Virgin Love

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Le parole fornitemi da Darklilith sono: antico, vergine e scogliera.

Damon parcheggiò la Camaro di fronte ad un enorme cancello in ferro, ricoperto di erbacce. Elena diede un'occhiata al nulla che circondava quel luogo spettrale. Scesero dall'auto e l'odore salmastro del mare riempì le narici di Elena facendole giare la testa.
D: «Tutto bene?»
le chiese Damon accorgendosi del movimento incerto che fece.
E: «Sì, sì... è solo che quest'odore così forte...»
rispose lei, riprendendosi.
D: «Già... quello... avrei dovuto pensarci prima...»
disse lui, più a se stesso che non rispondendo a lei.
E: «A cosa?»
domandò, ricordandogli che era là anche lei. Damon scosse la testa e parve riprendersi.
D: «... beh... che il castello si erige su una scogliera... dubito troveremo qui mio fratello... sai... il mare, l'acqua...»
Elena spalancò gli occhi ed annuì capendo a cosa stesse facendo riferimento il suo fidanzato.
Poco meno di un mese prima Damon ebbe un'illuminazione su dove potesse trovarsi Stefan.

D: «L'ultima notizia certa che abbiamo di lui è che si era recato alla cava per liberarsi del corpo di Silas»
Esclamò al gruppo di persone che aveva riunito nel salotto di casa Salvatore. Matt, Tyler, Jeremy, Caroline, lo sceriffo Forbes, la dottoressa Fell ed Elena.
C: «T-tu credi lo abbia gettato in acqua?»
chiese incerta Caroline.
D: «La cassaforte è sparita e con lui mio fratello...»
spiegò lui.
E: «È la nostra migliore possibilità... non abbiamo niente da perdere a controllare»
lo sostenne Elena.
D: «Esatto! Tutt'al più si rivelerà un altro buco nell'acq... avete capito...»
concluse Damon, rendendosi conto che non aveva voglia di scherzare.
Pensò a suo fratello rimasto più di 6 mesi chiuso in una cassa, sul fondale del lago, ed una fitta di dolore gli attraversò l'addome. Andò a versarsi da bere cercando di distrarsi.
M: «Vado a recuperare il furgone... poi chiederò un argano ai Settlestorm... Jim mi deve un favore...»
propose Matt.
J: «Vengo con te!»
disse Jeremy. L'amico lo guardò un po' imbarazzato. Era tornato dal suo viaggio con Rebekah da qualche mese ma ancora non riusciva ad abituarsi al ritorno alla vita del piccolo Gilbert. Aveva pianto lacrime amare per lui e trovarselo di fronte come se niente fosse lo aveva riempito di felicità da una parte e sgomento dall'altra.
M: «Siamo sicuri sia tutto ok?»
si informò riluttante, rivolgendosi ai vampiri.
L: «Tranquillo Matt... io e la dottoressa Fell ci siamo occupati dei documenti della morte di Jer, e gli altri hanno provveduto a... riassettare la memoria agli abitanti di Mystic Falls...»
lo rassicurò Liz. Il giovane annuì e fece un cenno all'amico di seguirlo.

Si ritrovarono così a perlustrare il fondale della cava trovando la cassaforte sparita. Damon rimase immobile a braccia conserte sul burrone accanto alla cascata, ad osservare gli altri tentare di recuperare Stefan. Nel ghiaccio dei suoi occhi si rifletteva la superficie dorata dell'acqua. Cercò di distrarsi dai pensieri orribili che gli affollavano la mente da quando ebbe l'illuminazione. Aveva le mani chiuse in due pugni e la mascella indurita, non c'era niente che riuscisse a portarlo via dalla consapevolezza dell'inferno a cui era stato costretto suo fratello. Perfino il pensiero di Elena e del suo amore era una ferita: mentre lui si concedeva brevi oasi di pace, seppur seguite dal tormento de sensi di colpa, Stefan affogava in loop... da solo.
Caroline gli si avvicinò lentamente.
C: «Damon...»
lo chiamò timida. Lui si voltò di scatto, preoccupato.
D: «C'è qualche problema?»
chiese allarmato. La vampira scosse la testa e sorrise.
C: «N-no... io... io volevo solo... l'altra sera... ecco... io...»
D: «Lascia stare... Elena mi ha spiegato tutto... e poi, non fosse stato per quell'incomprensione, magari non avrei pensato a questa cosa...»
la interruppe, togliendola dall'imbarazzo di doversi scusare.
Raramente qualcuno gli chiedeva scusa, ed un altro tipo di uomo ne avrebbe approfittato per godersi il momento, ma Damon aveva trovato nel senso di colpa il suo status quo. Elena lo rimproverava spesso di avere un'immagine di sé troppo estrema, ma c'era qualcosa in lui, un dolore latente, che lo spingeva a trovarsi a suo agio nella colpa e non nella redenzione: poteva gestire meglio la situazione quando non ci si aspettava niente da lui.
Caroline chiuse la bocca ed inclinò la testa di lato.
C: «Sì, beh... a me dispiace lo stesso...»
affermò prima di tornare dagli altri. Damon corrugò la fronte spiazzato, poi ricordò le parole di Elena sul fatto che fosse Caroline a sentirsi in colpa per non aver riconosciuto Stefan e capì che in quel momento lui e la vampira bionda condividevano lo stesso stato d'animo: entrambi si sentivano responsabili per quanto accaduto.

Elena tornò a guardare verso il grande cancello e disse:
E: «Tentar non nuoce...»
Damon annuì e si incamminò.
D: «Dovremo scavalcare...»
le comunicò.
E: «Non hai le chiavi?»
commentò sarcastica. Lui le fece un sorriso storto.
D: «Potrei scassinare il lucchetto, ma poi dovrei scomodarmi a procurarmene un altro... e siamo a corto di streghe...»
Elena corrugò la fronte confusa.
D: «Abbiamo apposto un sigillo magico al cancello in modo tale da tenere lontano chiunque non fosse... beh... della famiglia...»
le spiegò.
E: «Io non sono della famiglia, però...»
gli fece notare.
D: «Non essere ridicola... sei con me...»
E le tese una mano, lei l'afferrò ed insieme saltarono oltre l'inferriata. Atterrati sul terreno umido, Elena si rimise dritta e spalancò la bocca di fronte allo spettacolo che le erbacce e la nebbia nascondevano : un vialetto in terra battuta si stendeva dritto fino ad un'imponente struttura in stile vittoriano. L'antico castello era arroccato su una scogliera a strapiombo sul mare. La luce pallida della luna ne illuminava la pietra scura creando del le ombre con le guglie, conferendo al tutto un aspetto incantevolmente sinistro. Il rumore del mare che si infrangeva sugli scogli simulava il rombo dei tuoni e la nebbia che fluttuava a blocchi di tanto in tanto, le ricordarono i film dell'orrore. Nonostante la sua vita fosse un film dell'orrore costante, strinse la mano di Damon strappandogli un sorriso: anche se era una vampira consolidata da tempo, ogni tanto tornava ad essere semplicemente la sua fragile Elena, con le sue paure e i suoi sussulti.
E: «Perché sorridi?»
gli chiese, cogliendo il guizzo sul suo viso.
D: «Niente...»
rispose stringendole la mano e guidandola verso il castello. Arrivati al grande portone in legno e piombo, si guardarono intorno. Tesero le orecchie per carpire qualche suono, ma l'unico rumore veniva dal mare agitato.
D: «Come immaginavo... è deserto...»
E: «Beh... diamo un'occhiata... magari è stato qui di recente...»
propose lei. Damon andò in cerca dell'impianto elettrico nel capanno sul retro del castello, attivò i fusibili e senza indugiare oltre entrarono. La luce illuminò l'ambiente lentamente, in progressione . L'interno si presentò caldo ed accogliente, per nulla in linea con l'aspetto sinistro dell'esterno.
Elena lasciò la mano di Damon ed iniziò a guardarsi intorno, stupita e meravigliata da tanto sfarzo: lampadari ricoperti di prismi di cristallo, intarsi dorati lungo le pareti di pietra, quadri antichi e tappeti lussuosi. Su ogni mobile si stendevano lenzuola bianche, ricoperte di polvere.
E: «Wow... questo posto è magnifico...»
commentò estasiata.
D: «Appartiene alla nostra famiglia da secoli... si dice che un lontano cugino fosse un duca...»
la informò, osservando i suoi ricordi di infanzia muoversi tra le ombre.
E: «Incredibile...»
D: «Già... incredibilmente inutile...»
borbottò, scacciando le memorie di una vita che stentava a ricordare.
E: «Che... che vuoi dire?»
chiese lei, interrompendo la sua meraviglia.
D: «Voglio dire che qui non c'è nessuno... da anni a giudicare dalla polvere... men che meno Stefan!»
Il tono di Damon si era fatto serio ed era riapparsa quella nota di terrore che lo coglieva ogni volta che qualche dubbio atroce gli passava la mente. Elena gli si avvicinò posandogli le mani sul viso.
E: «Damon... lo troveremo... starà bene»
lo rassicurò.
D: «Come fai ad esserne sicura? L'ultima volta che lo abbiamo visto era fuori di sé»
quasi urlò.
E: «Era spaventato, confuso... non puoi fargliene una colpa»
provò a tranquillizzarlo.
D: «Già... ed ora è anche da solo...»
sbottò, distogliendo lo sguardo dal viso di lei. Era l'unica a poterlo convincere che tutto sarebbe andato bene ma sentiva di non avere la forza di potersi illudere.

Recuperato Stefan, lo trovarono in uno stato ributtante: il digiuno forzato lo aveva mummificato ma l'acqua aveva mantenuto i tessuti umidi, riempiendogli la pelle di bolle viscide. Un frutto marcito nell'acqua.
Ci misero giorni a rimettere in sesto il suo fisico ed un'altra settimana ad aspettare che si svegliasse.
Quando aprì gli occhi il primo volto che vide fu quello di Damon. Gli sorrise e nel cuore del vampiro dagli occhi di ghiaccio si accese una fiamma.
S: «D-Damon...»
balbettò, debole.
D: «Hey...»
rispose lui, sorridendo e stingendogli la mano. Gli occhi di Stefan si fissarono sul viso che spuntava alle spalle del fratello, si illuminò ancora di più.
S: «Miss Katherine...»
Le sorrise. Elena si avvicinò confusa.
E: «N-no... Stefan... sono io... Elena...»
Il viso di Stefan fu percorso da un tremito, i suoi occhi si riempirono di terrore ed iniziò ad urlare disperato.
Ci misero ore per tranquillizzarlo e dovettero ricorrere alla verbena per tenerlo calmo.
Quando parve stare meglio riprovarono ad approcciarsi.
S: «C-cosa succede?»
farfugliò.
D: «Tu cosa ricordi, fratellino?»
chiese premuroso Damon. Stefan corrugò la fronte e parve concentrarsi.
S: «Mmmh... nostro... nostro padre... mi ha parlato di qualcosa... di... progetti, credo... non è molto contento di te... e temo si aspetti troppo da me...»
Poi si distrasse guardandosi intorno.
S: «D-dove siamo? Che razza di posto è questo? E... cosa indossi?»
fece confuso, osservando la camicia scura del fratello ed i suoi jeans.
D: «Stefan... siamo a Mystic Falls... nella pensione di Zach...»
rispose lui capendo che qualcosa non andava. Stefan parve ricordare qualcosa e tornò ad urlare e scalpitare.
La scena si ripeté altre volte: quando si cercava di riportarlo a ricordare il presente, lui scoppiava ad urlare di orrore.
Damon capì che la mente del fratello si era settata al periodo pre-vampirismo, quando tutto nella sua vita andava bene. Tutto ciò che era avvenuto dopo veniva vissuto da Stefan come una pena a cui non poteva sopravvivere. Quei mesi in fondo all'acqua lo avevano spinto a rinchiudersi in un luogo della sua mente dove ciò che stava vivendo non poteva succedere.
Chiamarono Katherine e provarono a farla interagire con lui, e sembrò l'unica in grado di mantenerlo calmo a lungo, ma presto fu inutile anche lei. Il ricordo di chi era stata in realtà l'ex vampira, continuava a grattare contro il muro che Stefan aveva eretto nella sua psiche portandolo ad avere scatti d'ira. La sua natura da vampiro, poi, non era più sotto controllo. La ritrovata umanità di Katherine diventò un perenne invito a banchettare. Damon riuscì a stento a salvarle la vita quando il fratello si avventò sulla sua giugulare.
La ragazza rimase a terra a stringersi il collo con le mani mentre Stefan iniziò a vomitare il sangue appena ingerito, poi perse i sensi. Damon si affrettò a dare un po' del suo sangue a Katherine per guarirla, ma lei non fu in grado di mandarlo giù.
D: «Ecco un altro problema... suppongo che qualche controindicazione l'aveva quella cura, dopotutto...»
commentò sarcastico. Katherine lo fissò terrorizzata.
K: «Che... che cosa stai insinuando?»
gli urlò rabbiosa.
D: «Nulla... ma a quanto pare noi non possiamo bere te e tu non puoi bere noi... credo si possa parlare di irreversibilità...»
K: «N-non... io non potrò più tornare vampiro?»
esclamò spaventata. Damon non rispose con le parole.

Passarono dei giorni prima che Stefan tornasse a sembrare normale e quando avvenne riprovarono ad approcciarsi a lui a piccole dosi.
D: «Ci deve essere un modo per non farlo impazzire...»
disse Damon, cercando con gli altri un modo per risolvere quella situazione.
E: «E quale?»
chiese Elena, sovrappensiero. Nessuno rispose.
C: «F-forse...»
iniziò Caroline. Tutti la guardarono con apprensione, ma lei tacque. Damon la esortò a continuare con un gesto impaziente della mano.
C: «B-beh... con Katherine ha funzionato per un po'...»
K: «Sì... prima che decidesse che ero più buona con le patate e le carote di contorno»
commentò sarcastica la doppleganger.
C: «Solo perché il ricordo di te umana è collegato al ricordo di te vampira...»
disse Caroline.
D: «Spiegati meglio»
la invitò Damon.
C: «Voglio dire... finché la sua mente non si è scontrata con quello che è successo dopo tra di voi... andava tutto bene... è la memoria di ciò che è avvenuto di brutto tra di voi che lo ha mandato in confusione... la soluzione è semplice... basta trovare ciò che di buon c'era per lui in questa vita... nella vita da vampiro!»
Gli occhi di tutti si puntarono su Elena, lei sollevò le mani e scosse la testa.
E: «No... non credo sia la giusta intuizione...»
affermò.
D: «Sì invece! Sei l'amore della sua vita... se c'è stato qualcosa di buono...»
proruppe Damon.
E: «Damon... smettila...»
lo interruppe brusca.
E: «La prima volta che ha sentito il mio nome è impazzito...»
gli ricordò.
D: «Era il primo giorno! Magari ora...»
E: «Non capisci, Damon? Anche io sono un brutto ricordo... è finito in fondo all'acqua sapendo che io sono innamorata di te... che voglio te... capisci? Non sono un buon ricordo per lui... sono altro dolore...»
Il silenzio calò nel salotto.
D: «Beh... allora siamo fottuti...»
disse Damon.
E: «Non proprio...»
Intervenne Elena. Gli occhi di tutti la fissarono di nuovo.
E: «Care... tu... tu sei un buon ricordo per lui...»
La vampira scosse la testa confusa.
C: «I-io?»
Tyler si incupì ed andò a guardare fuori dalla finestra.
E: «Sì, tu... sei stata un'ottima amica per lui... gli sei sempre stata vicina ed hai saputo farlo sorridere quando tutta andava a pezzi...»
D: «Ma certo barbie! Sei come Lexi! E per la prima volta non è un'offesa!»
esclamò Damon. Caroline si mostrò titubante ma accettò di provare. Non fu semplice all'inizio, ma poco a poco parve funzionare. Stefan riusciva a pensare alla sua vita recente senza andare fuori di testa e l'amica riusciva a fargli superare gli attacchi di panico. Quando tutto sembrava volgere per il meglio, però, Stefan ebbe un violento accesso d'ira e aggredì tutti, compresa Caroline. Ficcò un paletto nello stomaco a Damon e spezzò il collo ad Elena, scambiandola per Katherine. Scappò via facendo perdere le proprie tracce.
Caroline propose di andare a cercarlo nei luoghi che per lui avevano significato qualcosa poiché durante le loro chiacchierate tranquille, Stefan si era lasciato andare ai ricordi più belli della sua infanzia ed anche ai rari momenti di felicità vissuti da vampiro. Il gruppo si divise e viaggiarono in cerca di qualche traccia.
Damon propose ad Elena di andare al castello.
D: «Spesso, a natale, nostro padre ci portava al vecchio castello di un nostro lontano cugino... era il nostro periodo preferito... regali, famiglia... ed un luogo immenso in cui due bambini potevano inventarsi ogni tipo di avventura!»
Le aveva detto con un tono melanconico.

Ed ora erano lì e non sembrava che Stefan avesse provato gli stessi sentimenti. Damon chinò la testa deluso. Elena gli prese il viso tra le mani e gli sorrise.
E: «Hey...»
Ma lui tenne accuratamente gli occhi lontani da quelli di lei. Non poteva crederci, non ancora.
Il cellulare di lei suonò, echeggiando per l'immensa sala.
E: «Pronto!»
C: «Elena, sono io»
E: «Care! Novità?»
C: «Sì! Credo di averlo trovato ma...»
E: «Ma?»
C: «Mi serve del tempo...»
E: «Tempo?»
C: «Sì... ho bisogno che voi stiate lontani da Mystic Falls per un po'... un paio di giorni...»
E: «Cosa? Ma perché?»
C: «Perché Stefan è lì... e l'unica speranza che ho di farlo ragionare è sapere che non incapperà nei vostri visi all'improvviso... mi serve del tempo... vi chiamerò io ok?»
E: «Care... aspetta...»
Ma l'amica aveva già chiuso la chiamata. Elena guardò Damon, il cui viso era una maschera di tensione e preoccupazione.
E: «Hai sentito? Andrà tutto bene!»
D: «Io ho sentito solo una disperata che non è stata in grado di spiegarci niente...»
E: «Damon...»
D: «Lo so... lo so... »
Provò a sorriderle. Lei ricambiò e tornò a guardarsi intorno, allargò le braccia e fece una piroetta.
E: «Mi sento una principessa!»
esclamò, sperando di distrarlo con quell'uscita buffa. Quel gesto così spontaneo e quel sorriso così genuino riuscirono a scalfire la corazza di Damon che sentì un moto d'amore improvviso per quella donna capace di essere dona forte e bambina fragile nello stesso tempo. Si avvicinò, la prese per i fianchi bloccando la sua giravolta e la baciò.
D: «Tu sei una regina!»
le disse, ed un lieve rossore colorò le guance di Elena.
D: «Vieni... ti faccio vedere il castello...»
Le tese una mano e la condusse in esplorazione di quell'immenso luogo. Lei osservò tutto con la meraviglia di un bambino di fronte ad un buon numero di magia. Infine giunsero in una camera da letto immensa e bellissima. Le pareti erano affrescate e nonostante le lenzuola a coprire i mobili, si percepiva il lusso e lo sfarzo.
D: «Questa era la camera della prima notte di nozze»
le spiegò.
D: «Ma il nome è un po' fuorviante. A quei tempi i Signori disponevano di tre camere: una era per il marito, una per la moglie ed una da condividere nelle notti... beh... quando era necessario pensare agli eredi... diciamo così... era qui che dormivano la prima notte di nozze che, si presupponeva, doveva servire a dare il via alla dinastia dei nuovi consorti...»
E: «Ed il resto delle notti?»
chiese lei curiosa.
D: «Oh... sono sicuro che cameriere e valletti provvedevano a riscaldare i letti solitari dei coniugi... a dirla tutta è grazie a questo tipo di suddivisione se i Salvatore contano dei discendenti... sai... col piccolo incidente degli unici eredi maschi diventati... vampiri... le scappatelle clandestine hanno messo al mondo altri piccoli bastardi di Salvatore...»
scherzò lui. Lei rise, tornò a guardare la camera e disse:
E: «Com'erano strani...»
D: «Già... perdersi tutto il divertimento per consentire la discendenza!»
Elena diede una gomitata a Damon.
E: «Possiamo dormire qui stanotte?»
Lui annuì.
D: «Sì... fammi togliere un po' di teli...»
E: «Vuoi una mano o posso continuare il giro?»
D: «No, fai pure... tanto è rimasto poco da vedere... ed io ho finito le storie interessanti!»
Le sorrise e lei si allontanò.
Damon tirò via l'ultimo lenzuolo, scoprendo la triade di specchi della toletta destinata alla moglie che poteva farsi bella in attesa del marito. In ogni superficie un po' macchiata dal tempo, si riflesse l'immagine angelica di Elena.
Era tornata silenziosa, senza farsi sentire. Damon la fissò con la bocca spalancata ed il lenzuolo che stringeva in mano gli scivolò via dalle dita, cadendo pesantemente sul pavimento e liberando sbuffi di polvere. La ragazza indossava una sottana bianca che le cadeva morbida sulla pelle. Il tessuto sottile lasciava intravedere il corpo nudo al di sotto anche nel riflesso del vecchio specchio. Teneva le mani intrecciate sul grembo, il mento incollato al petto ed i piedi nudi si accavallavano l'uno sull'altro in una posa da bambina timida. I lunghi capelli castani scendevano liberi e morbidi sulla pelle vellutata, non riuscì a vederle gli occhi ma colse le rose sbocciatele sulle gote. Provò a sorridere ma si scoprì incapace di gestire i suoi muscoli.
Si voltò lentamente, temendo di aver solo immaginato la visione. Quando la ritrovò lì, immobile e reale sentì il sangue iniziare ad ardergli le vene.
D: «D-dove...»
provò a chiedere, ma la bellezza di lei gli impedì di formulare la domanda. Riuscì solo a guardarla senza fiato. Elena sorrise imbarazzata.
E: «L'ho trovata nella stanza della moglie, credo... c'è un baule pieno di belle cose... ma questa...»
rispose, allargando la gonna della sottana.
D: «Sei bellissima... »
sospirò. Lei sollevò gli occhi brillanti e sentì un po' del suo imbarazzo svanire, lusingata dallo stupore di lui.
D: «quella... quella è la vestaglia delle vergini...»
le disse, strappandole un sorriso nervoso.
D: «È... è l'abbigliamento della moglie per la prima notte di nozze... e le successive... quelle... sì... per procreare...»
si affrettò a spiegarle.
E: «Beh... è indicata per dormire qui... a parte il fatto che non useremo questa stanza per procreare»
ironizzò lei, provando ad apparire più sicura di sé.
D: «Il fatto che non possiamo procreare non implica che non possiamo provarci»
ribatté lui. Elena rise ripensando alla prima volta che gli aveva sentito dire una cosa del genere. Avanzò e si fermò a pochi centimetri dal viso di Damon. Parve prendere fiato e pensare a lungo prima di riuscire a parlare.
E: «Fingiamo che questa sia la nostra prima notte...»
gli soffiò sulle labbra.
D: «Credi che dovrei inginocchiarmi e chiederti la mano?»
Elena arrossì.
E: «È stupido, lo so...»
cercò di giustificarsi, allontanandosi e stringendo gli occhi. Damon le cinse la vita, riavvicinandola e la baciò dolcemente.
D: «Ogni volta con te è come se fosse la prima per me...»
sussurrò in un tono caldo e colmo di vivo desiderio. Il viso di Elena si addolcì perdendo quei tratti da donna che l'ultimo anno le aveva scolpito sul viso e tornando ad essere una ragazzina di 18 anni.
D: «Lo voglio...»
le disse, con lo stesso tono basso e caldo. Lei non capì subito, ma quando colse il significato di quelle parole sorrise emozionata.
E: «Lo voglio!»
esclamò entusiasta. La bocca di Damon si aprì in uno dei suoi rari sorrisi e nel cuore di Elena scoppiarono delle scintille.
E: «Mi piace...»
affermò accarezzandogli il viso.
D: «Cosa?»
chiese lui, corrugando la fronte.
E: «Essere la sola a vedere questo lato di te...»
D: «Non ti dà fastidio che gli altri pensino che io sia il cattivo?»
E: «Una volta forse... ma ora che posso vedere tutto... no! Sei il mio segreto... solo mio»
Si mise in punta di piedi e lo baciò con passione.
Damon la prese in braccio e la condusse al talamo nuziale, la adagiò sul letto. Lei lo guardò completamente in balìa del suo volere: i lunghi capelli castani si sparsero sul cuscino come i petali di una rosa lasciata all'abbraccio della calura estiva. Le mani di Damon si insinuarono sotto l'orlo della sottana che le carezzava le caviglie, risalendo lente lungo i polpacci, sulle ginocchia, sulle cosce, trascinando la stoffa leggera e candida, scoprendo la pelle di lei liscia e nuda. La guardò come se sul serio la stesse vedendo per la prima volta ed il sangue di Elena ribollì di un improvviso desiderio. Lui trovò posto sul letto, accanto al corpo seminudo di lei, tornò con le mani sulle sua ginocchia sollevate e le fece scivolare fino a toccarle la sua bocca intima. A lei sfuggì un sospiro e nella mente già in estasi di Damon esplose la passione. Le fece scivolare due dita dentro, socchiuse gli occhi ed un suono roco indicò il gusto che provò a scoprirla calda ed umida. Le gambe di lei si aprirono istintivamente e la schiena le si inarcò, risucchiando le dita di Damon in un sussulto involontario. I sospiri di Elena divennero impossibili da lasciar andare e lui decise di nutrirsene baciandola. Le loro lingue si incontrarono calde e morbide. Si assaggiarono muovendosi in una sintonia non consona ad una prima volta ma familiare a secoli di esercizio. Le loro labbra si unirono morbide e decise e scosse elettriche partirono dalle loro guance, proseguendo lungo il collo e terminando alla base della schiena: come le luci del castello, accesero i loro sensi lentamente... progressivamente.
Damon si sollevò, svuotando la bocca ed il piacere di Elena simultaneamente, lasciandola sospesa, smarrita e ardente. Le afferrò le mani, protese verso di lui, nel tentativo di riportarselo dentro, e la sollevò, mettendola a sedere sul materasso. Fece scorrere le dita lungo le braccia sollevandogliele. Afferrò la sottana arricciata in vita e gliela sfilò, osservando il contrasto tra il cotone della stoffa candida e la seta dei suoi capelli scuri. Come il lenzuolo sfuggitogli dalle mani alla visione di Elena nello specchio, fece cadere sul pavimento la vestaglia, ipnotizzato dal corpo di lei: sempre più bello, sempre più disarmante. Le si chinò su un seno e cominciò a divorarlo, succhiando e leccando il capezzolo. Le mani di lei si strinsero intorno alle spalle di lui, toccando la stoffa scura della camicia. Un pensiero attraversò la mente di Elena "è ancora vestito... voglio la sua pelle sulla mia". Infilò le mani nei capelli di lui, ancora intento a cibarsi del suo seno, e li tirò, sollevandogli la testa. I grandi occhi di ghiaccio di Damon, erano ridotti a due fessure, il suo volto imprigionato in uno spasmo di desiderio, confuso per il pasto interrotto. Lei si mise in ginocchio ed iniziò a sbottonargli la camicia, con cura e devozione, gustando ogni centimetro di pelle che scopriva man mano. Quando il petto nudo e liscio di lui apparve dietro quel sipario, insinuò le dita sotto il colletto e le fece scivolare lungo le braccia, sfilandogli la camicia. Damon rimase immobile mentre lei faceva scorrere i polpastrelli sulla pelle nuda del busto fino a sfiorare la cintola dei jeans. Glieli sbottonò sentendo l'erezione di lui spingere contro il tessuto ruvido dei pantaloni. Lo spogliò con la stessa calma con cui lo aveva liberato della maglia e quel lento ed accurato rito gli trafisse il basso ventre, desiderando fiondarsi in lei come mai gli era sembrato di voler fare prima di allora. "È davvero la nostra prima volta" pensò. Elena lo osservò, completamente nudo, i muscoli guizzanti, scossi da tremiti impercettibili, le vene delle braccia pulsanti e vive, il membro turgido e splendido. Damon le mise una mano sulla spalla e fece una leggera pressione, invitandola a stendersi. Lei si mosse fluida e quando fu stesa, le afferrò le caviglie e la tirò a sé. Le gambe di lei scivolarono intorno ai fianchi di lui che si abbassò sopra di lei, mantenendosi in equilibrio con le braccia tese ai lati della sua testa. Trovò subito l'accesso nella sua carne, Elena lo accolse sentendosi finalmente completa: la spada riposta nella sua guaina.
Occhi negli occhi, fiato nel fiato, rimasero immobili a godere di quella sensazione di pienezza per qualche istante. Le gambe di lei, incrociate sulla sua schiena, fecero una leggera pressione e lui uscì dal suo stato d'estasi spingendosi ancora più a fondo. Elena gemette e le unghie affondarono nella carne di lui. Iniziarono a dondolare, sospirare e gemere, prima veloci, poi lenti. Una gamba di lei scivolò sul letto lasciando il posto ad una mano che si chiuse sul gluteo sodo e teso di lui. Lui affondò la bocca in quella di lei, voglioso di scorrerle dentro come il sangue che colorava di rosso la pelle di entrambi. I movimenti di Damon si fecero più decisi e lei scandì ogni colpo con un suono soffocato dalla bocca di lui.
Improvvisamente si staccò da lei con un ultimo colpo di reni, emettendo una specie di ringhio, contemporaneamente lei allargò le braccia sul letto, stringendo le lenzuola, inarcò la schiena ed urlò di piacere. Lui le esplose dentro e lei rimase in tensione, con gli occhi socchiusi e la testa affondata nel letto. Le braccia di Damon tremarono un istante prima di piegarsi, si accasciò sul corpo caldo e sudato di lei che lo abbracciò stringendolo forte.
Dalla finestra aperta entrava il rumore del mare: quello che prima le era sembrato il rombo di un tuono si era ora trasformato nel canto di un amante impetuoso.
Chiuse gli occhi e si addormentò, col suo sposo a farle da coperta, stretto a lei e già abbandonato alla pace del sonno.



" ... e il rito, antico come la vita, 

appagò il loro desiderio sempre vergineinfrangendo ogni tabù nella passione,

come un'onda si infrange, impetuosasulla scogliera immota ..."

-Mammaesme-

Three WordsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora