Capitolo 3

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Seguo il ragazzo misterioso, che cammina in modo deciso di fianco a me.

"Dove stiamo andando?" gli chiedo cercando di stare al passo delle sue lunghe gambe fasciate da jeans scuri. Si volta verso di me e rallenta un po', senza dire niente, si sarà accorto del mio affanno.

"Non lo so, in realtà non so nemmeno dove mi trovo" annuncia guardandosi intorno. Spalanco gli occhi alla sua affermazione.

"Ma come non lo sai? Ma io sto seguendo te" rispondo alquanto allarmata.

"Tranquilla bambolina, prima di passare davanti casa tua ero ad un bar, volevo sbronzarmi, ma poi ci ho ripensato, è un po' squallido, ma per una bevuta va bene" mi fa l'occhiolino.

"Squallido hai detto?" mi saltano in mente i pensieri fatti prima di salire sul taxi "squallido va benissimo" sorrido. "Aspetta, non chiamarmi 'bambolina', è orribile" faccio una smorfia disgustata.

"Be', non so il tuo nome" sghignazza.

"Non è così divertente, e comunque penso che non te lo dirò" dico sollevando il mento altezzosamente.

"Non stavo ridendo per quello che hai detto, ma per la cosa che hai fatto con il naso" dice facendo spuntare fuori le fossette. Lo guardo interrogativa per poi toccarmi  il naso. Questo alimenta il suo malsano divertimento nel prendermi in giro, ma non riesco a non sorridere.

"Lo hai arricciato" dice imitando la mia smorfia precedente, dalle mie labbra pende una risata. E' una cosa carina effettivamente.
La città è abbastanza popolata, la luna lattea illumina di bianco le nuvole poco fitte vicino a lei. Le luci artificiali non permettono la vista delle stelle, se ne possono vedere solo alcune nella parte più distante e scura.
Le macchine sfrecciano veloci lungo la strada, spesso facendo volare fogli di giornale e polvere, ventate di smog mi percuotono le narici di tanto in tanto. Ma resta comunque una bella serata.
Dopo qualche minuto che camminiamo gli chiedo dove diavolo sta andando.

"Ma tra quanto arriviamo?" chiedo abbracciandomi i fianchi.

"Io penso che..." si interrompe guardandosi intorno. "Dovremmo...essere vicini" dice toccandosi i capelli.

"Più camminiamo più mi sto chiedendo perché mi sto fidando di un ragazzo che non ho mai visto e che non sa nemmeno dove diamine siamo" mi guarda ridendo, il suo sguardo si abbassa sul mio busto.

"Hai freddo?" chiede rallentando il passo.

"Un po'" dopo la mia affermazione si ferma sui suoi piedi, e io faccio lo stesso. Lo vedo armeggiare con le maniche.

"Ehi, che stai facendo?" chiedo osservandolo, non starà..

"Ti do la mia giacca, è colpa mia se sei qua al freddo" oh si, lo sta facendo. "Tieni" dice porgendomela.

"No, davvero, hai solo una maglietta sotto, sto bene" ringrazio allontanando la giacca da me.

"Ma è a maniche lunghe, non sono un gentiluomo molto spesso, quindi muoviti ad accettare" continua a tenere il braccio teso verso di me. Sospiro.

"Va bene, grazie" sorrido, mi imita mostrando i denti regolari. La sua giacca mi arriva a metà coscia "Però conduco io adesso" dico accelerando il passo.

"Va bene capo" ridacchia alzando le mani in segno di difesa.
Camminiamo altri dieci minuti finché non arriviamo da Joe.

"Ma è questo il bar! Cazzo, sei un genio" indica l'insegna "Joe's" illuminata da starlight, rido per la sua affermazione.

Entro spingendo la grande porta di vetro, appena varco l'entrata l'odore di limone e alcol accarezza i miei polmoni. Ci avviciniamo al bancone in marmo e ci sediamo sugli sgabelli in pelle. Il muro di mattoni tappezzato da insegne luminose e quadri sciatti mi fa sentire a casa. Faccio per togliermi la giacca ma il ragazzo mi ferma toccandomi la spalla.

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