Hold my hand

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This life don't last forever (hold my hand)
So tell me what we're waitin' for (hold my hand)
We're better off being together (hold my hand)
Than being miserable alone (hold my hand)

Il pomeriggio al parco aveva stancato Nathan più di quanto potessimo pensare. Mangiò meno di metà hamburger prima di addormentarsi sul divanetto del ristorante sotto casa, con la testa sulle gambe di Ziva che gli accarezzava i capelli. Nemmeno lei a dire la verità aveva mangiato più di tanto, giocava con il cibo, martoriandolo con la forchetta, spezzando e riducendo quasi in poltiglia quel trancio di salmone che aveva ordinato.
- È già morto. - Le dissi prendendole la mano che impugnava la posata
- Chi? - Rispose come se l'avessi destata da qualche pensiero lontano
- Il tuo salmone. Sarebbe meglio che lo mangiassi
- Non ho molta fame in realtà. - Disse allontanando il piatto pressoché intatto da davanti a se.
- Stai male?
- No, non ho semplicemente fame. - Si era risentita della mia domanda. Ci guardammo un po' senza dirci nulla - Non sono malata Tony, sono incinta.
- Lo so. Scusami. Io mi preoccupo, non so come comportarmi a dire il vero. Però sento che c'è qualcosa che non va, ti vedo.
- Mi dispiace per prima, al parco. - Disse tristemente dopo un po'
- Dispiace anche a me. Ma sono preoccupato Ziva. Per te e per la nostra famiglia. Non vorrei che vi accadesse qualcosa, a nessuno di voi tre.
- Non lo voglio nemmeno io e non sai quanto questo pensiero mi angosci adesso. Devo ancora metabolizzare la cosa. Domani godiamoci l'ultimo giorno di ferie, poi lunedì chiamo il mio ginecologo per prendere appuntamento per una visita.
- Vuoi evitare di pensarci ancora per un giorno?
- Tony, come faccio a non pensarci! Voglio solamente dire di non discutere, di non arrabbiarci, come adesso.
- Ok, ok. Ci penseremo da lunedì.
- Mi accompagneresti?
- Se lo vuoi sì.
- Certo che lo voglio, perchè non dovrei volerlo. - Riprese la mia mano stringendola.
- Non lo so, magari volevi essere da sola, più tranquilla.
- Se ci sei tu sono più tranquilla.
- Bene - sorrisi addentando un pezzo della mia bistecca. - Però mangi qualcosa? - Le chiesi quasi supplicandola. Sorrise, riavvicinò il piatto e mangiò un po' di quella poltiglia di salmone con le verdure al vapore.

Nathan continuò a dormire in braccio a me nel breve tragitto che ci separava da casa. In ascensore Ziva si appoggiò alla mia spalla e chiuse gli occhi, in attesa di arrivare all'ultimo piano. Entrati a casa prese nostro figlio dalle mie braccia e lo portò in camera sua, avrebbe avuto bisogno di un bel bagno, ma evitò. Gli mise solamente il pigiama, spogliandolo e rivestendolo con calma, per non svegliarlo. Si lamentò un paio di volte, ma continuò a dormire mentre lei rimaneva con lui, seduta solo a guardarlo dormire, come faceva sempre quando era triste o qualcosa non andava. Era un campanello quello, che ormai riconoscevo benissimo. Se Ziva aveva un problema, si rifugiava in nostro figlio. Volevo entrare per starle vicino, chiederle cosa la turbasse, ma sapevo che mi avrebbe risposto che andava tutto bene, come sempre quando non voleva parlarne e se era lì con lui, vuol dire che non voleva farlo.
Andai in camera mi diedi una rinfrescata e poi mi misi a letto a leggere qualche notizia sul notebook, aspettando che venisse a dormire. L'attesa si protrasse più di quanto pensassi, un paio di volte almeno fui tentato da andare a vedere se andava tutto bene, ma evitai. Se c'era una cosa che avevo imparato era darle i suoi spazi. Quando decise di raggiungermi in camera, mi fissò per qualche istante prima di andare in bagno, forse si aspettava che le chiedessi qualcosa, ma non lo feci, le sorrisi solamente e lei andò in bagno forse ancora più turbata da questo mio atteggiamento. Chiusi il computer e lo riposi nel cassetto del comodino. Uscì dal bagno e si mise seduta sul bordo del letto, senza dire nulla.
Si spogliò, lentamente, avrei potuto pensare anche che volesse provocarmi, se non avessi saputo che quella non era proprio la serata adatta. Si mise solo una tshirt, era giugno ma faceva già abbastanza caldo. Aspettai che si sdraiasse, poi quando si voltò a guardarmi aprii le braccia e lei si avvicinò, appoggiandosi a me. Teneva la testa appoggiata tra il mio petto e la spalla, la avvolsi nel mio abbraccio e mai come in questa giornata, tante volte, mi ero sentito di volerlo fare. Abbracciarla, proteggerla, dal mondo e dai suoi fantasmi che ora la stavano assillando. Ora era arrivato il momento di parlare.
- Se questa sera non ti ha calmato nemmeno Nathan è qualcosa di serio.
- Che vuoi dire?
- Pensi che non mi sono accorto che quando sei nervosa vai da lui e lo guardi dormire?
- Non ci faccio nemmeno caso - Era imbarazzata
- Come mai questa sera non ha fatto effetto?
- Perchè è per lui se sto così.
- Che succede a Nathan? - Mi tirai su preoccupato, lei si accorse che mi ero irrigidito e mi passò una mano sul petto rassicurandomi
- A lui nulla, sono io.
- Non capisco Ziva...
- Quando Nathan è nato lui era tutto per me. Io avevo solo lui e lui aveva solo me. È stato un rapporto totale, sotto tutti i punti di vista, lui dipendeva da me ed io da lui. Lui era la mia àncora, più di quanto io non fossi la sua. Ho paura di non riuscire ad amare questo bambino nello stesso modo e nello stesso tempo ho paura che dandogli tutte le attenzioni di cui avrà bisogno Nathan si possa sentire trascurato. Mi sento male per questo, perchè so che sono dei discorsi sbagliati. Mi sento in colpa verso questo bambino se non potrò dargli tutto l'amore che si merita e che dovrebbe avere. Mi sento una pessima madre. - Parlava con la voce spezzata, come se stesse per piangere
- Tra gli effetti collaterali della gravidanza c'è anche questo?
- Cosa, le crisi di pianto? - Mi rispose tra le lacrime che non riusciva più a trattenere
- No, quello lo so, anche se non ho esperienza. Mi riferivo al vaneggiare. Sei una madre fantastica per Nathan e lo sarai anche per lui o lei. Perchè ti devi angosciare con cose così assurde? Quello che è stato con Nathan è stato diverso, ok, ma questo non vuol dire che non amerai questo piccolino. E nessuno dei due sarà trascurato, lo so. Al massimo trascurerai me, lo so già. - Le dissi sorridendo
- Ti amo.
- Cosa ho fatto stasera per meritarmi tanto? Addirittura una dichiarazione così, da te, non me l'aspettavo. - Sdrammatizzare era la cosa migliore in quel momento e sembravo essere riuscito nell'intento di farla rilassare
- Quello che fai anche adesso, mi fai stare meglio.
- Sono qui per questo, è tra i doveri dei mariti far star meglio le mogli quando sono in crisi.
- Sei un ottimo marito allora.
- Grazie, lo so. Che ne dici se domani portiamo Nathan allo zoo?
- Va bene...

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