14) Il vanto di esser se stessi

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Era normale quello che aveva avuto Sonia?

"Un malore a quella età, non è poi da tutti i giorni" Pensavo.
I medici sospettavano qualcosa ai reni, un infezione o non so ché.

Fatto sta che oltre ai brevi momenti di felicità che sentivo quando stavo con lei e la andavo a trovare, l'ipotesi che potesse avere qualcosa di poco bello si faceva spesso largo nei miei pensieri, rendendomi triste e malinconico.

Christine rendeva tutto più semplice, mi sorprese la leggerezza con la quale riusciva a tirarmi su di morale quando mi vedeva malinconico, le nozze erano molto vicine e ogni tanto, quando non potevo stare con la bimba, andavamo a frugare nei negozi per trovare qualcosa di inerente alle nozze.

Parlammo con un dottore del fatto che ci saremmo sposati una settimana dopo chiedendo se Sonia sarebbe stata fuori dall'ospedale per quel giorno.

-Guardate, non vogliamo cose fatte male in questo ospedale.- Affermò, facendoci credere che non se ne sarebbe fatto nulla.

-La bimba potrebbe avere una brutta infezione.- Sentii le lacrime pungermi gli occhi.

-Non so se sarebbe un ottima idea dimetterla prima dei quindici giorni.- Continuò.

Dovevamo fermarci, la situazione non era rose e fiori.
Mi sembrava come se stessi facendo un torto alla mia bambina organizzando un matrimonio al quale lei non avrebbe partecipato.

Successivamente parlammo di questa cosa, Christine fu disponibile a rinviarlo ad una settimana dopo, non sarebbe morto nessuno, anzi, avremmo avuto più tempo per organizzarlo.

Trovai il tempo per parlare del matrimonio con Sonia, quando quello stesso giorno che lo rimandammo, il medico mi disse che potevo andare in stanza.

Entrai in stanza come mio solito ormai, andavo tutti i giorni e ormai erano più di tre giorni che Sonia era in ospedale.

-Hey, principessa!- Le dissi festoso appena entrato.

-Ciao Papi- Rispose d'un tratto.

Non era la prima volta che mi sentivo chiamare così in quei giorni, ma non ero ancora abituato.

-Ti ho portato un regalino!- Dissi ancora festoso, agitando un bustone firmato.

-Cos'è?- Chiese concentrata sulla busta.

Non stava ancora benissimo, anche perché qualcosa c'era, ma le medicine la facevano stare meglio.
Mi piangeva il cuore nel vedere quella flebo, l'inalatore, gli strumenti medici usati su di lei, ma ciò che mi consolava era che non sarebbe durata molto, presto sarebbe finita e avremmo cominciato la nostra vita insieme, come una famiglia.

Sonia combatteva tutto, con il vanto di esser se stessi, tipico dei bambini.

-Come cos'è?- Le chiesi facendo finta di essere sorpreso.

Sonia sorrise, strinse le guance e mi guardò con quegli occhioni blu.

-Non lo so cos'è, se non me lo dici!- Rispose con la voce fine e scherzosa.

-Ti ricordi quando mi dissi che avevi visto un maglione bellissimo in vetrina quando ti portai al cinema?- Le sorrisi avvicinandomi.

-Si!- Rispose contenta.

-Apri allora!- Le dissi.

Era un bellissimo maglioncino rosso, anche se fuori stagione, l'unica cosa che avrei voluto in quel momento era vedere un suo sorriso per il regalo.

-Sai chi ce l'ha così uguale?- Le chiesi.
-Christine!- Continuai cercando di essere il più felice possibile.

-Davvero? Ma dov'è?- Chiese curiosa.

-Christine? È qui, la vuoi vedere?- Le proposi.

Accettò, dopo di che uscii per qualche secondo fuori dalla stanza, per chiamare Christine.
-Chris! Bimba, ti vuole.- Bisbigliai cercando comunque di farmi sentire non appena la vidi seduta su una sedia in corridoio.

-Arrivo! Poi devo andare a lavorare, e anche tu devi andare domani, quindi vedi di farti una bella doccia appena torni a casa.- Disse mentre andava in stanza della piccola.

Eravamo tutti e due con Sonia che, inizialmente spaesata, col passare dei minuti iniziava a prendere confidenza, parlando sempre di più.
Chiese a Christine del maglione, poi parlarono dei genitori di lei, poi dei nonni e in fine della "Famiglia di Joisy", un cartone che andava in onda spesso sulla tv nazionale e che sorprendentemente Christine conosceva.
Non voleva darlo a vedere ma ci sapeva fare eccome, anche per il fatto di non lasciarsi coinvolgere poi così tanto secondo me.

Passammo poi ad un altro discorso, il matrimonio.
La bimba avrebbe dovuto sapere cosa stesse succedendo all'esterno e cosa sarebbe successo nella sua vita.

-Sonia, sai cosa sono i matrimoni?- Le chiesi, anche un po stupidamente, ma dovevo pur partire da qualcosa.

-Quando uno vuole tanto bene?- Rispose incerta.

-Ecco, io voglio tanto bene a Pete.- Intervenne Christine.

-Anche io.- Rispose sorridendo.

Sorrisi anche io.

-Sonia, non ricordo se te ne ho mai parlato ma, vuoi venire a vivere con me e Christine?- Le chiesi.

-Ma se io vengo, poi sono una figlia?- Rispose ingenuamente.

Christine sorrise e guardò dolcemente la bimba.

-Si, sarai una figlia.- Risposi avvicinandomi.
-La mia bambina...- Conclusi, prima di darle un dolce bacio sulla fronte.

-BEH!- Urlò d'un tratto Christine, apparentemente euforica, ma si vedeva che aveva gli occhi lucidi, sobbalzammo.

-Chris cosa gridi?- Le chiesi insicuro, ma sorridente.

-Dobbiamo organizzare tutto!- Continuò.
-Ti va di aiutarmi?- Chiese a Sonia, che annuì.

Tutto era caldo e accogliente, ma qualcosa stringeva il mio stomaco, le lacrime che avevo versato in qie giorni erano tante, ma sentivo che avei pianto ancora, era solo paranoia?

-Dobbiamo scegliere i vestiti, gli invitati più intimi che possono venire prima possibile, il ristorante e tutti i color...- Iniziò, interrotta dal "toc toc" proveniente da dietro la porta.

-Scusate, ma dovreste uscire il prima possibile.- Ordinò il medico che fece spuntare solo la testa dalla porta.

-Mi aiuterai nei colori, quando vorrai mi potrai dire le tue idee, eh piccola?- Concluse Christine mentre salutava affettuosamente Sonia.

-Ciao piccola, ci vediamo domani.- Le sussurrai sedendomi sul materasso.

-Ciao Papino.- Rispose, facendomi rendere conto nuovamente non essere ancora abituato.

-Ti voglio bene.- Quasi mormorai, mentre uscivo dalla stanza.

Fuori dalla stanza c'era Christine che mi stava aspettando.

-Tesoro io vado a lavoro, ovviamente devi venire con me così porti l'auto a casa e poi vado.- Disse velocemente.

-Si adesso arrivo, devo anche andare a dormire.- Risposi.

-Non preoccuparti, quando torno da lavoro passo di nuovo.- Mi disse.

-D'accordo, andiamo.- Risposi.

Guidai io fino a casa, poi diedi la macchina a lei per andare a lavorare nell'azienda.
Non appena a casa mi sedetti stranamente composto sul divano, fissando il vuoto sbuffai.

Che storia.

Continua...

UN CIELO BIONDO [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora