The Eye Of The Storm

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Le parole fornitemi da Simiale72 sono: ballo,cosce,lingua.

Il tappeto persiano nel salotto di casa Salvatore attutiva il rumore dei tacchi degli stivali di Damon che da mezz'ora si muoveva in circolo, rigirandosi il bicchiere di whiskey in mano, ponderando se fosse il caso di scolare quanto più alcool possibile prima dell'arrivo degli altri. Elena lo osservava, seduta sul divano con una gamba contro il petto ed il mento poggiato sul ginocchio. La camicia scura del vampiro non riusciva a camuffare la tensione che gli irrigidiva le spalle. Continuava a stringere e ad aprire le mani, quasi come se l'istinto di prendere a pugni qualcuno lo assalisse improvviso ed altrettanto improvvisamene lo abbandonasse. Lei si sentiva impotente: non solo sapeva di non poter fare niente per lui, ma era anche lei spaventata ed agitata per quello che sarebbe successo di lì a poco. Ripensò ai due giorni trascorsi al castello e le sembrò di aver vissuto un altro secolo nel frattempo. Era riuscita a creare un'oasi per lei e Damon in quel posto così suggestivo, sapeva che sarebbe finito tutto, ma aveva pensato che se solo fosse riuscita a ricordarsi e a ricordare a lui che c'era un modo per essere felici, forse sarebbero riusciti ad affrontare tutto con più facilità. Non poteva sbagliarsi di più. Seduta su quel divano, inerme, guardando la preoccupazione tendere il volto del suo fidanzato, si rese conto che i bei ricordi costruiti appena tre giorni prima, bruciavano nella sua anima dolorosamente.

Caroline li aveva chiamati e gli aveva detto di stare lontani da Mystic Falls per un paio di giorni. Damon si fece convincere a rimanere al castello.
D: «Io lo dico per te, Elena... questo posto sarà affascinante... ma è vecchio ed abbandonato... non c'è nessun tipo di agio... a stento abbiamo l'elettricità. In un Hotel avresti la Tv, internet, l'acqua calda! Sul serio non vuoi stare più comoda?»
provò a convincerla.
E: «Non mi serve la comodità... e poi sarà un po' come tornare alla tua epoca... anche allora non ce n'erano, eppure parli di quel periodo come il migliore della tua vita...»
D: «Il migliore della mia vita 'mortale'! Gli anni '70 non si battono!»
replicò lui.
E: «Certo... il periodo in cui la tua umanità era spenta e ti davi alla pazza gioia... il periodo in cui tu e Lexi...»
D: «A-ah! Questa è decisamente una conversazione che non voglio fare... hai vinto! Resteremo qui!»
la bloccò. Elena sorrise soddisfatta e si guardò intorno, immaginando il posto senza tutti i teli a ricoprine i mobili.

Furono due giorni particolari, parlarono molto: Damon le raccontò della sua infanzia in quel posto e lei passò tutto il tempo ad immaginarselo bambino, senza riuscirci. Era difficile per lei figurarselo senza tutta quella vita addosso. C'erano dei momenti in cui si apriva in sorrisi limpidi, privi di ombre, scevri da ogni sorta di preoccupazione: era quando si amavano e lei riusciva a sottrarlo a se stesso. In quelle rare occasioni le pareva di poter scorgere qualcosa del bambino che si nascondeva nelle cucine per rubare i dolci prima di cena insieme a Stefan, insegnandogli i trucchi per non farsi scoprire, ma erano lampi di luce nella notte: brillavano un istante e restavano negli occhi solo un altro po', poi il buio tornava ad essere un muro denso. Damon le aveva fatto vedere ogni angolo del castello e l'aveva portata a scoprirne i giardini, ormai ridotti a distese di erbacce. Lei gli rimase accanto, vigile, attenta a tutti i suoi cambi di umore, pronta a strapparlo via dalle sue tenebre. Il giorno in cui Caroline la chiamò di nuovo, però, si era distratta, perdendolo di vista un istante.

Erano sul letto della stanza della prima notte di nozze che era diventata la loro, in quelle breve pausa dalla propria vita. Ridevano e scherzavano sulla scarsa igiene che regnava nel 1864.
D: «Hey... non sottovalutare l'odore di un vero uomo...»
E: «La puzza vorrai dire! Un bagno al mese? Andiamo! È disgustoso!»
D: «Beh... sì... un po' era disgustoso... ma ai tempi non si faceva caso a questi dettagli!»
E: «Ci credo! Dovevate tutti avere i condotti olfattivi bruciati!»
ribatté lei. Scoppiarono a ridere e lei si beò di quel lampo nel buio. Lui tornò serio, le mise una mano sul ventre e sospirò.
E: «Cosa?»
chiese lei, incuriosita da quella nuova espressione. Lui scosse la testa e disse semplicemente:
D: «Grazie...»
Si avvicinò e la baciò teneramente. Rimasero occhi negli occhi per un po' e senza quasi accorgersene Elena si addormentò. Quando si svegliò, poco più tardi, Damon era sparito. Si alzò di scatto e si guardò intorno, controllò l'ora sul cellulare e scese a piedi nudi dal letto. Andò a cercarlo e lo trovò nel grande salone: le aveva detto che veniva utilizzato per ospitare lussuosi balli a cui si intrufolava insieme a Stefan. Appostati sotto ai tavoli spiavano i grandi ballare, chiacchierare e, dalla loro postazione strategica, assistevano a scambi di effusioni poco consoni.
Damon era in piedi di fronte alla finestra che dava sulla grande fontana centrale, i suoi occhi riflettevano l'abbandono di quello che era stato uno dei più bei giardini di tutta la contea. La sua mente, però, era lontana da tutto ciò. Nella sua testa c'erano fissi solo due occhi verdi, iniettati di sangue e rabbia. Erano impressi lì da quasi un mese, ogni tanto riusciva a distrarsi abbastanza a lungo da non doverli più subire, ma poi tornavano sempre ad ardere con tutto l'odio di cui erano capaci.

Stefan era di fronte a lui, le zanne spuntavano da sotto al labbro arricciato in un ringhio.
D: «Stefan... calmati... sono io... Damon...»
cercò di tranquillizzarlo.
S: «So perfettamente chi sei... fratello!»
sibilò.
D: «Che ne dici allora di rilassarti? Non ti farò del male...»
S: «No? Pensi di avermene già fatto abbastanza?»
chiese rabbioso. Damon corrugò la fronte incapace di stabilire se stesse parlando di Elena o di altro.
S: «Cosa c'è? Hai perso il conto di tutte le ferite che mi hai inferto che non capisci più a cosa mi riferisco?»
proseguì Stefan, quasi carpendo i pensieri del fratello.
D: «Stefan... ne hai passate tante! Ti serve del tempo...»
S: «Tempo?» lo interruppe «Ne ho avuto fin troppo di tempo! Mentre tu eri qui a goderti la tua felicità, io ero in fondo ad un lago a marcire! Sai come passavo il tempo, Damon? A pensare! In quei brevi istanti prima di lasciarmi morire... io pensavo! Pensavo a te... pensavo al mio caro ed amato fratellone!»
D: «Stefan...»
intervenne debolmente.
S: «Tu... tu e Katherine... voi mi avete rovinato la vita! Lei mi ha ingannato... mi ha fatto credere di essere qualcun altro... ha approfittato del mio amore per lei... ma tu... tu eri mio fratello! Tu mi dovevi proteggere! Tu avresti dovuto avvertirmi che lei era... lei era...»
D: «Cosa, Stefan? Che era un vampiro? Un mostro? Non era quello che volevi sentire! Tu ti sei innamorato di lei senza conoscere la sua natura... quando l'hai scoperta ti sei spaventato, ma hai continuato ad amarla!»
S: «Lei mi ha manipolato! Mi ha soggiogato!»
D: «Dopo, Stefan! Lei ti ha soggiogato DOPO che te ne eri innamorato! Non ti ha costretto ad amarla, ti ha solo impedito di scappare una volta scoperta la verità!»
S: «Trasformandomi? Facendomi diventare un mostro?»
D: «Anche quella è stata una tua scelta, fratello...»
gli disse amaramente. Nella mente di Stefan si fece spazio il ricordo di come Damon sarebbe voluto morire e di come lui, invece, lo convinse a restargli accanto.
S: «Certo... ora la vittima sei tu...»
D: «No, Stefan... non c'è nessuna vittima qui... tu hai fatto le tue scelte, io le mie»
rispose placido. Stefan rimase a guardarlo sentendo un veleno liquido percorrergli le vene. C'era qualcosa nelle parole del fratello che aveva toccato una parte di lui che si ribellò, arrabbiandosi. Spezzò l'asta di una lampada da terra in legno e spinse l'arma improvvisata nell'addome di Damon, colto alla sprovvista. Elena entrò nella stanza con gli occhi sbarrati.
E: «Stefan...»
sussurrò, lui la guardò con rabbia.
S: «Tu...»
ringhiò. Leggendo l'odio negli occhi del vampiro credette per un istante che fosse per lei, poi capì che l'aveva scambiata per un'altra persona.
E: «S-sono Elena... non sono Katherine...»
si affrettò a dirgli, come fosse il suo lasciapassare per superare quell'attacco d'ira.
S: «Katherine... Elena... sono solo nomi... tu mi hai fatto diventare un mostro... tu mi hai rovinato la vita! Non importa come ti fai chiamare ora, mostro!»
esclamò, prima di torcerle il collo. Damon vide la sua ragazza cadere a terra morta e poco prima di svenire, gli occhi verdi di Stefan lo fissarono, odiandolo.

Quello sguardo era diventato il suo nuovo incubo. Che dormisse o che fosse sveglio, se non c'era niente a distrarlo si perdeva in quell'amaro ricordo.
Elena si avvicinò lenta e lo abbracciò da dietro. Il piccolo sussulto di lui le fece capire che lo aveva appena recuperato da un altro dei suoi naufragi.
D: «Stai diventando sempre più silenziosa...»
le disse, con la voce impastata come se si fosse appena svegliato.
E: «Sei tu che stai diventando sempre più distratto...»
rispose lei, aprendo i palmi sul petto di lui. Damon poggiò le proprie mani su quelle di Elena e sospirò. Rimasero in silenzio per un po' poi lei iniziò a dondolare. Lui rimase immobile, rigido.
D: «Cosa stai facendo?»
le chiese confuso.
E: «Quattro volte...»
D: «"Quattro volte"... cosa?»
E: «Quattro volte mi hai portato via dall'inferno ballando...»
Damon continuò a restare fermo mentre il corpo di lei si muoveva morbido contro la sua schiena. Sentì la fronte di lei poggiarsi tra le sue scapole e quando tornò a parlare, la voce giunse un po' soffocata.
E: «Ricordi? Il mondo... il nostro mondo è andato incontro all'apocalisse più di una volta... ma tu sei riuscito a regalarmi qualche attimo di pace... semplicemente ballando... sei stato come l'occhio del ciclone: un attimo di calma mentre tutto intorno veniva estirpato via con violenza»
Elena non smise di muoversi nel dire quelle parole e lui continuò a restare fermo, sentendo la forza magnetica di lei agire sulla sua mente, allontanando i suoi dolorosi ricordi.
D: «Peccato non ci sia della musica... in un Hotel avremmo avuto...»
iniziò a dire, ma lei lo zittì:
E: «Sssshhh... se la memoria non mi fa difetto... l'ultimo ballo lo abbiamo fatto con solo il crepitio del fuoco a dare ritmo...»
La mente di Damon sprofondò in quella prima notte in cui lei era stata sua completamente, prima di scoprire del sire bond. Anche allora il mondo stava rotolando verso il basso, ma loro erano riusciti a sentirsi felici... e tutto era iniziato con un ballo. Si girò con Elena ancora intenta a dondolare: le forme sinuose del suo corpo ora scorrevano sul suo petto. Le fece scivolare le mani sui fianchi e diminuì ancora di più la già poca distanza tra loro. I loro occhi si agganciarono ed il corpo di Damon iniziò a muoversi insieme a quello di Elena, lei sorrise. Gli poggiò la testa sul petto e chiuse gli occhi, sentendo la bocca di lui posarsi nei suoi capelli. Le forti braccia del vampiro la cinsero forte e lui desiderò poter fare della loro carne un'unica ed indistinta massa. Lei subì la morsa sentendosi come un bicchiere di cristallo sull'orlo di frantumarsi. Adorava sentirsi così: al limite tra l'essere e l'estinguersi.
Damon inalò il profumo dei suoi capelli di seta e lei seppe che lo aveva agganciato, adesso erano insieme.
Le mani scorsero sulla schiena possente di lui, meno rigida rispetto a poco prima. Continuò ad accarezzarlo indugiando sui glutei e sui fianchi.
Il seno di Elena si schiacciava sul petto di Damon, lo percepì in tutta la sua soda morbidezza ed il sangue iniziò a ribollirgli nelle vene. Le sue mani si spinsero contro la schiena di lei e scesero anch'esse sui suoi glutei tondi e sodi.
In quel gioco di pressioni lei sentì l'erezione di lui crescere e sfregarsi contro il suo ventre. Sollevò lo sguardo e negli occhi le comparve quella scintilla che lui non si stancava mai di cogliere. Si piegò leggermente sulle ginocchia e le afferrò una gamba, incastrandosela su un fianco, poi ristese le gambe, sollevandola.
Elena si diede una spinta con la gamba ancora a terra e gli salì in braccio, sistemandosi con un gemito. Lui socchiuse la bocca liberando un sospiro che si posò caldo sul viso di lei. Si fece passare la lingua sul labbro inferiore e la guardò in balìa del fuoco che gli incendiava il basso ventre. Lei gli prese il viso tra le mani e si chinò a baciarlo: le loro bocche si spalancarono e le loro lingue corsero ad abbracciarsi.
Damon si mosse stringendola e accarezzandola, sentendo i loro piaceri sfregarsi attraverso la stoffa dei jeans. Trovò un mobile ancora coperto da un pesante lenzuolo impolverato, con un gesto impaziente lo tirò via, scoprendo un pregiato tavolo in legno con il ripiano in marmo lavorato. Ci poggiò sopra Elena e fece scivolare le mani lungo le sue cosce fino alle ginocchia, si agganciò nell'incavo afferrando i polpacci e la tirò a sé, riportando i loro sessi a contatto. Le dita di lei si tuffarono nel petrolio dei capelli di lui, intrecciandosi ai ciuffi ribelli. Il loro bacio iniziò a bruciare, divenne denso e corposo. Le gambe di Elena si strinsero intorno alla vita di Damon facendole sentire l'erezione di lui crescere e lottare contro i tessuti che li separavano. I seni di lei erano racchiusi nelle mani di lui che con pollice ed indice ne stuzzicava i capezzoli che si spingevano feroci oltre la stoffa leggera della camicetta di seta.
Sull'orlo della pazzia per il desiderio, scese rapida con le dita a cercare di sganciargli i bottoni dei jeans, i gemiti di lui che sfuggivano a quel bacio rovente le impedirono di distinguere il rumore che già da un po' echeggiava in quel salone insieme a loro. Con dolore una parte di lei si costrinse a definire l'origine del suono: il cellulare.
Smise di armeggiare con l'apertura dei pantaloni di Damon ed utilizzò le mani per fare leva sulle spalle di lui e trovare la forza di staccarglisi dal viso. Lui rimase con la bocca aperta, sconvolto: un grido muto di protesta.
Lei si affrettò a recuperare il telefono dalla tasca sul retro dei Jeans mentre sentiva la voglia batterle ancora tra le gambe. Guardò il display ed il nome di Caroline brillava isterico al centro del led. Si schiarì in fretta la gola e rispose:
E: «C-Care!»
Damon poggiò disperato la testa sul suo petto: si tornava all'inferno.
Caroline comunicò che sarebbero potuti tornare, che aveva organizzato tutto e che si sarebbero visti a casa Salvatore il pomeriggio successivo. A malincuore riposero i teli sui mobili, sigillarono il castello e si rimisero in viaggio. Arrivati a Mystic Falls furono assaliti dalla consapevolezza di quel che li attendeva.

Ed ora era lì, in attesa di rivedere Stefan dopo le parole d'odio che le aveva detto prima di sparire nel nulla. Non era del tutto certa fossero sul serio rivolte solo a Katherine. Osservò l'orologio a pendolo desiderando fermarne il dondolio, ogni secondo scandito la allontanava dall'ultimo momento in cui si era sentita al sicuro e forte, pronta ad affrontare tutto. Tornò a puntare gli occhi sull'insofferente marcia di Damon e sentì un dolore nascosto stringerle il cuore. "Lui è stato in questa situazione per 6 mesi, da solo! Lui è più stanco di me... adesso tocca a me essere forte per lui" pensò. Di colpo capì che non si trattava di quel che avrebbe dovuto affrontare lei: Stefan aveva tutto il diritto di odiarla, lei gli aveva spezzato il cuore, ma Damon non meritava quel tipo di sentimento. Suo fratello non poteva far pagare a lui, ancora, quanto di brutto gli era successo nella vita: né Katherine, né il vampirismo... né lei.
Si alzò di scatto, interrompendo il milionesimo giro di Damon che sussultò.
D: «Che succede? Hai sentito qualcosa?»
le chiese allarmato. Lei scosse la testa.
E: «Ho capito una cosa...»
Lui la interrogò con lo sguardo. Elena gli si avvicinò prendendogli la mano.
E: «Andrà tutto bene»
affermò sorridendo.
D: «Hai capito questo? Che tutto andrà bene?»
Lei annuì.
D: «Come fai a dirlo?»
E: «Perché non permetterò che vada diversamente... fidati di me!»
Gli occhi neri di lei si illuminarono di una determinazione che lui aveva imparato a conoscere e improvvisamente la calma gli si spanse nel petto.

"Sulla lingua il sapore amaro dell'odio,
Tra le cosce l'urlo di una passione colpevole,
E il cuore sussulta in un ballo sincopato, 
Un bolero in crescendo 
Straziante di voglia,
Lancinante di colpa ..."
- Mammaesme -

AUTRICE ORIGINALE : Grazie anche oggi a Mammaesme per il regalo <3

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