Capitolo 8: Le porte dell'inferno

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Per me si va nella città dolente
Per me si va nell'eterno dolore
Per me si va fra la perduta gente

Dante, le porte dell'inferno


- No! No no no! Lei era così vulnerabile! - urlò mentre furioso tirava un destro al muro in pietra che gli stava innanzi: subito una crepa si fece strada nella dura materia, arrivò fino al pavimento e una forte vibrazione percorse tutta la stanza, proprio come fanno le onde d'urto, gli tsunami.

-Nikolaj!- gridò nuovamente, ma questa volta si girò e anche se immerso nella totale oscurità i suoi occhi demoniaci giallo-rossi spiccarono in tutta la loro agressività.
-Elijah...- disse lui con la voce che gli tremava, totalmente fuori controllo.
arretrò di un passo
mise la mano destra in avanti come a volersi proteggere

Un silenzio innaturale rapí la stanza

Un battito di ciglia

Aria che si sposta e arriva impetuosa, si schianta contro un corpo: quello di Nikolaj

-No!-

Mani di ghiaccio sul collo

Aria che manca

-E-elija-a...-

La presa si fa più forte

- ti... prego... -

Ossa che si rompono

Un tonfo sordo

- Devi imparare Nikolaj. Devi imparare- ripeté Elijah mentre guardava il corpo inerme del vampiro al quale aveva appena spezzato il collo giacere ai suoi piedi - ogni cosa ha il suo prezzo, ogni cosa - disse e lo scansò: del resto sapeva che si sarebbe ripreso presto, un collo spezzato non basta ad uccidere un vampiro, ma la prossima volta gli avrebbe strappato il cuore dal petto e allora si, sarebbe morto e questa volta per sempre.

- Portatelo via- ordinò e due esseri dalla pelle candida e gli occhi color rubino, due vampiri, presero a testa bassa il corpo di Nikolaj per le estremità e lo trascinarono via, in un'altra stanza. Elijah rimase nuovamente solo nell'oscurità, si passò le dita lunghe e candide sulle nocche che non aveva neanche scalfito e a mala pena arrossato; dopo le fece scorrere delicatamente sul volto: le fece correre dalla estremità della tempia destra fin sopra al naso e poi alla guancia sinistra. Una ciccatrice, una dannata ciccatrice. La odiava in quanto segno indelebile di quello che era.

Ma io ti avrò ibrido. Ti avrò, dovvessi trascinarti qui: alle porte dell'inferno.

***

Sono ancora avvolta nel mio accapatoio color indaco e sto in piedi davanti al mio letto e lo fisso pensando a cosa devo fare nell'immediato futuro.

Sento bussare alla mia porta

due tocchi veloci
Una pausa
Un altro tocco

Papà

-lo so che sei tu!- esclamo

-posso entrare?- la sua voce mi arriva filtrata dalla porta in legno

- un momento...- gli rispondo e mi metto in fretta le prime due cose che avevo sotto mano - ok, ci sono!- gli urlo non appena finisco e la porta piano piano si apre.

-allora...- inizia guardandomi

Oh no, quello sguardo lo conosco

- mi dici che succede o devo costringerti Sleepy? - mi domanda e usa quel ridicolo soprannome che mi hanno appioppato da bambina: a quanto pare dormivo parecchio...

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