Make A Wish

114 4 0
                                    


Le parole fornitemi da Giuliavr46 sono: neve,regalo,cenere.

Gli occhi di Damon si aprirono, dal cielo scuro scendeva qualcosa che gli sembrò pioggia, ma non stava piovendo. Tutto intorno a lui era asciutto, troppo asciutto. Sentì il calore eccessivo della temperatura e l'odore di bruciato gli invase le narici. Voltò la testa di lato ed una fitta di dolore gli attraversò il cranio, chiuse gli occhi ed una smorfia gli si dipinse in faccia ma nessun suono uscì dalla sua gola. Il male si dissolse e lui riaprì adagio gli occhi: intorno a lui tutto andava a fuoco. Tornò a fissare il cielo muovendosi lentamente ed osservò la cenere, che cadeva lenta come la neve, depositarsi inconsistente sopra di lui. Rimase immobile mentre il terreno su cui era sdraiato diventava sempre più incandescente. Sentì il calore propagarsi dalla sua schiena al resto del corpo. Improvvisamente si rese conto di non provare né paura, né ansia, si sentiva stranamente calmo, come se non stesse succedendo nulla di strano.
D: «Perché non scappo?»
si chiese. La sua voce risuonò roca, bruciata, come se fosse stata inscatolata in fondo alla gola per tanto... troppo tempo.
D: «Che posto è questo?»
tornò chiedersi.
«A quale dei tuoi dubbi vuoi che risponda?»
La domanda si formò nella mente di Damon senza una voce precisa. Era come se qualcuno gli stesse parlando direttamente nella testa senza usare nessun suono. Lui continuò a rimanere stranamente calmo e quindi rispose:
D: «Perché non scappo?»
«E perché dovresti scappare?»
Di nuovo quella domanda gli si formulò nella mente, completamente afona.
D: «Sono in pericolo... va tutto a fuoco...»
ribatté lui, senza però nessun allarme nel tono.
«Se tu fossi in pericolo, scapperesti... ma sai che non hai niente da temere. Sei dove devi essere... sei a casa»
D: «S-sto sognando?»
volle sapere, iniziando a sentirsi confuso.
«E perché lo chiedi a me?»
D: «Chi sei tu?»
«Oh... credo tu lo sappia... sei quello intelligente, del resto...»
D: «I-io non capisco...»
«Capirai...»
D: «Dove sono? Dimmelo!»
ringhiò Damon, improvvisamente invaso dalla paura.
«Damon... sei a casa, te l'ho detto...»
D: «Questa non è casa mia! Dove sono? Che posto è questo?»
urlò, ormai completamente terrorizzato.
«Sei nel luogo a cui appartieni, Damon... sei all'inferno!»

Damon si alzò di scatto sul letto sentendo un urlo morirgli in gola. Si guardò intorno, la stanza era completamente buia, la notte fuori era senza luna e senza stelle. Sentì la mano di Elena afferrargli il braccio e la sensazione di calore che gli stava bruciando la pelle svanì.
E: «Hey... che succede?»
gli chiese con la voce impastata dal sonno.
D: «N-niente... io... non ne sono sicuro...»
farfugliò lui. La sentì rotolare sotto le lenzuola ed armeggiare con l'abat-jour, un secondo più tardi un timido bagliore gli ferì gli occhi, ormai abituati al buio. Il viso di lei gonfio di sonno,
"di bei sogni" pensò in fretta, era fisso su di lui.
E: «Damon...»
disse avvicinandosi. Il profumo della sua pelle si insinuò in lui e si rese conto solo in quel momento di aver continuato ad avere l'odore di bruciato nel naso. Scosse la testa e provò a sorriderle.
D: «Niente... sul serio... credo... io credo di aver avuto un incubo»
la rassicurò. Elena corrugò la fronte e lo guardò stranita.
E: «Sembri sorpreso...»
D: «Elena... io non faccio incubi... non da quando ero un bambino paffuto con la paura del buio... ed anche allora, credo fingessi di averne solo per farmi coccolare un po' da qualche cameriera...»
scherzò, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
E: «Tutti fanno gli incubi, Damon... magari non te li ricordi...»
D: «Elena... io gli incubi li vivo... sono io stesso un incubo... non ha molto senso farne, non credi?»
replicò lui. Lei aprì la bocca per dire qualcosa, ma ci ripensò.
D: «Che c'è?»
la incitò lui. Elena si morse il labbro inferiore e lo guardò, prendendosi altro tempo per pensare a cosa dire.
E: «Io... io credevo stessi bene... io... non so, mi sembrava che fossi felice... ecco»
gli disse timidamente, abbassando gli occhi. Damon sentì qualcosa spezzarsi dentro di lui, le sollevò il mento con un dito e la costrinse a guardarlo.
D: «Io sto bene...»
la rassicurò.
E: «Ma non sei felice...»
sussurrò lei, con voce tremante. Lui la fissò e desiderò poterle dare anche quella certezza, ma non poteva. Sarebbe stata una bugia e le aveva promesso che non le avrebbe mentito mai più. Erano passate due settimane dal ritorno di Stefan ed ogni giorno da allora fu come vivere in una bolla d'aria pronta ad esplodere da un momento all'altro.

Damon ed Elena erano rientrati dai loro due giorni al castello ed attesero gli altri.
I primi ad arrivare dopo di loro furono Matt e Jeremy, i ragazzi si erano spinti fino a Chicago per cercare Stefan. Subito dopo arrivarono Tyler, lo sceriffo Forbes e la dottoressa Fell. Liz aveva provato a rintracciare Stefan usando la rete della polizia, Tyler aveva contattato tutti i branchi con cui aveva stretto rapporti durante la sua fuga da Klaus e la dottoressa Fell aveva tenuto sotto controllo gli ospedali, nel caso in cui fossero arrivati pazienti con strane ferite di 'attacchi animali'. Arrivò anche Katherine, tra lo stupore generale visto che lei non si era unita alla ricerca.

K: «Stefan mi odia, mi vuole morta! Ha scambiato Elena per me e le ha torto il collo... non so se vi è sfuggito, ma la vostra tenera Elenuccia mi ha trasformata in una vulnerabile umana ed a quanto sembra non è più possibile invertire il processo... è meglio che stia alla larga da voi vampiri cattivi!»
Aveva detto al gruppo, tirandosi fuori dai piani per trovare Stefan.
D: «Umana, vampira o demone infernale... quale che sia la tua natura, Katherine, la parola 'vulnerabile' non ti si addice...»
ribatté Damon, stufo di dover lottare con lei.
K: «Oh... se proprio ci tieni alla mia compagnia posso sostituire la tua fidanzatina...»
replicò maliziosa, facendo scorrere un dito sul petto del vampiro. Prima che se ne potesse rendere conto si ritrovò contro la parete, sollevata per il collo da Elena.
E: «Katherine... ricorda che Stefan non è il solo ad odiarti... al posto tuo eviterei di istigare più del dovuto...»
la minacciò senza mollare la presa. Katherine batté le mani sui polsi di Elena, scalciando e tossendo.
D: «Elena... lasciala andare... ha capito la lezione... spero!»
disse Damon, accarezzando le spalle della fidanzata. Lei allargò le braccia e lasciò cadere Katherine sul pavimento, come fosse uno straccio sporco.

D: «Cosa ci fai tu qui?»
le chiese Damon.
E: «Già... credevo avessi paura di noi 'vampiri cattivi'!»
la stuzzicò Elena, incrociando le braccia sul petto e spostandosi impercettibilmente di fronte a Damon.
K: «Sono stata invitata...»
rispose lei, sedendosi sul divano.
D: «Ah sì? E da chi?»
S: «Da me...»
La voce di Stefan giunse improvvisa.
Era arrivato durante la diatriba, silenzioso. Accanto a lui c'era Caroline che guardava tutti con una strana ansia negli occhi.
D: «S-Stefan...»
S: «Ciao Damon...»
lo salutò, con un sorriso imbarazzato. Si voltò a guardare verso Caroline e lei annuì, come per incoraggiarlo a parlare.
S: «Vi ringrazio per essere venuti...»
esordì.
D: «Ci ringrazi? Stai andando in pensione e questa è la festa per i saluti? Se l'avessi saputo avrei preso un regalo! Dove diavolo sei stato!?! Come stai?!?»
proruppe Damon, confuso.
C: «D-Damon... lascialo parlare... ti spiegherà tutto...»
intervenne Caroline, stingendo la mano a Stefan, irrigiditosi di colpo. Tyler osservò la scena e si incupì. Si sedette accanto a Katherine sul divano e si strinse le braccia al petto, indurendo la mascella.
S: «O almeno ci proverò...»
aggiunse Stefan, rilassandosi. Elena si avvicinò a Damon, gli prese il braccio e lo sentì tremare.
D: «Scusa... io... io non volevo aggredirti...»
S: «No... non scusarti... hai tutte le ragioni per esserti preoccupato... io... io non so da dove iniziare...»
C: «Posso iniziare io, se vuoi...»
propose Caroline. Lui la guardò con gratitudine ed annuì.
La vampira raccontò di averlo trovato nascosto nelle grotte dei Lockwood, Tyler fece scattare la testa, come se quella notizia lo avesse turbato. Caroline proseguì evitando di guardarlo negli occhi.

Stefan si era incatenato e stava provando a lasciarsi morire di fame. Quando lei arrivò il corpo del vampiro aveva iniziato a dare i primi segni di cedimento: la pelle raggrinzita, il colore grigio e gli arti rigidi. Si precipitò a liberarlo ma lui si mise ad urlare con la poca forza rimastagli. Non voleva essere liberato, voleva morire... o almeno essiccarsi al punto da non dover più sentire niente.
C: «Ma sentirai... di meno, certo, ma comunque sarai vivo...»
gli disse lei, inginocchiandosi di fronte all'amico.
S: «E allora uccidimi! Uccidimi tu! Non posso muovermi... non opporrò resistenza! Uccidimi, fallo ora!»
la supplicò. Caroline si portò le mani alla bocca e cercò di ricacciare indietro le lacrime.
C: «Cosa... che cosa ti ha fatto?»
sussurrò, disperata. Stefan la guardò e parve riconoscerla solo in quel momento.
S: «C-Care? Sei tu?»
la vampira annuì e due lacrime scesero a bagnarle il viso. Si avvicinò e gli accarezzò il volto pieno di crepe.
C: «Sì... sono io!»
S: «Caroline... tu... tu mi devi uccidere! Tu... tu mi devi liberare da questo dolore!»
Caroline scosse l testa.
C: «Non posso... non voglio! C'è un altro modo... ci deve essere! Tu starai bene...»
S: «N-non capisci? Non posso stare bene... io... io sto impazzendo! Non so cosa sono... non so cosa è reale! Io... io voglio farla finita! Aiutami!»
la supplicò.
C: «Se avessi voluto farla finita e basta, non ti saresti incatenato qui, avresti trovato il modo per morire! Se non lo hai fatto vuol dire che una parte di te sta lottando! Ed io è con quella parte che voglio parlare... tirala fuori, Stefan! Aggrappati a quella!»
esclamò lei, perentoria.
S: «C-Care... io...»
C: «Stefan! Ti aiuterò... come tu hai aiutato me! Riusciremo a superare tutto questo, insieme! Non ti abbandonerò e di sicuro non ti ucciderò! Quindi si fa come dico io... e guarda che sono ostinata!»
S: «Sì... questo lo so»
ribatté lui, con l'ombra di un sorriso a tirargli gli angoli della bocca secca. Caroline scoppiò in una risata cristallina e gli occhi di Stefan si illuminarono.
S: «Fallo di nuovo...»
C: «Cosa?»
S: «Ridi... mi piace la tua risata...»
le disse con l'ultimo filo di fiato prima di svenire.
Caroline corse a procurarsi del sangue e tornò da Stefan. Dopo averlo fatto nutrire attese che fosse abbastanza in forze per parlare un po'. Ci furono altri momenti di tensione, ma nel complesso era riuscita a calmarlo abbastanza. Aveva chiamato Damon ed Elena dicendo di aspettare a tornare a casa. Si era presa due giorni per aiutare Stefan a tollerare l'idea degli altri e sperava sarebbero bastati.

D: «Tutto qui? Avete fatto psicoterapia per un paio di giorni?»
chiese Damon, lasciandosi cadere sulla poltrona alle sue spalle.
D: «Ed ora stai bene? Sei... sei guarito?»
S: «Non parlerei di guarigione... diciamo solo che riesco a trovare la lucidità per distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è...»
rispose placido Stefan.
E: «Ciò che è reale... da ciò che non lo è? Che... che vuoi dire?»
volle sapere Elena. Gli occhi verdi di Stefan si posarono su di lei con una durezza che le fece venire i brividi. Fu solo per un istante, ma non avrebbe dimenticato quello sguardo presto.
S: «Io... mentre ero... quando ero in fondo al lago... non mi limitavo solo a morire e tornare in vita... c'erano... c'erano delle cose che vedevo... c'era una ragione se mi lasciavo morire... era l'unico modo per smettere di vedere quelle cose...»
J: «Quali cose?»
chiese Jeremy, staccandosi dal muro su cui era poggiato.
S: «Cose... visioni... allucinazioni...»
D: «Ed hai continuato ad averle anche dopo che ti abbiamo recuperato?»
gli chiese Damon, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Stefan si limitò ad annuire.
D: «E non puoi dire che tipo di allucinazioni fossero?»
C: «Damon... dagli del tempo...»
fece Caroline, la mano ancora stretta in quella di Stefan.

Da quel giorno avevano vissuto come in equilibrio, quasi aspettandosi che tutto andasse in pezzi da un momento all'altro. C'erano momenti in cui Stefan sembrava solo Stefan, altri in cui Damon lo vedeva naufragare nei propri deliri. Quando accadeva chiamavano Caroline e lei sembrava riuscire a tirarlo fuori dal suo male, ogni volta Damon non poteva fare a meno di morire un po' dentro: era suo fratello e non sapeva come raggiungerlo.
Elena stava anche peggio, lei non riusciva proprio a stargli accanto: il ragazzo che aveva amato un tempo era sparito nel nulla. Quello dei momenti buoni, così come quello che rideva con Caroline, non le sembrava di conoscerlo.

Si erano così ritrovati da soli. Lui senza suo fratello e lei con solo il ricordo di uno Stefan che forse non era mai esistito.
D: «Elena...»
Pronunciò il suo nome senza riuscire ad eliminarne la nota di dolore che lo fece sembrare una supplica.
E: «Lo so...»
disse lei. Sorrise a dispetto delle lacrime che iniziarono ad imperlarle gli occhi. Un altro pezzo di Damon si frantumò, silenzioso e doloroso. Sospirò e fece scorrere la mano fin dietro la nuca di Elena e la tirò a sé, baciandola con passione. Lei gli mise le mani nei capelli e sospirò. Quando lo baciava tutto sembrava tornare a posto. Senza separarsi dalle sue labbra, gli salì sopra, le mani di lui le scivolarono lungo le cosce e si insinuarono sotto l'orlo dei pantaloncini. Elena si staccò per guardarlo ed assicurarsi che fosse lì con lei. La luce fioca dell'abat-jour si posava morbida sul viso di Damon: la fronte prominente pareva rilassata, gli zigomi sollevati e pieni, le labbra socchiuse da cui sfuggivano sospiri di un fiato che si stava facendo corto, le palpebre abbassate emanavano bagliori blu elettrico.
Anche lui la osservò, cercando di leggerne nei tratti il bisogno: le labbra gonfie di sonno ed ancora umide di baci, gli occhi neri attraversati da stelle cadenti in cui era espresso un unico desiderio... quel desiderio aveva il suo nome.
Le prese il viso con entrambe le mani e la baciò con dolcezza. Le loro bocche si accarezzarono con delicatezza per un po', poi Elena iniziò a leccare le labbra di Damon e lui rimase immobile a godere dei brividi di piacere che iniziarono a percorrergli il corpo. Il bacio divenne famelico, lei affondò le dita sulle spalle di lui, stringendo le cosce intorno ai suoi fianchi. Iniziò a muoversi lentamente, sentendo il sesso di Damon crescere sotto di lei, lui le cinse la vita con un braccio e rotolarono sul letto.
Le loro bocche erano ancora incollate ed i loro corpi iniziarono ad incastrarsi con naturalezza. Una rosa di sensazioni iniziò a sbocciare nel ventre di lei che inarcò la schiena ed aprì le gambe, invitandolo a farla sua. Damon si staccò dal bacio e si mantenne in equilibrio sopra di lei con un braccio. Le fece scorrere una mano sul viso passandole il pollice sulle labbra calde e morbide, lei lo accolse baciandolo e leccandolo. Scese sul collo, tra i seni e sul ventre. Afferrò la canottiera di cotone e la tirò su, scoprendo la sua pelle nuda. La guardò ancora un momento: il corpo di Elena era percorso da spasmi di desiderio, i capezzoli si spingevano contro il tessuto sottile del reggiseno e negli occhi una supplica che lui non fu più in grado di ignorare.
La sollevò riportandola a sedere sopra di lui. La spogliò senza smettere di baciarne la pelle profumata e quando fu completamente nuda lei lo spinse sul materasso. I lunghi capelli di Elena caddero morbidi da un lato, solleticando il braccio ed il petto di Damon. Lui le mise una mano su un fianco e ne accompagnò il movimento che lo fece finalmente entrare in lei. Rimasero senza fiato, con le bocche aperte e gli occhi spalancati: il vuoto era stato spazzato via.
Le dita di Elena si strinsero attorno a quelle di Damon e rimasero occhi negli occhi per tutto il tempo, incastrati l'uno nell'altra per non perdersi in quell'oceano così vasto che era diventato il loro amore.
Tra gemiti e sospiri l'eccitazione arrivò al culmine, liberandosi in quella notte con un urlo all'unisono. Elena si accasciò sul corpo di Damon che la strinse tremante. Così abbracciati si addormentarono e la notte passò senza sogni: né inferno, né paradiso.

"Nascosto tra la cenere di un passato che brucia, 
il candore di un gesto lieve come una stella di neve,
svela il regalo più ambito:
la fenice del tuo amore che sempre rinasce ...
e, in ogni morte, mi dona nuova vita ..."
- Mammaesme-

AUTRICE ORIGINALE : Sempre infinitamente grazie al regalo di Mamma <3

Three WordsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora