All I Want

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... See you brought out the best of me
A part of me I've never seen
You took my soul and wiped it clean ...

Quella mattina mi svegliai con un'idea ben precisa, dovevo sapere quali progressi c'erano stati in merito alla vicenda di Tony. Erano giorni che nessuno mi aggiornava su nulla, che non sapevo più niente. Non mi avrebbero più tenuta lontana da quel caso, lo dovevo a me stessa e lo dovevo soprattutto a Nathan. Lasciarlo all'asilo fu meno difficile di quanto avessi immaginato.

Quando le porte dell'ascensore si aprirono non sapevo se quello che stavo vedendo doveva farmi essere felice o ancora più arrabbiata. Gibbs, McGee e Bishop erano in piedi davanti allo schermo a visualizzare la scheda di un marine ucciso e con loro c'era Tony. Feci qualche passo nella loro direzione e si accorsero della mia presenza. Tony mi guardò ed io guardai lui. Rimanemmo immobili alcuni istanti solo a guardarci, poi lui si avvicinò con passo veloce a me che ero rimasta allibita nel vederlo lì, apparentemente in buona forma, vestito di tutto punto come in una qualsiasi giornata di lavoro. Quando fu abbastanza vicino abbozzò un sorriso e mi abbracciò. Non ebbi nè la forza nè la voglia di ricambiare il suo abbraccio, appoggiai solo la testa sulla sua spalla pendendomi qualche istante per rielaborare la cosa. Era lì, stava bene, non c'era niente da indagare, niente da scoprire, niente da sperare.
Era lì.
Stava bene.
E non mi aveva detto nulla. Non aveva chiamato, non aveva avvisato. Da quanto era tornato? Per quanti giorni aveva fatto vivere me e Nathan nel dubbio di non sapere dove fosse, se stesse bene, ed anche se era sempre vivo e sarebbe tornato. Sentii un moto di rabbia salirmi dentro e le sue braccia che erano come una morsa di ferro ustionante. Lo allontanai senza troppi riguardi e senza dire nulla me ne andai nel mio ufficio.
Nessuno si aspettava di vedermi, ma nessuno se ne curò più di tanto, tranne Lisa che mi venne ad abbracciare, chiedendomi di raccontarle tutto quello che era accaduto e cosa era successo a Tel Aviv. Gli chiesi di Tony e mi disse che era tornato a lavoro da qualche giorno. Mi raccontò di come lo avevano trovato e di come si era stato lasciato libero a poca distanza da lì. Era tutto ancora più complicato.
Provai a ricostruire mentalmente quegli ultimi giorni ma non trovai in realtà nessun collegamento se non che Tony doveva essere stato liberato un giorno prima di Rivkin.
Glover mi salutò con freddezza, come sempre, mi diede solo un plico di fogli da analizzare e tradurre, tutte conversazioni senza alcun significato. Mi sembrava di essere tornata ai tempi di Tel Aviv quando Nathan era appena nato.

Quando arrivò l'ora di andare via fu una liberazione. Finalmente potevo andare a riprendere mio figlio e dargli, almeno a lui, una bella notizia ed una certezza: il suo papà stava bene.
Le porte dell'ascensore si stavano per chiudere quando la mano di Tony si mise tra di loro forzandole a riaprirsi ed entrando di prepotenza. Sapevo già cosa avrebbe fatto ed infatti l'ascensore si bloccò poco dopo aver cominciato la discesa.
- Dobbiamo parlare - Mi disse duramente come se fossi io quella in errore.
- Te lo ricordi adesso che dobbiamo parlare, Tony? - Risposi sarcastica
- Non potevo dirti nulla.
- Già. Cosa è una vendetta? Vuoi ripagarmi con la stessa moneta di quando io ti tenevo all'oscuro delle cose?
- Non è così Ziva.
- Sei stato realmente rapito Tony? O era una messinscena?
- Ziva come puoi pensare...
- Come posso? Da quando sei tornato Tony? Quattro o cinque giorni? Lo sai come siamo stati io e tuo figlio in tutto questo tempo? Lo sai cosa vuol dire non riuscire a calmare il suo pianto perché due giorni fa Tony, quando tu eri già tranquillamente qui in ufficio come se se nulla fosse, non voleva tornare a Washington perché tu non c'eri? Lo sai cosa vuol dire non sapere cosa dirgli, non potergli promettere che sarebbe andato tutto bene perché non lo sapevo?
- Ziva, calmati non ti fa bene agitarti... - Aveva cambiato il suo tono, ora era dispiaciuto e premuroso e mi fece arrabbiare ancora di più
- Calmarmi? Non mi fa bene agitarmi? Tu non sai quanto mi sono agitata io in questi giorni Tony, non sapendo che fine avevi fatto. Posso capire che non ti interessava nulla farlo sapere a me, però a tuo figlio Tony ci dovevi pensare. A Nathan lo dovevi. Questo non lo posso accettare. Non posso pensare che nostro figlio ha passato ore a piangere mentre venivamo a casa perché tu non c'eri ed invece tu eri qui e non ti sei degnato di dirci nulla.
- Mi dispiace Ziva. Mi dispiace molto.
- Ti dispiace Tony? Ti dispiace come quando ti sei buttato tra le braccia della prima che è capitata? Ti dispiace come quando mi hai lasciata sola nel letto con nostro figlio? Come quando mi hai fatto riportare la tua fede da Gibbs? Nathan è tuo figlio Tony. Non puoi dirmi "mi dispiace". Tra poco avremo anche lei, dirai mi dispiace anche a lei se ti dimentichi di comunicarci che sei vivo e stai bene?
Sbloccai l'ascensore che riprese la corsa verso il piano terra mentre rimanevamo in silenzio senza averci più nulla da dire. Uscii e lo sentii seguirmi fino alla mia auto.
- Ziva! - Mi voltai - Vai a prendere Nathan?
- Andiamo - gli dissi facendogli segno di salire - Sarà felice di vederti.

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