The Hardest Part

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... Everything I know is wrong
Everything I do just comes undone
And everything is torn apart
Oh and it's the hardest part ...

Erano già passate alcune settimane dall'ecografia e non passava giorno che Tony non la guardasse a lungo ogni mattina prima appena sveglio: l'aveva messa in camera sul suo comodino proprio per questo.
Lo aveva fatto anche quella mattina, come tutte le altre precedenti e come tutte le altre poi mi aveva svegliato dolcemente tra baci e abbracci. Se c'era una cosa che odiavo della gravidanza e che ricordavo bene dall'altra volta, era il sonno, tanto sonno, che avevo. Sempre. Così adesso era lui a svegliarsi sempre prima di me alla mattina e questa cosa lo faceva divertiva tantissimo, visto che succedeva raramente ed era sempre stato lui quello che dormiva più a lungo tra noi.
Si preoccupava, mentre io mi preparavo in bagno, di svegliare Nathan e fargli fare colazione, poi la preparava anche per noi mentre io lavavo e vestivo nostro figlio. Tony era diventato molto più premuroso e collaborativo, non che prima non lo fosse, ma adesso stava attento ad ogni piccola cosa ed era una sensazione strana avere qualcuno che si prendeva cura di me, come mai era capitato da quando ero bambina con mia madre.

A lavoro erano ormai giorni che cercavamo di trovare notizie su Gabriel Rivkin e sui suoi. Non avevamo trovato molto, se non che, da qualche informazione ricevuta da Tel Aviv, che alcuni fuoriusciti dal Mossad negli ultimi anni, dopo i recenti ribaltoni ai vertici stavano collaborando con lui, formando una sorta di squadra di mercenari senza molti scrupoli, che si muoveva prevalentemente negli USA ma non solo. Di lui, però, nessuna traccia. Avevamo provato a tenere sotto controllo per svariato tempo un tizio che doveva essere in contatto con lui, ma tutto si rivelò vano, non aveva mai fatto nulla di sospetto nè entrato in contatto con terze persone collegate a Rivkin che sembrava un fantasma, non che la cosa mi sorprendesse a dir la verità. Conoscevo bene le sue abilità ed anche alcuni degli uomini che erano insieme a lui. Con alcuni avevamo condiviso addestramento e missioni, sapevano come muoversi e sicuramente negli anni avranno costruito la loro rete di agganci per risultare sempre invisibili. Non sarebbe stato facile trovarli.
Non c'erano stati casi particolarmente complicati, poche azioni sul campo, ma io comunque non ero mai uscita con la squadra, con la scusa di continuare ad indagare, la maggior parte del tempo, su di lui per tenere i contatti con Israele.

Quella mattina vidi Tony parlare animatamente al cellulare mentre stavo scendendo per andare a prendere i risultati di alcuni esami balistici da Abby di un caso del giorno prima. Non riuscii a sentire quello che diceva ma dalla sua espressione era qualcosa che lo stava preoccupando. Cercai di fare il più velocemente possibile, stoppando ogni voglia di Abby di chiacchierare e lasciandola decisamente di cattivo umore per la mia fretta, ma presi i fogli e tornai di sopra. Tony però non c'era più.

- Tim, dov'è Tony? - Chiesi a McGee indaffarato ad incrociare i dati di diversi conti bancari della moglie del Marine ucciso di cui ero andata a prendere gli esami balistici
- È sceso poco fa correndo, ha detto che aveva ricevuto una soffiata su Rivkin.
- Da solo? - Mi guardai intorno nella stanza, Gibbs non c'era ma Bishop era lì, e mi fece cenno di sì con la testa.

Una soffiata sul cellulare? Perchè avevano dovuto chiamare lui sul suo numero e non chiamare direttamente noi? Non era una soffiata, ne ero certa. Corsi giù per le scale, l'ascensore era troppo lento. Saltai direttamente gli ultimi scalini e mi precipitai fuori, non vedevo Tony da nessuna parte, feci il giro del palazzo ed andai sul retro.
Tony era lì e qualcuno lo stava minacciando con una pistola. Non si erano accorti di me, ma non volli correre nessun rischio e sparai immediatamente. Un solo colpo sul collo e cadde a terra. Mio marito si voltò in direzione del rumore dello sparo e mi vide, gli corsi incontro per abbracciarlo.
- Tutto bene Ziva, tutto bene...
Mi stringeva tra le sue braccia e lo stringevo a mia volta, tenendo sempre in pugno la pistola. Gli accarezzai il volto con la mano libera.
- Ho avuto paura. - Gli dissi prima di lasciargli un veloce bacio sulle labbra per poi appoggiare la testa sulla sua spalla. Fu proprio in quel momento che tra le siepi vidi riflettere il metallo di una canna, allontanai Tony dalle mie braccia e sparai. La pistola cadde a terra, ma una sagoma scappò via. Senza pensare a nulla, cominciai a corrergli dietro.

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