Capitolo 8

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[Toby's P.O.V.]

Sentii la porta chiudersi dietro di lei e a quel punto, decisi che era il momento di andarmene. Uscii furtivamente dal mio nascondiglio dietro le siepi e scavalcai la recinzione, per poi avviarmi sul sentiero che si inoltrava nei boschi.
Iniziai a sentirmi strano. Mi portai una mano al petto e mi sembrò di avvertire di nuovo quel senso di "peso". Non sapevo esattamente che cos'era, ma... era qualcosa di fastidioso. In realtà, non volevo andarmene. Volevo restare.

Mi fermai sul sentiero e mi voltai indietro.

La luce della sua stanza era accesa e potevo vedere la sua esile figura, mentre si stava cambiando per indossare il pigiama e prepararsi per andare a dormire.
C'era qualcosa in lei che mi ricordava tremendamente Lyra. Oltre che per l'aspetto fisico, sembrava avere anche il suo carattere... Lyra, era sempre gentile e buona con tutti. Era capace di perdonare anche chi le faceva del male. E quando lei, mi aveva ringraziato per averla portata a casa, nonostante l'altra sera avessi anche tentato di ucciderla, beh... mi ha fatto tornare in mente Lei.

No, non dovevo pensare questo. Io, dovevo lasciare il mio passato alle spalle. Ora, non ero più 'Ticci Toby', lo sfigato che tutti prendevano in giro, pensando che fossi solo un povero ritardato mentale. Ora, Lui, aveva dato un significato alla mia esistenza e non ero qui, per piangermi addosso per quello che avevo perso nella mia vita passata.
Quel peso dal mio petto svanii in un istante e tutto, sembrò tornare come era prima.

«Hai fatto un buon lavoro.» un'altra voce interruppe i miei pensieri e mi costrinse a voltarmi indietro, verso il sentiero, dove una figura mascherata mi stava guardando.

Ero così sovrappensiero, che non mi ero neanche accorto della presenza di Masky. Per quanto tempo ero rimasto lì fermo come un'imbecille?

«Già...» dissi disinvolto, infilandomi le mani in tasca.

«Hai cancellato i suoi ricordi?»

«S-sì.» risposi.

- No, che non l'avevo fatto... - il mio labbro superiore si contrasse ed ebbi anche un tic nervoso agli occhi. Fortunatamente, erano coperti dagli occhiali e dalla maschera, e per una volta tanto non avrei fatto la figura di quello che ha sempre qualcosa da nascondere.

«Dov'è Slenderman?» domandai per distrarlo.

«Lo sai, è di nuovo dalla sua preda.» mi indicò con la punta dell'indice la direzione in cui guardare.

Notai in lontananza una casa a due piani con un bel giardino, probabilmente di una famiglia benestante, dove accanto a una finestra illuminata da una pallida luce, si trovava una lunga ombra nera di forma tentacolare.

Era la stessa casa da cui quella ragazza era uscita, appena qualche momento fa.
Peccato che quel bambino era una Sua preda adesso, e io non potevo farci nulla. Potevo solo sperare per lei che non ci sarebbe rimasta troppo male, quando un giorno o l'altro, quel bambino sarebbe sparito nel nulla.

[Emily's P.O.V.]

La mattina seguente mi svegliai sulle otto e scesi in cucina per fare colazione, quando vi trovai una spiacevole sorpresa.  «Ciao tesoro, non è che hai visto la mamma?».

Era mio padre.

«No.» risposi secca, aprendo il frigo per tirare fuori il cartone del latte. «Tu non dovresti avvisare prima di venire qui?» gli chiesi.

«Sono tuo padre e faccio ancora parte di questa famiglia, perciò questa è tecnicamente ancora casa mia.»

Appoggiai una ciotola di ceramica sul tavolo e ci versai dentro i miei cereali al miele.

«Non se non paghi l'affitto e le bollette.» ribattei velenosa.

«Ti sembra il modo di rispondermi!?» sbottò lui alzando la voce e rovesciando per terra tutto quello che avevo appoggiato sul tavolo.

Mia madre arrivò proprio in quel momento.

«Che cosa ci fai qui?» domandò lei seccata.

Presi uno straccio per pulire il pavimento dai cocci rotti della ciotola; ma mia madre mi scansò, facendomi segno di andarmene in camera mia. Uscii dalla cucina e andrai sulle scale a osservare la scena.

«Ehi dai, non trattarmi così male!» biascicò lui, cercando di avvinghiarsi a mia madre.

«Sei di nuovo ubriaco!» lo spintonò lei. «Come ti permetti di venire qui a chiedermi di nuovo soldi? Trovati un lavoro!»

Andai di sopra in camera mia e mi chiusi dentro a chiave, prima di sentirli litigare sul serio. Poco dopo, iniziarono a discutere a voce alta e iniziai a sentire degli oggetti rompersi in cucina.

Basta... per favore, smettetela... – mi sedetti sul letto, affondai la testa tra le gambe e iniziai a piangere in silenzio.

Trascorsi l'intera mattinata in camera mia a sfogliare vecchi album di fotografie. La mia famiglia non era stata sempre così: c'era stato un tempo in cui eravamo felici e questo era prima che mio padre diventasse un alcolizzato.

I miei genitori si amavano veramente ed erano molto uniti. Volevano solo il meglio per me e poi, tutto successe così rapidamente... mio padre che tornava a casa ubriaco, non si capiva dove passasse la maggior parte del tempo, aveva smesso di lavorare e mia madre doveva fare i doppi turni al lavoro per saldare i suoi debiti. Presto, arrivarono alla rottura e questa è la situazione attuale.
Tirai su col naso e mi asciugai con le maniche della felpa le lacrime.

Qualche minuto più tardi, sentii bussare alla porta.  

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