cosa posso fare? Niente." dissi con voce inespressiva.

"Magari riuscirai a rimanere qui. Non sei obbligata ad andare con loro."

"Invece penso di sì, altrimenti mi avrebbero già proposto questa prospettiva."

"Allora non ci resta che goderci questo tempo insieme..." mi sussurrò nell'orecchio.

"Già..."

Volevo piangere ma avevo esaurito le lacrime, il dolore era indescrivibile, mi lacerava il petto. Volevo urlare e buttare fuori tutta la mia rabbia repressa, invece sprofondai ancora di più tra le braccia di Samuel desiderando di portarmi dietro il suo odore per sempre.

Non ti lasceròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora