A Hard Rain's A Gonna Fall

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... I've walked and I've crawled on six crooked highways,
I've stepped in the middle of seven sad forests,
I've been out in front of a dozen dead oceans,
I've been ten thousand miles in the mouth of a graveyard, ...

Non ricordavo nulla di quello che era successo dopo aver visto quel video in quella stanza. Avevo solo la testa che mi faceva molto male e mi sentivo sobbalzare. Era tutto buio, respiravo a fatica con quel pesante cappuccio sulla testa, le mani ed i piedi legati. Provai ad ascoltare i rumori e a tastare per quel che potevo l'ambiente circostante appena fui più lucido. Ero su un furgone o qualcosa di simile e percorrevamo una strada sicuramente non asfaltata, isolata. Non stavamo procedendo molto velocemente e non si sentivano rumori di altre vetture. Potevamo essere in campagna, su una strada di montagna o non so dove. Mi sentii scivolare verso il retro del veicolo, segno che la strada cominciava a salire e continuammo così per un po', ma ormai dopo giorni e giorni avevo cominciato a perdere la reale cognizione del tempo. Ci fermammo e dopo poco sentii una porta scorrevole aprirsi, due uomini salire e prendermi uno per braccio tirandomi fuori da lì con pochi riguardi. Mi trascinarono per qualche metro, poi mi lasciarono a terra. Sentii uno avvicinarsi a me ed un rumore difficile da dimenticare, il sibilo di un pugnale estratto dal suo fodero. Mi tolse il cappuccio, per guardarmi negli occhi che continuai a tenere chiusi temendo la luce che però non c'era. Era notte e c'era la luna piena. Eravamo sulla sommità di un bosco, in una radura che probabilmente nella bella stagione serviva per gli escursionisti per piantare le tede ed accamparsi. Era un bel posto, con gli alberi alti rischiarati dal bagliore della luna e si sentiva non troppo lontano lo scorrere di un ruscello. L'uomo aveva il pugnale in mano e mi fissava: cercai i suoi occhi, l'unica cosa visibile del suo volto e lo guardai anche io. Non pensavo più a niente. Non volevo pensare a niente, volevo solo che lo facesse il più velocemente possibile per non darmi modo di pensare più. Alzò il pugnale in aria e poi lo conficcò a terra a poca distanza da me.
Lo guardai perplesso, lui rise di gusto.
- Agente DiNozzo, gliel'ho detto. Non vogliamo farle del male.
Fece un cenno agli altri due che erano con lui e risalirono sul furgone lasciandomi lì.

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- Signore il prigioniero è stato liberato.
- Degas, eravamo d'accordo. Doveva morire.
- Non è stato possibile, signore. Non è dipeso dalla nostra volontà. È libero adesso.
- Questo è un problema e cambia tutti i nostri piani. È stato tutto inutile. Ti avevo detto che era l'unica soluzione, maledizione!
Sbattei i pugni sul tavolo. Frustrazione e senso di impotenza si impossessarono di me. Era un piano che credevo perfetto. Con il minimo sacrificio avrei risolto un problema molto più grande, ma non avevo valutato i fattori esterni che potevano intervenire. Avevo sbagliato ad aver lasciato tutto in mano ad altri, a mettere in mezzo altre organizzazioni. Queste erano cose che dovevano essere risolte rapidamente ed in silenzio. Avevamo perso la nostra occasione senza sapere quando se ne sarebbe presentata un'altra.

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Tel Aviv - Due giorni dopo

Tre colpi alla porta interruppero la mia visione, per l'ennesima volta, di Arlo con Nathan. L'unica cosa che trovavo positiva in quella situazione era il tempo che potevo passare con lui. Come ai vecchi tempi, appunto. Lui ne sembrava altrettanto entusiasta, anche se non capiva ancora come mai non potessi giocare con lui come lui voleva e provavo a spiegargli che era perché dentro la mia pancia c'era la sua sorellina, ma lui non sembrava molto felice della spiegazione, si limitava a dire, allora, che doveva sbrigarsi ad uscire, così noi potevamo di nuovo giocare insieme come avevamo sempre fatto. Lo diceva così serio che mi strappava sempre una risata, però gli dicevo che non dovevamo avere fretta, perché la sua sorellina aveva bisogno di tempo per crescere e stare bene, ma lui comunque non era molto convinto.
Lo lasciai sul divano davanti alla tv mentre continuava a seguire le avventure del dinosauro e del suo amico ed andai ad aprire alla porta.
- Shalom Ziva...
- Ciao Davi, come mai sei qui a quest'ora? - Gli chiesi senza nascondere un certo fastidio poi gli lasciai spazio e lui spinse la sua carrozzina dentro casa.
- Dove possiamo parlare? - Non sembrava particolarmente preoccupato, ma di certo era serio. Guardai Nathan preso dalla tv e gli dissi di seguirmi in cucina.
Mi appoggiai al tavolo osservandolo dall'alto in basso. Non volevo metterlo a disagio ma non riuscivo a stare seduta a conversare come se nulla fosse, la sua non era una visita di cortesia e sicuramente doveva comunicarmi qualcosa di importante.
- Abbiamo catturato Rivkin due giorni fa.
La notizia doveva essere rassicurante, ma il suo sguardo diceva altro.
- Perché me lo dici solo adesso?
- Perché non tutto è andato come doveva. - Davi muoveva nervosamente le mani lungo le ruote della sua sedia e guardava verso il basso. Era a disagio, era palese.
- Cosa vuol dire questo Davi? Cosa è successo?
- Quando il governo ha saputo della sua cattura lo ha preso in custodia.
- Da quando il Mossad si fa sfilare prigionieri dalle mani? - Chiesi sarcastica
- Da quando è il Capo di Stato Maggiore Generale che lo chiede. Hanno fatto un accordo. Rivkin gli ha dato i nomi delle organizzazioni che stava aiutando con la compravendita delle armi ed in cambio lo hanno lasciato libero.
- Come fanno a sapere che non mentiva?
- Perché ieri mattina due gruppi speciali hanno seguito le sue indicazioni ed hanno annientato due gruppi che stavano progettando degli attentati contro Israele. Hanno ritenuto le sue informazioni valide. Abbiamo le mani legate Ziva. Non possiamo fare altro contro di lui a meno che non farà un'altra mossa. Sai questo cosa significa, vero?
- Che non ha più senso che io stia qui.
- No, che qui sei al sicuro. Perché Rivkin è già tornato negli USA.
- Allora lo seguirò. Non posso vivere così per sempre, prigioniera nel mio paese, senza sapere cosa ne è di mio marito. Organizza per il mio ritorno a Washington Davi, almeno questo lo puoi fare?
- Certo, Ziva, ma ne sei sicura?
- Sicurissima.
- Come vuoi. Dammi un paio di giorni.

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