15) Sarà che me lo sento

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-Sarà che me lo sento, ma non mi sento bene.- Dissi improvvisamente.

Christine mi guardò confusa.

-Scusa Pete ma, sarà cosa che cosa?- Rispose ancor più confusa dalla sua stessa risposta.

Fissando il vuoto pronunciai qualche parola incomprensibile a nessuno, nemmeno a me stesso.

-Pete hai bisogno di qualcosa?- Chiese preoccupata.

-NO!!- Urlai come se fossi impazzito e con la rabbia negli occhi.

-Pete basta.- Disse Christine.

-Pete basta, Pete basta, Pete basta, Pete basta.- Sentii rimbombare nell'aria con la voce di Christine.

-PETE BASTA!- Sentii urlare fortissimo.

-Cosa vuoi?- Chiesi

-Guarda giù, guarda giù, guarda giù, giù, giù, giù.- Sentii rispondere.

C'era Sonia, distesa a terra, non si muoveva.

-Papà, papà, papà...- Urlò quella voce che ormai non era più di Christine ma nemmeno di Sonia.

-Morta, morta, morta...- Rimbombò una voce.

-AIUTOOOOOOOOOOOOO.- Urlai.

Aprii frettolosamente gli occhi urlando, era tutto un sogno.

-Tesoro cos'hai? Hai fatto un incubo?- Cercò di chiedermi preoccupata Christine.

-Si...- Risposi con il respiro pesante.

-Era un sogno, adesso sei sveglio.- Tentò di tranquillizzarmi.

-No, l'incubo comincia adesso.- Risposi preoccupato, ma deciso del fatto che sarebbe successo qualcosa.

-Ma cosa dici?- Chiese sorpresa.

-Torno a dormire.- Risposi frettolosamente.

Mi preoccupava la situazione di quella che era ormai mia figlia, insomma, sentivo quella situazione di precarietà nell'aria, quella sensazione che senti quando vedi che va più o meno bene, ma che potrebbe facilmente peggiorare subito.

"Se fosse qualcosa di brutto?" Mi rimbombava mente e non mi faceva dormire.

"Se Anastasia sapesse qualcosa?" Mi sentivo dire ancora in testa.

Dopo qualche ora di veglia, la mia testa decise di spegnersi e dormii fino alla mattina dopo.

L'odore inconfondibile di caffè pervase la camera da letto e il cuscino a fianco a me non aveva un capo da sorreggere.

Mi alzai piano piano, facendo mente locale di ciò che era successo quella notte, e mi misi in piedi.

-Ormai sei diventata italiana eh?- Le dissi, guardando la tavola imbandita di babà, caffelatte e biscotti.

-Sono andata alla pasticceria di sotto e ti ho pensato.- Rispose dolcemente.

-Mmhh buoni, che ore sono?- Dissi.

-Sono le otto!- Rispose dopo aver guardato il suo orologio da polso.

-Cazzo, sono in ritardo!- Imprecai, mentre correvo in camera da letto per afferrare qualcosa da mettermi.

Mentre velocemente mi vestivo e nel contempo mi lavavo i denti arrivò Christine.
-Tesoro, oggi è il tuo giorno libero...- Disse con la calma di un maestro zen e con quella faccia da maestra che mai nessuno le avrebbe tolto.

Spalancai la bocca e mi resi conto che effettivamente stavo perdendo la testa.

-Senti, Pete.- Iniziò con la sua classica formula da "dobbiamo parlare".
-Capisco che tu voglia bene a Sonia, le voglio bene anche io.- Continuò gesticolando.
-Ma io non posso vederti mentre fai incubi la notte, mentre corri a vestirti per lavorare il tuo giorno libero perché hai la testa altrove oppure mentre non fai un sorriso per giorni se non quando sei con lei.- Concluse decisa e preoccupata.

Effettivamente aveva ragione, io volevo bene a Sonia, ma lei non accettava il fatto che mi consumassi così per lei.
Alla fine cosa potevo fare?
Non potevo far finta che non fosse successo nulla, non potevo far finta di non volerle bene.

-Siamo d'accordo che cerchi di essere più forte nella gestione di questa situazione?- Mi chiese velocemente con la voglia di chiuderla.

-Vabene, d'accordo.- Risposi solamente.

-E adesso siediti che facciamo colazione!- Disse scherzosamente.

Dopo aver fatto colazione, Christine si alzò per accendere la tv, ci sedemmo un po' sul divano per vedere il notiziario.

-Incidente stradale tra due camion sulla quindicesima...- Sentimmo.

La quindicesima strada era la via da dove la gente andava all'ospedale, sarebbe stato difficile andarci quel giorno se c'era stato un incidente stradale così imponente.

-Mi sa che oggi non possiamo andare a trovare Sonia.- Disse quasi tra se e se Christine storcendo le labbra in segno di disappunto.

-No, di arrivare si arriva, facciamo il giro lungo.- Risposi subito, non avrei abbandonato la mia bimba solo perché due camion avevano fatto un incidente.

-Ah si è vero, dalla settima.- Disse Christine rendendosi conto che saremmo potuti andare lo stesso dalla strada lunga.
-Ma ci metteremo un ora è mezza.- Continuò.

-Si, ma che ci vuoi fare.- Risposi.

-Dovremo partire prima.- Continuò Christine.

-Sisi, verso le 4, così se arriviamo prima dell'orario delle visite possiamo passare dal gioielliere per le fedi.- Risposi velocemente.

-Oh si è vero!- Esclamò felice.
-Adesso però devo andare a fare la doccia perché devo sbrigarmi.- Concluse.

-Cosa devi fare?- Le chiesi.

-Un po' di cose.- Disse.
-Devo andare dalla parrucchiera, poi devo andare da zio Joe per vedere se riesco ad estorcergli qualche soldino, poi devo andare al supermercato.- Rispose mentre già si stava alzando per andare al bagno.

-Capito, io faccio la doccia dopo di te perché devo andare anche io da Boe, mi aveva promesso che entro oggi sarebbe arrivato lo schermo del cellulare.- Dissi.

Christine ormai nel bagno non poteva sentirmi perché aveva già aperto l'acqua della doccia, ma sapeva già che sarei andato da Boe.

Continuai a guardare la televisione per un altro po', poi sistemai la tavola conservando il pane in cassetta e tutte le vivande, compresi i babà e tutto il resto.

Stavo pulendo dalle briciole la tavola quando il telefono iniziò a squillare.

Stranito dalla strana chiamata alle 10 di mattina, risposi.

-Pete, la questione è grave, vieni all'ospedale.- Sentii dire da Anastasia tutto d'un tratto.

Abbassai la cornetta senza nemmeno rispondere, bussai ininterrottamente alla porta del bagno.
Entrai e dissi a Christine che sarei corso subito.
-Perchè?- Chiese spaventata.
Nemmeno risposi, mi vestii frettolosamente e andai.

Presi la quindicesima, non pensando all fatto che la strada era interrotta.

Arrivai al luogo dell'incidente e mi fermarono i vigili.
-Devo passare, mia figlia sta male.- Dissi con il volto freddo e insensibile, segnato dalla sofferenza e rigato dalle lacrime.

-Non può passare, non so cosa stia dicendo.- Rispose il vigile stranito.

-CAZZO DEVO ANDARE MIA FIGLIA STA MALE!- Mi arrabbiai.

-Passi.- Rispose.

Non risposi, non rigraziai.
Accelerai come se non ci fosse stato un domani, arrivando all'ospedale.

"MIA FIGLIA DOV'È."

UN CIELO BIONDO [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora