Mistake

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... Think you made your greatest mistake
I'm not gonna call this a break
Think you really blew it this time
Think you could walk on such a bad lie   ...

Tornai nella mia vecchia casa sconsolato. Quegli squarci di normalità se da un lato mi rendevano enormemente felice al momento, subito dopo, nel momento del distacco, erano ogni volta delle pugnalate in pieno petto. Facevano ogni volta più male. Mi sembrava di essere un assetato a cui bagnano le labbra senza farlo bere e la gola bruciava sempre di più per la voglia di dissetarsi.  Non avrei resistito ancora molto. La rivolevo, li rivolevo. Se almeno fosse stata distante e fredda sarebbe più facile, forse, sarei riuscito anche ad arrabbiarmi, invece così no. Non riuscivo nemmeno ad essere arrabbiato, ero inerme e non sapevo cosa fare e continuavamo con questa finta normalità che metteva in imbarazzo anche a lavoro tutti gli altri che faticavano a capire come comportarsi con noi. In tutto questo la cosa che mi preoccupava di più era il comportamento di Gibbs, freddo e distante. Mi sarei immaginato tutt'altro dopo quello che era successo negli ultimi tempi, ed invece da quando aveva saputo della nostra separazione parlava meno del solito, solo se strettamente necessario, senza mai averci chiesto nulla, ma senza nemmeno averci dato mai la possibilità di avvicinarlo per parlare.

In tutta quella situazione avevo dimenticato che a breve ci sarebbe stato il matrimonio di McGee. Fu Palmer una mattina a ricordarmelo, chiedendomi se la sera successiva sarei andato all'addio al celibato di Tim. Non ne avevo voglia, per niente. Non riuscivo a vedermi in un contesto di festeggiamenti di nessun tipo. Non sarei andato nemmeno al matrimonio avessi seguito il mio umore, ma non potevo fare questo a McGee, ci sarebbe rimasto malissimo ed io poi me ne sarei pentito. Alla fine mi lasciai convincere da Palmer, mi feci dare l'indirizzo del locale e la sera successiva andai a festeggiare l'ultima notte da scapolo di McGee.
La festa l'aveva organizzata il fratello di Delilah, era in uno dei locali per i quali lavorava, tra la 9th e F Street: aveva preso tutto il locale e da festa di addio al celibato di McGee si era presto trasformata in un evento vero e proprio. Io ero al piano superiore, dove c'era Tim e molti dei ragazzi che lavoravano all'NCIS, al piano inferiore tanta altra gente che dubito McGee conoscesse. L'alcool scorreva a fiumi, la musica era alta e c'erano tante ragazze che ballavano ammiccanti. Mi misi su uno sgabello al bancone del bar a bere qualcosa, ripensando a quella sera di poco tempo prima, quando io ed il Pivello, soli a casa sua, aspettavamo la mattina successiva quando mi sarei sposato. L'eccitazione, la speranza, la gioia di quella notte era sparita ed il solo pensiero mi faceva stare male su come tutto poteva essere evaporato nel giro di così poco per niente. Non contai più quanti bicchieri di martini mi ero fatto versare, non contai più nemmeno il tempo che passava, non prestai attenzione nemmeno a quella mora che da un po' mi si strusciava addosso e mi diceva qualcosa all'orecchio che non capivo. Presi un'altro bicchiere e mi spostai incerto verso uno dei divanetti, non so come interpretò la mia mossa, ma dopo poco mi raggiunse, sedendosi vicino a me, esageratamente vicino. Spostai un paio di volte le sue mani troppo intraprendenti e quando si alzò pensai che avesse capito che proprio non mi interessava.
Tornò poco dopo, invece, con un'intera bottiglia di martini e rabboccò il mio bicchiere, offrendomelo per bere, mentre lei si era direttamente attaccata alla bottiglia bevendo in modo che lasciava poco spazio a quelle che fossero le sue reali intenzioni.
- Sono sposato - biascicai cercando di essere il più comprensibile possibile.
- Non sono gelosa - rispose mettendo inequivocabilmente una mano in mezzo ai miei pantaloni
- Mia moglie ti può uccidere - dissi serio e lei rise, prendendola come un'esagerazione, non sapendo, che, invece, poteva essere proprio così.

Mi svegliai la mattina dopo senza sapere dove mi trovassi. Ero su un grande divano bianco con addosso solo i boxer ed un gran mal di testa. Vidi i miei vestiti buttati per terra, mi piegai velocemente per prenderli e rivestirmi ma fui troppo ottimista sulle mie condizioni e un capogiro per poco non mi fece finire con la faccia sul tavolino di cristallo davanti a me. Mi appoggiai di peso con le mani, facendo rumore. Si aprì una porta e dalla stanza uscì Derek, il fratello di Delilah e poco dopo fece capolino una bionda decisamente poco vestita. Il ragazzo mi guardava e rideva.
- Cosa ci faccio qui? - Chiesi con la voce ancora impastata
- Tony, Tony... Non hai più l'età per certe cose! - Rise di gusto mentre io ero più che preoccupato
- Quali cose Derek?
- Ti sei un po' ubriacato ieri sera. Quando la festa era finita certo non potevamo lasciarti dormire al club, così ti ho caricato in macchina con l'aiuto di Jane - indicò la ragazza dietro di se - ed Amber e ti ho portato da me, dove dovevo lasciarti?
- Chi è Amber?
- La ragazza con la quale ti sei strusciato per tutta la serata! Hai buon gusto!
- Io non mi sono strusciato con nessuna ragazza Derek!
- Oh certo certo! - Rideva divertendosi a prendermi in giro, non sapendo che per me tutto quello era un dramma. Mi presi la testa tra le mani, cosa avevo combinato quella sera?
- Dov'è questa Amber adesso? - Chiesi appena riacquistai un minimo di autocontrollo
- Perchè, vuoi rivederla?
- No! Voglio sapere esattamente quello che è successo stanotte.
- Non lo so Tony, io stavo di là a divertirmi, non controllavo quello che accadeva in mezzo alle tue gambe. Ora è meglio che vai a casa, ti sistemi e ti rendi presentabile per il matrimonio di mia sorella questo pomeriggio. - E così dicendo Derek tornò nella sua stanza, lasciandomi lì, come un idiota quale ero su quel divano con più dubbi che certezze. Mi ero appena finito di vestire e stavo per uscire, quando Jane mi raggiunse.
- Ho portato io la tua macchina qua sotto. Non ti preoccupare, non hai fatto niente di male ieri sera qui a casa, eri troppo ubriaco per fare qualsiasi cosa - Rise dandomi le chiavi.

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