R

689 28 4
                                    

Mi piacerebbe se voi COMMENTASTE con le vostre opinioni. Grazie❤

No. No, no, no.
Non poteva davvero essere successo. Mi portai le mani al viso, confusa.
Mi ero lasciata andare.
Quel pensiero iniziò a frullare vorticosamente nella mia testa, senza mai fermarsi.
Avevo permesso a Mattia di infrangere nuovamente ogni mia sicurezza.
Ci avevo impiegato un'estate a cercare di allontanarmi da lui. C'ero quasi riuscita, e lui, in due giorni, aveva rovinato TUTTO!
Il mio respiro divenne affanno, mentre misuravo il pavimento della camera a grandi passi, con le lacrime agli occhi per il nervoso.
Avrei voluto urlare dalla rabbia.
Odiavo lui perché ogni volta che i suoi occhi si scontravano con i miei, era impossibile essere razionale.
Odiavo me per averlo fatto vincere ancora una volta. Per avergli permesso di lasciare, ancora una volta, un graffio nel mio cuore.
E odiavo quella situazione di merda, che se non avessi accettato di registrare una maledettissima canzone, non mi ci sarei ritrovata in mezzo.

-Emma. -
Mi voltai di scatto.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi.
-Mattia. -
Quella voce non era la mia. E lui se ne accorse. I suoi occhi divennero scuri.
Mi sentivo in trappola. Non sapevo come uscire da quella vicenda.
Sentii il pianto sempre più vicino. Non capivo perché, però il mio cuore aveva iniziato a battere forte e sentivo, nella mia testa, l'eco delle parole di Mattia della sera precedente. No, no, no! Era sbagliato!
Mi voltai, facendo per andarmene, ma lui, le mie lacrime, le aveva viste.
Mi afferrò per il polso, e altra sua mano si posò sotto al mio mento.
Non dovevo alzare lo sguardo. Era facile.
-Emma... -
I miei occhi, d'istinto, incontrarono i suoi.
No. No.
Non alzare lo sguardo.
La mia parte razionale urlava di smetterla, di girarmi e uscire da quella stupida camera in men che non si dica. Ma non ci riuscii. I suoi occhi, seppur avendoli visti tante volte, mi colpirono ancora. Come una lama nel petto. Forte, capace di toglierti il respiro dai polmoni. Una pugnalata al cuore che, si, faceva male, malissimo. Perché era stato tutto un errore. I baci, le carezze, gli occhi che si scontravano e si perdevano.

Dovevo dire qualcosa, il momento era diventato fin troppo assurdo.

-Che vuoi?-

Abbassai lo sguardo, accorgendomi del mio tono più che gelido.

-Io... No, niente. -
Mi accorsi che la sua mano calda stringeva ancora il mio polso, e la stessa mia mano teneva ancora il foglio stropicciato con i versi scritti, stropicciandolo quasi.
Se ne accorse anche lui, che mi lasciò, e sentii un piccolo enorme vuoto dentro espandersi a macchia d'olio nel petto.
Non avevo di idea di cosa dovessi fare. Sarei voluta scappare, ma quel calore che mi aveva trasmesso fino a pochi secondi prima, e il suo sguardo straziato mi distoglievano da qualsiasi pensiero ragionevole.
Decisi, però, che la mia curiosità avrebbe avuto la meglio su tutto. Così, nel tono piú distaccato possibile, domandai: -Cosa sono? -
E gli esposi il foglio in bella vista.
Parve spiazzato, anzi, no. Lo era sul serio. La carta era stata archiviata e cestinata, non avrebbe mai potuto immaginare che l'avrei trovata.
La sua espressione cambiò.
Giurai di aver visto un guizzo in quegli occhi, il luccichio che notavo quando aveva in mente idee geniali, e le parole prendevano forma da sole sotto il movimento della penna, come se un pezzo di lui stesse ordinando loro di disporsi per comporre versi, strofe e canzoni, o meglio, poesie.
Mi guardò di sottecchi, preso da un attimo di insicurezza.
-Erano delle barre su "Giù con me". Un pezzo nuovo. Però, se non ti piace...-
-No, no! Mi piace!- Lo interruppi, tradendomi pietosamente.
Il verde delle sue iridi si accese, e gli angoli delle sue labbra si sollevarono appena.

Mi spostai.
In quel momento mi accorsi della sua seminudità e della mia. La finestra aperta permetteva ad un venticello pungente di trapelare, mettendomi il freddo addosso.

-È meglio se te ne vai. -
-E dove?-
Rise, beffardo.
-Dove vuoi, ma vattene, mi devo cambiare. -
-Ma sei pazza? -
-Cretino. -
-Rompipalle. -
Non lo ascoltai e, presi i vestiti dalla valigia, mi rifugiai in bagno. Avevo già i cosiddetti scartavetrati. Quella sua capacità di urtarmi i nervi come nessuno sapeva fare, mi dava fastidio ogni attimo di più. Gli avrei urlato contro.

I miei piedi bagnati si posarono sul tappetino peloso, fuori dalla doccia. Rabbrividii, e raccattai immediatamente un asciugamano da uno sgabello vicino, coprendomi alla svelta.
Mi pettinai i capelli e passai il phon, per cercare di dar loro una forma, invano. Dallo specchio si intravedeva, riflessa, la porta chiusa, e quasi mi aspettavo di vederlo sullo stipite di questa, a guardarmi come lui sapeva fare. Ma un moto di rabbia mi prese: in fondo, ero troppo orgogliosa per dargli la soddisfazione di pensarlo.

Uscii dal bagno vestita e truccata di tutto punto, dopo un quarto d'ora. Lui era seduto al cellulare e non ci degnammo di uno sguardo.

Neanche una parola, ma un livello di tensione così alto che non riuscivo a spiegarmelo. Alla fine non era successo niente, però prima della serata appena trascorsa ci comportavamo come due amici. In quel momento, invece, poco più che conoscenti.

Francesca ci avrebbe aspettato direttamente agli studi. Che nervi. Se ci fosse stata, avrebbe interrotto lo scorrere di quella situazione di merda. Mentre restituivo le chiavi della camera alla receptionist, vidi Mattia parlare al telefono a bassa voce, tutto infervorato come un galletto.

Salimmo in macchina.
-Domani sale Ludovica.-
-Ah.-
Smettila.
Seriamente, avrei dovuto smettere di farmela stare sulle palle. Non mi aveva fatto nulla. Continuammo ad ignorarci per il resto del tragitto. Andava non bene, benissimo! Avremmo seguitato a comportarci da ragazzini, perfetto! Se quello era il suo gioco, avrei partecipato anch'io.

Sentii il suo sguardo addosso mentre ci accingevamo, lui, Francesca ed io, ad entrare negli studi.
Salutammo il produttore, Matt, e lo presentammo a Mattia. Si percepiva che fosse emozionato, da come si tormentava le mani, ma dal suo viso non trapelava nulla.

Decidemmo di cantare prima separatamente. Fui io ad iniziare. Ero nervosa. Ma quando mai? Un vuoto enorme nello stomaco, e nella testa, al posto delle mille solite e banali paranoie. Scolpite avevo le parole della canzone. Come avrei potuto dimenticarle, se parlavano di un noi che volevo così ardentemente? Come potevo dimenticarlo, se vedevo solo lui, e tutto intorno spento?

"Mi scordo di dimenticarti"

«Siamo Due Storie Sbagliate, Diventate Perfette»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora