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Scusate per l'attesa.

-stronzo- sibilai.
Neanche la durata dello scoppio di un lampo, che Mattia fu subito tra me e lui. Interiormente, feci per tirare un sospiro di sollievo, ma non ne ebbi il tempo, perché una mano grande mi lanciò all'indietro, e dovetti stabilizzarmi sulle gambe per non cadere.
-lascia in pace Emma, o sei un uomo morto.-
Era di una mezza spanna più alto di Stefano, e questo lo rese più minaccioso di quanto lo avessi mai visto.
-Non hai diritto di parlare, non sei nessuno per lei.- rispose, calmo.
Sapevo che aveva colto nel segno. Dall' abisso più profondo del mio cuore salì a galla la consapevolezza di ciò che rendeva debole Mattia: lui era egocentrico, voleva lasciare un'impronta indelebile in tutti, e, ascoltare una mezza verità che andava contro quelle ambizioni, gli faceva male. Soprattutto se la questione riguardava me.
Nel giro di un secondo, lo vidi avventarsi contro colui che, nonostante avessi amato, non mi faceva più alcun effetto. Gli prese il collo della camicia e fece per dargli un pugno sulla mascella. Il mio cervello, di tutto quel teatrino, registrò solo il fatto che stavamo offrendo, su un piatto d'argento, lo scoop dell'anno ad almeno cinque riviste, così, senza rifletterci, mi lanciai in mezzo a loro, cercando di fermare la mano di Mattia poggiandovi la mia sopra. In un attimo di panico ebbi paura che colpisse comunque. E invece no. Si fermó proprio ad un millimetro dal viso di Stefano. Lo guardai negli occhi, e in quel momento il tempo sembró interrompersi. Le mie fibre nervose sembrava stessero impazzendo, a quel contatto di pelle e anima.
Cercai di comunicare con lo sguardo, per potergli far sapere che, in realtà, lui era moltissimo per me. Che era riuscito a mettermi le farfalle nello stomaco, a farmi battere forte il cuore.
Non so come, o perché, ma, in qualche strano modo, pareva avesse capito. Mi sorrise di sfuggita, poi rivolse nuovamente la sua attenzione a Stefano. Portò il braccio, ancora teso, a circondarmi il fianco, dopodiché, disse:- Vattene, va'. E ringrazia che nun t'ho dato er cazzoto che te meritavi. -

Come Mattia aveva ordinato, si girò e scomparve in mezzo all'umida e frenetica folla milanese, lanciandomi un ultimo sguardo di sfuggita.
-Come stai, Emma?-
A quella domanda, un fiume di sentimenti in piena abatté la diga di forza e positività che si era instaurata in me. Lo guardai senza vederlo sul serio, con gli occhi che non riuscivano a mettere a fuoco il suo viso. Prima e durante il bizzarro incontro non avevo badato a ciò che mi infuriava dentro, mentre, dopo che il pericolo "scoop dell'anno " era scampato, le emozioni avevano allagato la mia anima.
-s-si... bene...-
Quanta falsità. Mi sentivo letteralmente a pezzi. Cercai di lisciarmi i palmi delle mani sui jeans, ma mi accorsi di stare tremando.
-Dai, torniamo dentro.-
La voce era lontana, la mia mente stava intraprendendo un viaggio nel tempo a colpi di flashback, di ricordi stipati nell'angolo del dimenticatoio, che, come attratti da una qualche calamita, stavano tornando a galla.
Non avrei voluto rammentare i momenti con Stefano: lui non faceva più parte della mia vita, ormai. Lo avevo amato follemente durante la nostra relazione, e, mio malgrado, anche dopo il tradimento. Non aveva nessun diritto Di irrompere nuovamente nella mia vita e di pretendere un tale amore da me. Dopo tutto ciò che mi aveva fatto, dopo aver distrutto tutto.

-Emma?-
Mi richiamò Mattia, preoccupato.
Cercai di rispondere il più normalmente possibile, ma sembrava che le parole volessero morirmi in gola. Alla fine, bofonchiai uno stentato "Andiamo via". Mattia accolse la mia proposta e, una volta pagato il pranzo, tornammo in albergo.
Ad aspettarmi, stesa sul letto matrimoniale, trovai Francesca. Dovevo avere proprio una brutta cera, quando varcai la soglia della camera, perché subito chiese: -Ma che hai?-
Quelle parole si trasformarono in uno dei più tristi ricordi che conservavo. Stefano ed io, nella casetta bianca, sei anni prima, seduti sul pavimento freddo, uno di fronte all'altra. Piangevo tanto, ero profondamente ferita dai pesanti insulti a me rivolti, e Stefano mi accarezzava, cercando di tranquillizzarmi. Trovai la pace, tra le sue braccia, quel giorno e tante altre volte. E, si, avrei voluto un momento come quello, un abbraccio da parte di chi mi amava davvero. Non immaginavo neanche, o forse nella parte più profonda del mio inconscio lo sapevo, che tutto ció che desideravo si trovava già accanto a me, in quella stanza d'albergo, a cingermi la vita con il braccio e a farmi impazzire il cuore.

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