Capitolo cinque

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"Ale sono a casaaaa!" urlò Fra non appena mettemmo piede in casa sua. Alessandro era suo fratello maggiore di un anno, che mi faceva troppo divertire. Avevano un rapporto strano perché passavano metà del tempo ad urlarsi contro e dirsi che si odiano a vicenda, ma poi facevano sempre pace tantoché a tutti era chiaro che nessuno li avrebbe mai potuti separare.

Non rispose nessuno.

"Mah... starà a pranzo da qualche amico" fu il commento di Francesca che si tolse le scarpe e si diresse in bagno.

Non c'era bisogno che mi dicesse qualcosa, tipo dove andare e cosa fare, visto che era come una seconda casa per me. Così andai subito in cucina ed aprii il frigo.

"Lasagne!" gridai tutta contenta alla vista di una teglia che se ne stava in prima fila tra gli altri alimenti.

Quando Fra entrò in cucina prese due piatti e mi portò così che io potessi metterci dentro un'abbondante porzione di quella delizia.

Iniziammo a mangiare silenziosamente, poi i nostri sguardi s'incrociarono per un secondo e, senza un motivo, ci mettemmo a ridere sputacchiando lasagna dappertutto.

"Ok, calmiamoci" dissi cercando di non ridere di nuovo con tutte le mie forze.

"Va bene, ti racconto una cosa triste. Quando sei andata in bagno alle quinta ora dovevi vedere la Sammartone come mi urlava contro!" la Sammartone era la nostra (isterica e anziana) prof di musica.

"Scusa, e perché?"

"Non trovavo la penna così mentre stavamo facendo l'ascolto ho chiesto se qualcuno me l'aveva presa e lei subito Di Silvio sta un po' zitta. Stiamo facendo l'ascolto, sei forse sorda?" disse quest'ultima parte imitando la voce della professoressa.

"E questo dovrebbe essere triste?" chiesi inarcando un sopracciglio.

"Vabbè, era tanto per dire qualcosa!" protestò lei.

Quando finimmo di magiare infilammo i piatti nella lavastoviglie ed andammo in camera di Fra.

Presi un telefono per controllare eventuali messaggi ma ce n'era solo uno di mia madre

MADRE:

Com'è andata oggi a scuola? ❤

Con uno sbuffo impaziente buttai il telefono sul letto della mia migliore amica e andai a sedermi vicino a lei per terra.

"Quindi ora che facciamo?" mi chiese mentre la guardavo

"Ah beh, è casa tua"

"Ma tu sei l'ospite"

"Sì, ma la casa è la tua"

"Va bene... parliamo di come farti restare qua"

"Ah, perché, c'è un modo?" dissi con l'aria di un condannato a morte.

"Non so, deve esserci"

"Beh, in questo caso non c'è!"

"Potresti vivere da me, potremmo adottarti"

"Non di cazzate Fra, lo sai che i miei non lo permetteranno mai"

"Già..."

"Beh, non so quando partiremo, spero solo che i miei non mi facciano trascorrere l'estate lì"

"Sarebbe un crimine. Ma in che città di preciso andate?"

"Berlino. In estate non c'è nulla da fare."

"Pensa un po' a come sarebbe stata la nostra vita. Io al linguistico, tu allo scientifico. Amiche, sorelle"

"Ti prego, smettila..." dissi mentre incominciavo a scaldarmi.

"Ma non ho detto nien..."

"La cosa è abbastanza bruta anche senza di te che ti metti a fantasticare su come sarebbe stata magnifica la nostra vita!" sbottai di colpo.

"Scusa, hai ragione" mormorò lei senza guardarmi.

"Forse mi lasceranno qua se continuerò a non parlargli..." azzardai.

"Speriamo..."

Il silenzio invase la stanza e mi opprimeva perché mi faceva pensare a ciò che sarebbe stato della mia vita. Dovevo distrarmi.

"Famo qualcosa!" dissi scattando in piedi.

"Uhm... giochiamo alla wii?" mi guardò dubbiosa.

"Okay"

Ci mettemmo a giocare a Mario Bros e per un po', seppur per poco, dimenticai tutti i miei problemi credendo di poter di nuovo essere felice.

Passammo tutto il pomeriggio a giocare e parlare poi decisi che dovevo tornare a casa.

Mentre stavo uscendo tornò Alessandro.

"Vodka!" disse appena mi vide. Non so perché ma continuava a chiamarmi Vodka sin dal nostro primo incontro.

"Ale!" dissi io.

"Dove vai de bello?"

"A casuccia"

"Peccato, te dovevo di 'na cosa."

Lo guardai di sbieco

"Dimmela"

"Nah, non c'è l'atmosfera giusta. Sarà la prossima volta. Ciao Vodka" e se ne andò in cucina senza nemmeno aver salutato sua sorella.

"Ma ti pare normale?" guardai Fra allibita.

"Ah, non dirlo a me. Cerco di capire quel regazzino da tredici lunghi anni"

Ci mettemmo a ridere poi la salutai e con lo zaino in spalla tornai a casa.

Non ti lasceròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora