Home Again

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... So I close my eyes
And the tears will clear
Then I feel no fear
Then I'd feel no way
My paths will remain straight
Home again
Home again ...

Un anno dopo Tel Aviv era sempre uguale. Ero io che ero completamente diversa e la percezione del mondo circostante era frastagliata. Eravamo usciti dall'aeroporto direttamente con una macchina che ci aveva caricato sulla pista, da un'uscita secondaria, senza alcun controllo. Ero un clandestina "approvata" dal Mossad nel mio paese, o almeno quello che doveva esserlo. Faticavo ancora a capire cosa era quel posto per me, ma alcune volte mi sembrava nonostante tutto un cordone troppo difficile da staccare, nonostante fosse nocivo per il mio organismo.
La temperatura mite ed il vento ancora caldo di fine ottobre era erano l'unica cosa che mi sembrava piacevole.
Nathan, invece, sembrava molto più felice di me. Guardava fuori dal finestrino ritrovando ambienti familiari e poi si voltava verso di me indicandomi questo o quello col sorriso ed io gli sorridevo di rimando nascondendogli la mia preoccupazione.
"Siamo a casa" mi aveva detto in ebraico appena aveva riconosciuto le familiari strade di Tel Aviv e dovetti spiegargli con molta calma che eravamo lì solo per poco tempo, perché casa nostra era a Washington e mi sforzai per parlargli in inglese, anche se lui si mostrava contrariato a questa cosa.
Non capivo dove stavamo andando nè perché ci eravamo fermati davanti ad una palazzina nella Città Bianca.
- Starete qui - Mi disse Davi aspettando che l'autista venisse ad aprirci lo sportello - È meglio per voi ed è più sicuro. Casa tua non è molto agibile
- Cosa vuoi dire?
- Se vuoi vai tu stessa a vedere. Dopo quanto è accaduto a giugno com quell'esplosione tutta la zona è stata abbandonata.
Così varcai il portone di quella palazzo della prima metà del secolo scorso dalle linee squadrate e dai muri bianchi. Entrai con Nathan tenuto per mano per frenare la sua corsa. Lui sembrava entusiasta di essere lì, anche se poi mi guardò chiedendomi quando andavamo a casa "nostra nostra" come diceva lui. Spiegargli che non esisteva più non era stato facile e lui comunque non capì. Ma quel posto gli piaceva, forse perchè per lui casa era comunque Tel Aviv e forse lo sarebbe sempre stata. Fu una considerazione amara, molto, troppo. Perchè se mio figlio considerava solo quella come la sua casa e non il luogo dove avremmo sempre dovuto essere, a Washington insieme a suo padre era colpa mia e non potevo che sentire tutto il peso sopra.
Varcammo la porta di quell'appartamento al primo piano era arredato in modo un po' asettico, ma sembrava confortevole e dotato di ogni comodità: era solo vuoto di tutto, di noi, del calore e dell'affetto di una casa e di una famiglia, e soprattutto non era casa nostra. Mi sentivo come qualcuno sotto protezione costretto a vivere in appartamenti sfitti fuori mano ed in realtà un po' lo ero realmente. Mi affacciai fuori dalla finestra e non ci misi molto ad individuare nel palazzo davanti alcuni militari, così come per strada quelli che passeggiavano erano chiaramente alcuni uomini e donne in borghese, ma ad un occhio attento non sfuggivano i rigonfiamenti delle armi sotto giacche non troppo larghe.
- Non è un po' troppa gente quella che hai mobilitato qui fuori? - Avevo sentito Davi entrare e fermarsi dietro di di me.
- Qui è sempre così, per questo sei qui. Io abito nell'appartamento davanti al tuo, ai piani superiori abbiamo alcuni uffici. È un posto sicuro.
- C'è qualcuno che può tenere Nathan? Devo fare dei giri...
- Lo puoi lasciare con mia moglie, abbiamo un bambino della sua età, più o meno. Dimmi dove devi andare e ti farò accompagnare.
- Non c'è bisogno, dammi solo qualcosa per difendermi.
- Tu lo sai, vero Ziva, che ufficialmente non sei qui e non sei mai entrata? - Mi disse facendomi consegnare da una delle guardie vicino a lui una pistola, che controllai e poi infilai dietro i pantaloni.
- Lo so. Non è una novità questa.

Bussai alla porta davanti a quella della mia nuova sistemazione. Non volevo chiamarla casa. Casa è una parola che implica un senso affettivo e lì non c'era nè ci sarebbe mai dovuto essere. Mi aprì una ragazza che sembrava molto più giovane di quello che doveva essere, occhi chiari, capelli cerulei. Era la moglie di Davi e subito tra le sue gambe appartve un piccolo biondissimo dell'età di Nathan ed i due cominciarono a guardarsi e studiarsi fino a quando il piccolo Yzak non gli porse una delle sue macchinine e lui mi guardò chiedendomi il permesso di prenderla e seguirlo. Fu più facile del previsto. Ruth sapeva già tutto, non fece altre domande. Mi disse di non preoccuparmi e di fare tutto quello che dovevo con tranquillità. Salutai Nathan ed uscii.
Fuori dal portone uno degli uomini di guardia mi diede un mazzo di chiavi e mi indicò una berlina dell'altro lato della strada. Mi misi al volante e guidai sicura vero la mia meta.

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