Capitolo 18

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Chiusi ermeticamente la mano attorno al manico dell'accetta e voltandomi indietro con un rapido scatto, la mia lama si piantò contro la corteccia di un pino.

- Doveva essere stato un falso allarme... - avevo pensato, tirando verso di me per estrarre l'accetta. D'un tratto mi ritrovai con la canna di una revolver puntata contro la tempia.

Con la coda dell'occhio vidi che una mano guantata aveva fatto scattare il cane ed era pronta per premere il grilletto. 

«Questa volta non l'ho caricata a salve». Sussurrò una voce criptica, proveniente da una fin troppo familiare e scontata figura incappucciata.

«Allora sbrighiamoci a regolare i conti, prima che qualcuno venga a fermarci». Lo provocai, estraendo l'accetta dal tronco e voltandomi verso di lui.

«Ti garantisco che tutto finirà prima che l'Operatore venga a saperlo».

Emily's P.O.V.

Mancava qualche minuto all'arrivo dell'autobus e si era già fatto buio, a causa delle nuvole che avevano oscurato il cielo. Forse, stasera ci sarebbe stato un temporale e non sembrava impossibile, dato che avevo visto lampeggiare un paio di volte.

Mi stavo torturando le dita per l'impazienza e i miei pensieri si stavano nuovamente rimescolando nella mia testa. Continuavo a chiedermi se lasciare Thur sarebbe stata una buona idea.

Ripensavo a quello che mi aveva detto Toby. Mi aveva già aiutata due volte, perché avrei dovuto mettere in dubbio la sua parola? Ma non era della fiducia che mi preoccupavo, anche se di lui sapevo relativamente poco o nulla; come faceva a sapere che cosa mi stava dando la caccia? E soprattutto, lui sarebbe stato in grado di affrontare il pericolo?

E poi, c'era quella figura incappucciata che avevo visto al limitare della foresta e non mi sembrava che avesse delle buone intenzioni.

In fondo alla strada, vidi due fanali avvicinarsi rapidamente a dove mi trovavo e l'insegna gialla a luci led che recitava – LINEA 17. TAMPERE – fare capolino dal fondo della via.

L'autobus frenò davanti alla fermata e dopo un cigolio che sembrò non terminare mai, lo sportello si aprì proprio davanti a me.

Perché non mi stavo muovendo? Non riuscivo a staccare i piedi dal marciapiede e rimasi lì imbambolata, come un povera scema che non sapeva quello che doveva fare.

Sentivo che c'era qualcosa di forte che mi stava impedendo di andarmene.

«Signorina? Vuole salire?». Domandò l'autista.

Mi riscossi da quei pensieri e facendomi forza, strinsi la borsa, serrai di denti e iniziai a procedere verso l'entrata del bus... quando all'improvviso udii uno sparo.

- BANG! -

Il colpo echeggiò in lontananza ed era impossibile non sentirlo. Sentii il sangue congelarsi nelle vene, il cuore perdere un battito, gli occhi spalancarsi e istantaneamente, mi voltai in direzione della foresta.

Il mio sguardo saettò dal sentiero fino al punto dove avevo visto quella figura incappucciata. Mandai giù il nodo alla gola e cercai di organizzare i pensieri, nonostante la paura.

E se Toby fosse in pericolo? Chi lo avrebbe aiutato?

«Vuole salire o no?».

Interruppe di nuovo la voce seccata dell'autista, che evidentemente non aveva udito lo sparo oppure, lo aveva confuso col rimbombare di qualche tuono in lontananza.

«No. Grazie». Dissi, risoluta.

L'autista sbuffò scocciato, lo sportello si richiuse e l'ultima linea per Thur ripartì, scomparendo dietro una curva.

Il mio cuore stava accelerando di battito in battito, mentre il rimorso di non essere salita sul bus aveva iniziato a farsi strada nella mia mente; diventando molto presto un opprimente senso di colpa.

Avevo disobbedito a Toby e non osavo immaginare quale sarebbe stata la sua reazione, ma probabilmente sarebbe stato furibondo di sapere che ero ancora qua. Beh, ma io non potevo andarmene così, sapendo che lui sarebbe andato a rischiare la vita per recuperare Ethan! Insomma, mi sarei sentita un'irresponsabile a lasciarlo così. E se avesse avuto bisogno di aiuto?

Avevo qualche nozione di pronto soccorso, perché avevo partecipato a un training di rianimazione cardio-polmonare con la scuola e poi, ero stata negli scout per tanti anni. Sentivo che, in qualche modo, sarei potuta rendermi utile in qualcosa.Ormai, avevo deciso la mia sorte nel momento stesso in cui non ero salita su quel bus: quella sera sarei rimasta a Thur e avrei affrontato il pericolo. 

Tornai a casa di corsa e abbandonai la borsa all’ingresso.

Stavo cercando di pensare lucidamente sul da farsi, ma la mia testa si rifiutava di collaborare e il mio corpo aveva ripreso a tremare. Che cosa avrei fatto adesso? Eppure, fino a un attimo fa tutto era stato chiaro nella mia mente: andare ad aiutare Toby e portare in salvo Ethan, ma… adesso ero nel panico più totale.

Mi guardai intorno con circospezione, quando i miei occhi si posarono sul fisso di casa. Forse, dovevo chiamare la polizia? No, non era una buona idea… magari, avrei potuto chiamare i vigili o un’ambulanza.

Sollevai la cornetta e composi il numero.

Nulla. Il normale suono che mi aspettavo di sentire quando il telefono iniziava a squillare, non arrivò mai alle mie orecchie. Poi, all’improvviso si udì un crescente rumore di statico e riagganciai la cornetta inorridita.

- Cazzo! - . Me lo sarei dovuta aspettare, no? Con tutti quei problemi che stavano causando le onde elettromagnetiche nella regione interferendo con le linee telefoniche, le radio, i computer… tutto sembrava essere cominciato negli ultimi giorni; praticamente da quando avevo conosciuto Toby e da quando l’uomo pallido aveva iniziato a darmi la caccia. Il Professor Gray sosteneva che ci fosse un campo elettromagnetico a generare queste interferenze, iniziai a collegare gli eventi.

In qualche modo, avevano portato qualcosa con loro che era in grado di generare un campo elettromagnetico molto potente... ma cosa?

Non avevo tempo di approfondire la questione e senza tergiversare ulteriormente, andai in cucina a cercare qualcosa che potesse tornarmi utile, qualcosa che avrei potuto usare per difendermi o proteggermi; anche se non avevo bene idea di cosa cercare nella mia cucina. I miei occhi avevano analizzato rapidamente il bancone; ma tra pentole, mestoli e vecchi coltelli smussati, sembrava non esserci nulla che potesse fare al caso mio.

- Forse, sarò più fortunata in garage - . Finalmente, il mio cervello si era deciso a sputare fuori qualche idea sensata.

Mi precipitai nel garage e iniziai a guardarmi attorno. Da quando mio padre si era trasferito, mia mamma aveva venduto la maggior parte dei suoi attrezzi per il fai-dai-te. Speravo di trovare qualcosa di metallo e di pesante da poter usare come oggetto contundente, quando i miei occhi si posarono su un paio di vecchie cesoie da giardinaggio.

Certo, avrei preferito trovare una grossa chiave inglese o un martello; ma al momento non avevo altra scelta. Afferrai le cesoie e tornai all’ingresso per tirare fuori dalla borsa a tracolla solo quello che mi sarebbe stato utile e riporlo in uno zainetto da spalla. Infilai anche le cesoie al suo interno.

Senza perdere altro tempo, mi precipitai fuori di casa dalla porta sul retro e iniziai a correre verso la foresta.

- BANG!-

Un altro sparo in lontananza echeggiò per tutto il bosco, facendo reagire il mio corpo con una ulteriore scarica di adrenalina; mentre continuavo a sperare di non arrivare quando sarebbe stato troppo tardi.

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